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Ilva, arriva il piano anti-inquinamento da 400 milioni

Bruno Ferrante, presidente del gruppo Riva, lo ha depositato in Procura a Taranto insieme a un’istanza per chiedere che l’azienda non sia costretta a chiudere – I custodi giudiziari impongono che la produzione cali di un altro 30% – Clini: il ministero dell’Ambiente parte civile nel processo – Balduzzi: il 12 ottobre i dati definitivi sulle morti.

Ilva, arriva il piano anti-inquinamento da 400 milioni

Un piano d’investimenti da 400 milioni di euro per ridurre le emissioni inquinanti dell’Ilva di Taranto. Lo ha depositato oggi nella Procura del capoluogo pugliese l’ex prefetto Bruno Ferrante, presidente del gruppo Riva, società proprietaria dell’impianto siderurgico.

Ferrante ha presentato anche un’istanza in cui si chiede che l’azienda possa continuare a produrre, pur rispettando la sentenza del Tribunale del riesame, che ha confermato il sequestro senza facoltà d’uso delle sei aree a caldo.

“Ci auguriamo che il piano e l’istanza vengano valutati positivamente dalla procura e dai magistrati – ha detto Ferrante -. Chiediamo di attuare le decisioni del Tribunale del riesame e quindi di seguire la strada che ci ha indicato”. Il 17 agosto scorso, il numero uno del gruppo Riva aveva annunciato che l’azienda avrebbe investito 146 milioni di euro per le prime misure di bonifica dell’impianto, 90 dei quali già stanziati.

Non è però ancora chiaro quale sia il piano di gestione del personale, visto che da ieri, per disposizione dei magistrati, l’Ilva deve ridurre di almeno il 30% la produzione per rendere possibile l’avvio della procedura di messa a norma. Nel dettaglio, i custodi giudiziari hanno dato l’ordine di avviare lo spegnimento degli altoforni 1 e 5 e di tutte le batterie delle cokerie (ad esclusione della 7 e della 8), oltre alla chiusura dell’acciaieria 1.

Non siamo di fronte alla chiusura ma ad un passaggio del risanamento – ha commentato il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini – e mi auguro che con le iniziative del ministero, dei giudici e dell’azienda, si costruisca un percorso concreto. Ho parlato a lungo in modo costruttivo stamattina con il procuratore capo di Taranto”. Sempre ieri, con un messaggio su Twitter, Clini ha annunciato che il ministero si costituirà parte civile nel processo sulle responsabilità per l’inquinamento a Taranto.

Intanto, la Camera sta esaminando in questi giorni il decreto del Governo per il risanamento ambientale della zona di Taranto, mentre entro il 30 settembre è atteso il via libera definitivo alla nuova autorizzazione integrata ambientale per l’impianto siderurgico, che imporrà all’azienda una serie di misure per garantire il rispetto della legge sui limiti di emissioni di sostanze inquinanti.

Secondo una perizia epidemiologica disposta dalla Procura tarantina, in 13 anni l’inquinamento prodotto dall’Ilva ha causato la morte di quasi 400 persone. Dalla società hanno replicato che si tratta di dati relativi al passato e che oggi la situazione ambientale è nettamente migliorata.

Uno studio dell’Istituto superiore della Sanità dimostra che a Taranto, fra 2003 e 2008, le morti sono il 10-15% in più rispetto a quelle attese. Un gap che aumenta al 30% se si guarda solo ai decessi causati da tumori ai polmoni. Da Clini è però arrivata una precisazione: “E’ tutto da dimostrare che i morti siano provocati dalle emissioni dell’Ilva – ha detto il ministro -. Insomma, esistono margini di incertezza sul rapporto causa ed effetto della mortalità per tumori”.

Il ministro della Salute Renato Balduzzi ha chiarito poi che i dati definitivi sulla mortalità causata dall’Ilva di Taranto saranno resi pubblici il 12 ottobre. 

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