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Il made in Italy che nasce all’estero: necessità, virtù o… ?

I prodotti italiani sono molto ricercati ma o sono troppo cari o non si trovano, Ecco dove nasce il nuovo prodotto italiano fatto all’estero, dall’imprenditore che fa salumi nella Repubblica Dominicana al vicentino che fa il grana nella Repubblica Ceca.

L’idea di Sergio Boschetti, 59 anni, bresciano di Gussago, di mettersi a fare salami a Las Galeras, nella provincia di Samanà, in Dominicana, dove è sempre estate e le temperature variano tra i 23 e i 30° tutto l’anno, fa riflettere. Non è il primo. Già un macellaio friulano, Domenico Forgiarini, di Tolmezzo, emigrato prima in Canada e poi in Giamaica, a Negril, c’era risuscito nel 2015 ma realizzando soprattutto salsicce. Il problema non è l’umidità ma il caldo.

Ai Caraibi è sempre estate, la temperatura oscilla tra i 23 e i 30°, estate e inverno, con una forte umidità, temperata dai venti alisei, che spazzano l’aria, purissima, arrivando dall’Oceano Atlantico. Per questo motivo è stato relativamente facile per i nostri connazionali riprodurre insaccati, prosciutti e formaggi secondo le nostre tradizioni e tecnologie in paesi come il Nord Europa o in alcuni luoghi degli Stati Uniti, Canada e Argentina mentre pare una impresa impossibile ai tropici.

Produrre un formaggio grana (Gran Moravia) in Repubblica Ceca, come fa Roberto Brazzale, vicentino, storico produttore di Grana Padano, per esempio, mantiene la tipologia del prodotto italiano e abbassa i costi di produzione, favorendo la commercializzazione del prodotto. Macchinari, know how, guida rimangono italiani, si delocalizza solo la produzione ma si mantiene viva un’attività altrimenti destinata a finire. Dopo le sanzioni imposte alla Russia molti produttori italiani hanno ricevuto un danno enorme dal crollo delle esportazioni. Gli stessi italiani hanno trasferito in Russia alcune fasi lavorative, aggirando le sanzioni e producendo per quel mercato. Sarà impossibile recuperare le esportazioni, quando cadranno le sanzioni, il danno è fatto. Il mercato chiedeva quei prodotti e ora si produrranno direttamente in Russia, sempre secondo il Made in Italy ma in una nuova versione. Così si sta evolvendo il mercato.

Non sempre nei punto Italia” si trovano prtodotti eccellenti

Nella Repubblica Dominicana, con una popolazione di 10 milioni di abitanti, vivono molti stranieri residenti. A parte un milione circa di haitiani, di cui molti irregolari, la maggior parte dei residenti, o presenti, per via delle case vacanza in cui hanno investito, sono circa 500.000, di cui americani e canadesi in maggioranza, poi vengono spagnoli, sud americani, altri europei e anche circa 50.000 italiani, dei quali solo 6.000 iscritti all’Aire. C’è quindi un mercato locale di ricerca del cibo all’europea che si manifesta nei supermercati e nella presenza di numerosi ristoranti italiani o finto italiani.

Procurarsi i nostri vini di migliore qualità e i nostri migliori salumi, paste, sughi, dolci, formaggi tuttavia non è facile. Sono prodotti che non trovi dappertutto e costano molto cari. Nei “Punto Italia” o simili, negozi di importazione del Made in Italy, trovi un prodotto medio, dove il compromesso tra l’essere italiano e costare meno, ha più facilità di vendita. Ma è chiaro che chi ha la bocca buona non si accontenta.

Sergio Boschetti vuole andare oltre. E’ un imprenditore dolciario, con tanto di fabbrica ben avviata di basi per dolci, la Antico Eremo di Bellingo, che ad un certo momento della sua vita s’è stancato di essere assoggettato ai ritmi di lavoro e ha pensato che la vita è degna di essere vissuta, senza essere schiavi degli orari, delle riunioni, dei continui balzelli da pagare e delle file in auto. Ha scoperto la bellezza di questo angolo della Repubblica Dominicana e ha deciso di trasferircisi, nel 2008, creando una nuova famiglia. Ha costruito un villaggio turistico (Las Galeras Village) partendo da una collina, dove c’è una grande pianta, forse una Saboneteira ovvero una “Sapindus saponaria”, un albero che può arrivare a 12 metri di altezza, che domina il paesaggio tutto attorno, fino all’oceano, distante non più di un chilometro.

Qui ha trovato l’energia e l’ispirazione giusta. Ha scoperto un fiume di acqua potabile che scorre 65 m sotto terra e ha pensato di rendersi indipendente anche dalla fornitura di energia elettrica, con i pannelli fotovoltaici, che gli forniscono 1600 KW mensili. Con tutto questo manda avanti un villaggio immerso nella natura, con una villa padronale e una per gli ospiti, più 9 ville completamente accessoriate, una grande piscina, un maneggio, un orto e un ristorante che serve ai clienti del villaggio e un altro ristorante (Me Gusta) nel paese, dove si mangia italiano e si impara a ballare salsa e bachata. In genere i clienti sono suoi ex dipendenti o amici e conoscenti della sua terra d’origine ma la voce corre e il giro si allarga sempre più.

Sergio, da buon italiano, ama i piaceri della tavola, cerca di non farsi mancare mai degli ottimi Baroli, Gewurztraminer, Vermentini di Gallura, Brunelli di Montalcino, Satén Franciacorta, ottimi Prosecchi di Cartizze, Amaroni, compresi champagne come Chateneuf du Pape, Moet&Chandon e via dicendo, quasi irreperibili in loco. Alla sua tavola trovate la bottarga di Cabras, il tartufo bianco pregiato, le buone paste artigianali, i prosciutti friulani, i dolci, insomma tutto quello di cui ha sempre goduto in passato e che ha ritenuto degno anche della nuova vita ai Caraibi. Ma come procurarseli? O sono gli amici a portare queste leccornie nei loro viaggi dall’Italia o sono onerose spedizioni di prodotti cui deve ricorrere. Ma l’imprenditore non si ferma davanti a una difficoltà e rimane pur sempre uno che deve vincere la sfida.

Nella Cueva si essiccano salumi e formaggi

Nella sua tenuta di 35.000 mq scopre una grotta sotterranea, qui si chiamano cuevas e ne è pieno il paese. Un tempo gli antichi indios “Tainos” ci si riparavano dal sole e dalle intemperie. Non mancavano infatti tempeste di pioggia e anche uragani, oggi molto ridotti, ormai viaggiano su rotte a largo, nell’oceano. Sergio ha visto nella sua cueva una grotta ideale per la conservazione dei vini e ha pensato anche di farne un luogo di stagionatura di salumi e formaggi. Intanto l’ha attrezzata con un piano per accogliere gli amici e degustare i prodotti importati ma vista la sua aereazione naturale e l’umidità delle rocce, la sta attrezzando affinché si trasformi in un locale a temperatura controllata (sui 20°), con l’aiuto di un tecnologo alimentare, specializzato nella conservazione delle carni, anche amministratore della sua azienda italiana: Ivano Lattucchella.

Nell’attesa di studiare la maniera più opportuna per realizzare le sue salsicce e i suoi salamini e conservarli gelosamente nella cueva, intanto si è procurato una insaccatrice in ghisa a manovella, ha realizzato un attrezzo che ha la parvenza di un gabbiotto, dove ha già sperimentato l’affumicatura di un formaggio al tartufo (con scaglie di tartufo toscano non con prodotti chimici) e dove intende affumicare alcuni dei pesci che, con i suoi amici sardi, va a pescare nell’Oceano Atlantico (tonni, bluemarlin, aguglie..).

Con un caseificio locale ha cominciato a produrre gustosi fiordilatte, che utilizza nel ristorante del suo Villaggio e con il latte che recupera dagli allevatori locali, cerca di produrre altri formaggi di cui va ghiotto, uno lo ha nominato Galzola, ovvero un gorgonzola fatto a Las Galeras. Mancando i prati non ci sono pecore per produrre pecorini ma capre si e i caprini potrebbero essere un nuovo obbiettivo. Per i formaggi di latte vaccino gli esempi invece non mancano. Nella zona di Sosua – Puerto Plata, altri imprenditori italiani ripropongono burrate, mozzarelle di latte vaccino e “ciliegine” di latte che vendono moltissimo in tutto il paese: la Zarina di Fabrizio Paolucci e la Lupa di Renzo Oliva.

Altri produttori italiani hanno acquistato fincas (aziende agricole) per produrre rucola, puntarelle, friarielli, cavolo nero e altre squisite verdure nostrane con cui realizzare piatti dall’inequivocabile sapore italico. Se non arriva il prodotto dall’Italia, lo si fa sul posto, costa meno e, a volte, è anche meglio. C’è anche chi sfrutta il cacao (Danilo Vestri) e il caffè locale (Daltam con Maurizio Dallago), di ottima qualità, per rifornire la propria azienda italiana di una materia prima coltivata e prodotta secondo le nostre competenze, una forma di integrazione tra culture che migliora il prodotto e il commercio. Ci sono anche italiani chi aiutano produttori locali a migliorare le loro produzioni tipiche, si fa con le banane (Montecristi) ma anche con lo zenzero, sempre nella penisola di Samanà c’è la Ruta del Jengribe (coordinata da Michele Falaschi), mettendo al loro servizio la nostra creatività e competenza.

Forse il futuro del Made in Italy non è più tanto nel produrre tutto il ciclo di un prodotto in Italia ma nel mantenere l’idea, la conoscenza e la tecnologia e trovare forme di integrazione produttiva su prodotti nostri e su materie prime locali, che ci consentano di arrivare ovunque con prezzi concorrenziali ed eludendo i dazi, al di là di dove fisicamente si produce.

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