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Imu, ipotesi di rinvio anche per le imprese

Si fa strada l’ipotesi di estendere anche a capannoni industriali e fabbricati agricoli il rinvio del pagamento a settembre – Intanto il Governo pensa a come alleggerire l’imposta, ad esempio in funzione dei reddito (a chi guadagna meno potrebbe essere garantita l’esenzione) o del numero dei componenti del nucleo familiare.

Imu, ipotesi di rinvio anche per le imprese

Il dilemma Imu potrebbe essere risolto via decreto entro la settimana. Ma si tratterebbe solo di una misura temporanea. L’obiettivo è di rinviare il pagamento dell’acconto sulla prima casa da giugno a settembre (con i Comuni che riceverebbero anticipazioni temporanee dalla Tesoreria dello Stato) e acquistare tempo per ripensare entro l’estate l’intero sistema della tassazione sugli immobili.

Intanto, si fa strada l’ipotesi di estendere lo slittamento anche a capannoni industriali e fabbricati agricoli. Una concessione chiesta a gran voce dalle associazioni di categoria e avvalorata da un appoggio bipartisan: sono favorevoli sia il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato (Pd), sia il ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo (Pdl).   

La revisione fiscale dovrebbe comprendere anche il rincaro in arrivo con la Tares – la tassa sui rifiuti spostata dal governo Monti a fine anno, ma che potrebbe essere rinviata ancora al 2014 – e la cedolare secca sugli affitti, uno strumento che si è rivelato inefficace e di cui non è esclusa la cancellazione. Possibile inoltre un ripensamento sull’imposta di registro sulle transazioni immobiliari, così come sull’imposta ipotecaria e su quella catastale.

Quanto all’Imu, naturalmente il semplice rinvio non costerebbe nulla alle casse pubbliche, ma l’Esecutivo punta anche a un alleggerimento. D’altra parte, originariamente l’abolizione dell’imposta sulla prima casa e la restituzione delle somme versate nel 2012 erano due condizioni fondamentali poste dal Pdl per accettare le larghe intese.

Certamente non si arriverà a tanto, ma il calcolo Imu dovrebbe comunque essere rimodulato, ad esempio in funzione dei reddito (a chi guadagna meno potrebbe essere garantita l’esenzione) o del numero dei componenti del nucleo familiare. Il costo dell’intervento oscillerebbe intorno ai 2 miliardi, ma rischierebbe di raddoppiare se lo sconto fosse concesso anche alle imprese.

Il nodo principale è proprio quello delle coperture, considerate le ristrettezze di bilancio imposte dall’Europa. Con Bruxelles che si appresta a chiudere nei prossimi giorni la procedura d’infrazione per deficit eccessivo nei confronti del nostro Paese, il Governo Letta non ha praticamente alcun margine di manovra.

Dopo il decreto da 40 miliardi in due anni per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, il deficit previsto per l’Italia nel 2013 è già salito al 2,9%, a un passo dalla soglia invalicabile del 3% stabilita a Maastricht. Il Premier ha sempre garantito il rispetto di questo vincolo. L’Esecutivo non potrà dunque aumentare la spesa pubblica di un centesimo. 

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