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Imprese Italiane: gli 11 punti della dichiarazione comune sull’Europa

Le associazioni dell’imprenditoria italiana hanno sottoscritto una “dichiarazione comune” che sintetizza in 11 punti la loro posizione sull’Europa e le politiche europee dell’Italia. Ecco il testo del documento, sottoscritto da ABI, ANIA, ASSONIME, CONFINDUSTRIA e FEBAF.

Imprese Italiane: gli 11 punti della dichiarazione comune sull’Europa

Le associazioni dell’imprenditoria italiana hanno sottoscritto una “dichiarazione comune che sintetizza in 11 punti la loro posizione sull’Europa e le politiche europee dell’Italia. Ecco il testo del documento, sottoscritto da ABI, ANIA, ASSONIME, CONFINDUSTRIA e FEBAF:

1. L’Unione europea costituisce l’ancora irrinunciabile di pace, prosperità, democrazia e crescita per i suoi stati membri e lo strumento per affermare nel mondo il suo modello economico e sociale, basato sulla forza competitiva delle sue imprese e la solidarietà tra i suoi cittadini e le sue regioni.

2. Lungi dal rappresentare una minaccia per la sovranità nazionale, l’Unione europea costituisce lo strumento per proteggere efficacemente gli interessi dei suoi stati membri e dei suoi cittadini in un mondo globalizzato, in rapida trasformazione tecnologica e attraversato da tensioni geopolitiche che minacciano la sicurezza delle frontiere e la pace. La soluzione non è nel nazionalismo e la chiusura in sé stessi.

3. Si apre nell’Unione una fase nuova nella quale un nucleo di stati – organizzati intorno alla moneta comune – può compiere passi significativi sulla strada dell’integrazione per rafforzare la sua capacità di promuovere la prosperità dei propri cittadini e gli interessi dell’Unione nel mondo.

4. L’Italia ha i titoli per partecipare a questa fase: è la terza economia dell’eurozona, è un paese fondatore della Comunità Europea, ha sempre contribuito con i suoi cittadini e le sue idee allo sviluppo della casa comune. Ciò però, richiede che si presenti al tavolo con politiche credibili di rafforzamento della produttività delle industrie, di riduzione del peso del suo debito pubblico, di rafforzamento della sostenibilità ambientale e sociale dell’economia.

5. Un’economia prospera e competitiva richiede di sfruttare appieno le potenzialità del mercato interno. La lunga fase recessiva, con i suoi elevati costi sociali, ha frenato il processo verso una maggiore integrazione europea. Serve ora un nuovo slancio che sappia finalmente dare attuazione concreta ai programmi avviati, rimettendo al centro dell’attenzione l’occupazione e la crescita economica e civile dell’Europa. Le prospettive dello sfruttamento delle opportunità di applicazione delle nuove tecnologie su scala europea possono mobilitare importanti investimenti privati volti al miglioramento della qualità della vita e alla crescita dell’occupazione e dell’economia. Occorre procedere con il completamento dell’unione bancaria pragmaticamente e senza che siano apportate modifiche al trattamento prudenziale dei titoli sovrani. La realizzazione dell’unione energetica, dell’unione del mercato dei capitali e del mercato unico digitale.

6. Il protezionismo e il nazionalismo non possono essere battuti se non si riesce a rendere i processi di globalizzazione e integrazione più inclusivi, rafforzando la coesione sociale e facendo partecipare gli strati delle popolazioni e le regioni che ne sono stati esclusi ai suoi benefici. Una proposta importante di rafforzamento dell’investimento in infrastrutture sociali e dei modi per finanziarlo è stata presentata nei giorni scorsi dalla High-Level-Task-Force dell’Associazione europea per l’Investimento a Lungo Termine. Essa prevede una moltiplicazione delle risorse destinate al life-long learning, all’assetto dei sistemi di assistenza sanitaria e di welfare in una società che invecchia, al social housing, all’occupazione delle persone ‘spiazzate’ dalla tecnologia, concentrando l’azione delle istituzioni nazionali ed europee di sviluppo e creando una nuova classe di strumenti di investimento per gli investitori privati. L’Unione europea deve fare propria questa iniziativa che riporta il cittadino al centro del progetto europeo.

7. L’aumento in corso dell’attività economica offre l’occasione per riassorbire le sacche di disoccupazione che ancora affliggono vaste aree dell’economia europea. La responsabilità primaria di migliorare il funzionamento del mercato del lavoro appartiene anzitutto alle politiche nazionali. L’Unione europea deve però contribuire a rafforzare il processo con le sue politiche per combattere il dumping sociale e promuovere standard comuni di protezione del lavoro nei paesi membri – inclusa una maggiore armonizzazione dei sistemi esistenti di salario minimo.

8. Il rafforzamento della competitività delle imprese è lo strumento primario per promuovere la crescita e l’occupazione. È necessario a tal fine accrescere gli investimenti pubblici e privati nelle nuove tecnologie, creando condizioni favorevoli per la loro introduzione; migliorare gli strumenti di finanziamento diretto delle imprese sviluppando ulteriormente i canali anche non-bancari; semplificare grandemente la normativa europea, spesso ulteriormente complicata nel recepimento negli ordinamenti nazionali. Le imprese sono impegnate ad affrontare grandi sfide energetiche e ambientali, ma hanno bisogno di strategie pubbliche ben definite, che evitino irragionevoli eccessi di costo e di certezza normativa troppo spesso mancante. Vanno rafforzati gli strumenti europei di promozione e accesso all’innovazione. In quest’ottica, vanno sfruttate al meglio le risorse comunitarie per potenziare la competitività delle imprese con un ripensamento generale del bilancio UE e dei fondi di coesione.

9. Una sfida fondamentale per l’Unione europea è rappresentata dalle politiche per l’immigrazione. Servono una politica comune di governo delle frontiere per prevenire i flussi irregolari, nonché una politica di cooperazione per lo sviluppo dei paesi d’origine che contribuisca a mitigarne le cause; allo stesso tempo, servono politiche e risorse finanziarie adeguate a favorire l’integrazione degli immigrati nei nostri territori. La dimensione esterna delle politiche dell’Unione deve trovare adeguato complemento in un’agenda interna che includa processi di integrazione e l’adozione di un sistema comune di asilo e di collocamento dei rifugiati, i cui oneri non possono ricadere solo sui paesi che ne subiscono l’impatto iniziale. I costi di queste politiche devono essere ripartiti solidalmente tra tutti i paesi dell’Unione e sostenuti da adeguati stanziamenti di risorse comunitarie. Le politiche di immigrazione non possono prescindere dall’esigenza di attirare nel nostro paese persone con adeguata qualificazione che possano contribuire a colmare i vuoti esistenti nell’offerta di lavoro per l’industria.

10. L’Unione europea dovrà sviluppare una operatività militare comune e assumere responsabilità maggiori nelle politiche per la sicurezza e la difesa in ambito NATO. I primi passi annunciati dal Consiglio europeo nelle cooperazioni strutturate appaiono deboli. Devono essere rafforzate le politiche comuni per combattere il terrorismo e proteggere i sistemi informatici; troppo spesso gli scambi di informazioni e la cooperazione tra le autorità nazionali si sono rivelati insufficienti a prevenire gli attacchi. Le imprese possono contribuire in maniera importante allo sviluppo di sistemi più forti per la protezione dei dati.

11. La governance economica dell’Unione e dell’Eurozona deve essere ripensata per favorire stabilità macroeconomica attraverso un mix di rigore della finanza pubblica nazionale e di strumenti per la crescita sovranazionali, come gli eurobond. L’Unione europea deve riuscire a superare le divisioni nel governo dell’economia tra paesi creditori e paesi debitori e ritrovare una linea comune di politica economica capace di coniugare responsabilità e solidarietà in una combinazione virtuosa e non distruttiva, per la crescita.

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