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Inflazione, tassi, guerre commerciali: dove vanno i mercati? Parla Nordea

INTERVISTA A SEBASTIEN GALY, strategist di Nordea Asset Management – “L’inflazione aiuta le azioni se i ricavi delle società aumentano rapidamente: dipende dai salari dei consumatori. Sull’high tech forse c’è un ottimismo eccessivo. Preoccupa l’intensificarsi del conflitto commerciale Usa-Cina. In Italia e in Europa il debito è gestibile”

Inflazione, tassi, guerre commerciali: dove vanno i mercati? Parla Nordea

L’economia dell’Eurozona sta prendendo confidenza, soprattutto sul fronte tedesco, con un “fattore inflazione” che aveva spiazzato gran parte degli operatori economici. Nei prossimi mesi sono attesi gli effetti della prima tornata di aumenti dei tassi d’interesse: inizierà la Federal Reserve di Jerome Powell. Tra l’altro, negli Stati Uniti, l’inflazione è ai massimi livelli da 39 anni a questa parte. Per monitorare le prossime evoluzioni dei mercati finanziari bisognerà tenere d’occhio «il tasso d’interesse a termine negli States e la tempistica e la velocità della riduzione del bilancio della Fed», osserva Sebastien Galy, senior Macro Strategist di Nordea Asset Management, uno dei più grandi fondi d’investimento a livello globale.

Che inflazione stiamo vivendo, fugace o persistente?

«Prevediamo che l’inflazione sarà principalmente transitoria in Europa. Un po’ meno negli Stati Uniti, perché l’economia è troppo calda e la Fed, come si dice in gergo, è già “dietro la curva”».

Riuscirà la politica europea a mantenere un orientamento monetario di equilibrio tra controllo dell’inflazione e mantenimento di politiche accomodanti sui tassi?

«Gestire un’economia così calda mentre il settore immobiliare è costoso, l’inflazione elevata e la disponibilità di denaro molto ampia è un compito oggettivamente complesso. Se la Bce spera che un lieve inasprimento sia sufficiente per evitare una spirale di inflazione salariale, i prezzi immobiliari potrebbero diventare ancora più instabili. Se invece la politica monetaria dovesse restringersi eccessivamente, si correrebbe il rischio di rallentare drasticamente l’economia».

Cosa prevedete?

«Probabilmente la soluzione sarà un lento aumento dei tassi d’interesse nei prossimi anni, aumentando al contempo il costo dei prestiti al mercato immobiliare attraverso specifiche strategie di politica economica».

Con l’avvicinarsi dell’aumento dei tassi cosa succederà nei mercati azionari?

«L’inflazione aiuta il comparto azionario se i ricavi delle società aumentano rapidamente. Dipende principalmente dai salari dei consumatori. L’Europa inizierà a sovraperformare, così come il comparto del tech cinese. Anche le azioni nordamericane, dopo una pausa, ora si stanno comportando bene. Un dubbio persistente è rappresentato dal settore tecnologico sospinto da un ottimismo forse eccessivo».

Per la stabilità dei mercati finanziari, quali grandi eventi della geopolitica monitorate da vicino?

«La preoccupazione principale è l’intensificarsi del conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina in vista delle elezioni di medio termine. Queste potrebbero aprire la porta a una vittoria repubblicana, il che significherebbe una contrazione fiscale negli Stati Uniti».

Che differenze di approccio nota tra Usa ed Europa in questa fase economica?

«Generalmente si opta per una stretta della politica monetaria quando le famiglie iniziano a realizzare guadagni salariali significativi. L’Eurozona, a differenza degli Usa, tende a essere ancora molto sensibile al tema di un’inflazione elevata. Ciò che caratterizza la Bce rispetto a quanto succede negli Usa è una crescente attenzione verso l’economia verde».

La pandemia ha ingigantito il debito governativo occidentale. Per quanto tempo la sostenibilità non sarà un problema?

«Siamo di fronte a una montagna di debiti nel settore aziendale, nel mondo dei consumatori e nella dimensione governativa. Il debito del settore pubblico è gestibile a condizione che vengano attuate riforme per migliorare la produttività e che l’inflazione non si surriscaldi troppo a causa dell’integrazione dei costi Esg. Un altro fattore è il livello dei risparmi, che deve mantenersi elevato: ciò non costituisce un problema in Europa, ma lo è negli Stati Uniti. Un altro nodo importante è il debito delle famiglie accumulatosi per entrare in un mercato immobiliare sempre più costoso. Questo in prospettiva potrebbe portare a una crisi del credito al consumo».

Nello specifico, in Europa ci sono dinamiche del debito che sono destinate ad assumere contorni di criticità?

«No, in Europa i profili di debito sembrano molto gestibili. Anche in Italia, e in un contesto di importanza e dimensioni diverse anche in Grecia. Perché il tasso di crescita dovrebbe continuare a un ritmo decente. Tuttavia, una mancanza di attuazione delle riforme, in primis quelle per aumentare la produttività, potrebbe rappresentare un problema a lungo termine».

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