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Immobili e reddito fisso: dov’è oggi la vera redditività tra mattone e cedola?

Il mercato immobiliare sta scendendo dai picchi dei mesi scorsi su livelli più equilibrati e tutto sommato più sostenibili. Ma ora l’investimento immobiliare, gravato da molti costi “nascosti” ha un concorrente: il reddito fisso.

Immobili e reddito fisso: dov’è oggi la vera redditività tra mattone e cedola?

Nell’immaginario collettivo l’investimento immobiliare è sempre stato considerato il più redditizio, nonché il più sicuro. E l’enorme effervescenza vista all’indomani del lungo periodo pandemico ha supportato questa convinzione: i prezzi delle case sono schizzati al rialzo e le compravendite hanno visti numeri da record, soprattutto nelle grandi città, Milano in testa.
Dalla seconda metà dello scorso anno invece una serie di cambiamenti macro hanno modificato il quadro. A cominciare dall’impennata inflattiva che si è portata con sé la stretta monetaria della Bce e un rialzo dei tassi anche sui mutui. Tutto ciò ha fatto stornare il mercato dai picchi, ponendosi ora su livelli più equilibrati e tutto sommato più sostenibili.
In questa situazione un altro elemento è di nuovo ricomparso dopo un’assenza di un decennio: il rendimento del reddito fisso, diventato ora un investimento concorrente.
A questo punto vale la pena confrontare la redditività di un investimento immobiliare e quello in un mercato del Btp in questo momento.
Lo ha fatto, in una conferenza al Salone del Risparmio di Milano, T. Rowe Price, un’azienda di investimenti statunitense quotata con sede a Baltimora nel Maryland, fondata nel 1937 da Thomas Rowe Price, in collaborazione con Nomisma, l’istituto di ricerca bolognese. Ne emergono elementi che spesso chi acquista casa, per sé o per affittarla, non considera appieno.

Che il mattone sia una presenza importante nella vita di un italiano lo dicono anche i dati di Bankitalia. La ricchezza degli italiani, stimata in oltre 10.000 miliardi, per il 53% è convogliata nei mutui per l’acquisto di un immobile. E del resto il 70,5% degli italiani possiede la prima casa e il 13,5% almeno una seconda casa.

Lo strascico lasciato dalle strette monetarie

“L’ambito macro in cui ci muoviamo ora vede da una parte l’allontanamento dei timori di una recessione, dall’altra un miglioramento della fiducia dei consumatori e dell’ottimismo visto il graduale ridimensionamento dell’inflazione e della stretta monetaria, ha sottolineato Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma. Tuttavia le strette monetarie, uno strascico l’hanno lasciato: tassi dei mutui ancora alti e, più nascosto, un accesso al credito più limitato. E ciò inevitabilmente si sta ripercuotendo sul mercato immobiliare, in particolare su chi, per acquistare un immobile, necessita di un mutuo.
Secondo l’analisi dell’Osservatorio Nomisma nel 2023 si vedrà “una flessione delle compravendite nazionali del 14,6%, pari a 670mila (dalle 784mila) e in una diminuzione dei nuovi mutui del 18% annuo, ma con “un’intensità maggiore nella prima parte dell’anno, per poi ridursi a partire dall’estate con il progressivo allentamento della stretta monetaria”.

Le banche sono diventate più caute nell’elargire credito

“L’onerosità del finanziamento” ha sottolineato Dondi, “con tassi passati in media dall’1,93% di maggio 2022 al 3,79% di febbraio 2023, non è l’unico problema. E’ anche cambiata la percezione sulla solvibilità futura di molti dei potenziali mutuatari e quindi una maggior cautela da parte delle banche a erogare credito”. Del resto i redditi sono al palo, per lo più non indicizzati all’inflazione e quindi perdono potere d’acquisto.
Se il 2022 ha visto una sostanziale stabilità delle erogazioni (+1%), associata a una marcata diminuzione di surroghe e sostituzioni (-70%), Nomisma prevede, per il 2023, una diminuzione a due cifre, sia dei nuovi mutui (-18% annuo) sia delle surroghe e sostituzioni (-47 per cento).

Ecco i tre fattori macro da considerare

“Oggi il mercato immobiliare dipende dal credito molto più rispetto al passato” dice ancora Dondi.
“Davanti a un investimento immobiliare ci sono 3 fattori da tenere d’occhio, soprattutto da parte di investitori corporate: lo spread Btp/bund, che rappresenta la percezione sull’Italia degli investitori esteri, l’evoluzione del Pil e le ricadute sulla capacità di accesso al credito e il differenziale tra rendimenti di settore e i Btp: prima questi ultimi non valevano nulla, mentre ora hanno rendimenti interessanti”.

TRowe Price: anche l’acquisto di una casa deve essere messa nell’asset allocation

L’investimento immobiliare, secondo TRowe Price, deve essere catalogato nè più, nè meno come qualsiasi altro investimento finanziario.
“Occorre mettere a confronto i vari tipi di investimenti e aiutare gli investitori ad averne consapevolezza” ha detto Federico Domenichini, Head of Advisory di T. Rowe Price. “Anche la casa dovrebbe essere considerata come un investimento finanziario, mentre manca in Italia una consapevolezza rispetto per esempio agli andamenti e il prezzo dell’immobile è più che altro nella testa dei proprietari. E’ invece importante che anche l’immobile entri nell’asset allocation”.

I costi “nascosti” che pochi considerano nell’acquisto di una casa

Per farlo occorre considerare diversi aspetti che invece spesso non vengono presi sottogamba. Soprattutto se si pensa all’acquisto di una seconda casa destinata, almeno in parte, all’affitto.

L’elenco non è breve: a partire dalla tassazione (Imu), ai costi per l’agenzia (circa il 3% più Iva), alla tassa di registro (9% del valore catastale), il costo di un atto notarile (circa l’1% del valore), senza contare spesso l’illiquidità dell’investimento, considerando che il tempo di vendita (fatto salvo il solo caso di Milano che si confronta con le grandi metropoli europee) può essere superiore ai 6 mesi. “In base a questi costi, risulta che per acquistare una seconda casa occorre un “ticket d’ingresso” all’investimento calcolato in circa il 7%”, dice Domenichini, “mentre abbiamo calcolato un rendimento medio per un appartamento a Milano in zona semicentrale del 3,28%, quindi si inizierà ad avere una vera rendimto dopo circa 2 anni dall’acquisto della casa”.
Questi valori vanno confrontati con rendimenti di Btp tra uno e tre anni del 3,37%, a 5 anni del 4,05%, fino a rendimenti per un high yield di oltre il 7%”. La tassazione dei titoli di stato italiani è del 12,5%. .

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