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I giovani contro la crisi: intervista al ceo di Starteed, la startup di crowdfunding tutta italiana

L’idea è di Claudio Bedino, 29enne di Bra e già fondatore di un’agenzia di comunicazione a 19 anni, che sfida la burocrazia e lancia oggi al Social Media Week la prima piattaforma di crowdfunding tutta italiana, che unirà la raccolta fondi al co-working – Un modo per sostenere la partecipazione creativa e proporre un modello di business accessibile a tutti.

I giovani contro la crisi: intervista al ceo di Starteed, la startup di crowdfunding tutta italiana

Se costituisci una società a 19 anni, e per di più l’11 settembre 2002, nel primo anniversario di una data funesta che diede il via a un futuro sempre più critico per l’Occidente, vuol dire che tu di quel futuro hai ben poca paura. Anzi, ti ci butti dentro, con la competenza e l’entusiasmo di un hi-tech addicted ormai navigato. O addirittura provi ad anticiparlo, il futuro. Con la consapevolezza del rischio (“Qui nessuno di noi aveva ed ha le spalle coperte”) e le idee chiare: “Per dare una svolta è necessario un governo non politico, e l’Agenda Digitale (al vaglio dell’esecutivo proprio in queste settimane, ndr) è una riforma fondamentale”.

Claudio Bedino è un giovane piemontese di Bra, che esattamente dieci anni fa, appena uscito dai banchi di scuola (“Ma già ci pensavo prima”) ha dato vita alla AV&OC, agenzia di comunicazione ben impiantata sul territorio, che cura l’immagine tra gli altri della Ferrero, di Azimut, del gruppo di gdo Dimar e di diverse banche locali. Adesso, dopo averla sognata in una strana notte dello scorso dicembre (“Erano le 4.04 del mattino”), è pronto alla nuova avventura. Si chiama Starteed, è la nuova piattaforma di crowdfunding tutta italiana e il Ceo & Co-Founder (il socio è Valerio Fissore) la presenta oggi al Social Media Week di Torino.

L’occasione ideale, quella della rassegna internazionale del digitale e della tecnologia, per lanciare uno strumento che in Italia, tanto per cambiare, conta solo due realtà, al cospetto delle oltre 450 in tutto il mondo per un fenomeno, la raccolta di finanziamenti online, che cresce ovunque e che già nel 2011 ha creato un giro d’affari globale di 1 miliardo e mezzo di dollari (nel 2012 il solo kickstarter.com, portale di riferimento, conta di fatturare 350 milioni).

Il ritardo dell’Italia è addebitabile solo in parte alla crisi: “Siamo in un contesto di grandissima criticità – confessa Bedino – la differenza con quando abbiamo iniziato è evidente: adesso sarebbe quasi impossibile avviare un’impresa, per i costi che comporta e per le condizioni del mercato. E’ diventato impossibile fare programmazione, andare al di là dei prossimi sei mesi è un salto nel buio”. Ma il vero problema è culturale e legislativo.

Mentre infatti gli Stati Uniti fanno passi da gigante (ad aprile il presidente Obama ha firmato la legge che introduce il sistema equity nel crowdfunding, abilitando donazioni fino a 1 milione di dollari per quello che diventa un vero e proprio azionariato diffuso), e Berlino si conferma la capitale mondiale delle startup, nel Belpaese “non solo non abbiamo ancora la cultura delle donazioni e in particolare del pagamento online, ma soprattutto siamo ancora vincolati da costi e iter burocratici improponibili. Siamo appesi all’approvazione dell’Agenda Digitale, che tra le tante cose importantissime introdurrà l’i-srl e la possibilità di distribuire stock option fra i soci, come accade nel sistema americano, cosa che non è possibile col vecchio schema della srl”.

Schema costoso, imbalsamato e soprattutto che allontana gli investitori stranieri, in un mondo, quello delle startup e del crowdfunding, in cui la libera circolazione di idee e di denaro è il presupposto irrinunciabile. “Tant’è vero – rivela Bedino nella sede aziendale della cittadina cuneese dove si respira futuro, a partire dall’ecosostenibilità (“Abbiamo dei pannelli solari che ci rendono energeticamente autonomi al 100%”) – che a un certo momento, un mese fa, stavo seriamente pensando di costituire la società a Londra, dove è tutto molto più semplice”.

La provocazione non suona come il classico capriccio dell’italiano medio, per cui l’erba del vicino è sempre più verde: “In Italia costituire una srl costa almeno 4mila euro di notaio (in molti Paesi è gratis e si può fare persino online, come in Nuova Zelanda, ndr), senza contare le conseguenti e fisiologiche modifiche statutarie successive, che costano altre migliaia di euro e tempi lunghi, e per non parlare poi del sistema fiscale e giuridico che considero folle: da noi ci sono troppe tasse, così si allontanano gli investitori”. Senza contare infine il problema della reputazione, considerato da Bedino non indifferente: “Già, perché quando all’estero leggono ‘srl’ non è esattamente sinonimo di garanzia, salvo che si tratti di eccellenze affermate del made in Italy come auto di lusso, enogastronomia e moda”.

E la legislazione, in alcuni casi, è persino peggiorata: “Fino al 2008 non potevi costituire un’azienda all’estero se il core del business era in Italia, e questo è legittimo, ma con la riforma Visco anche se il business è internazionale, come lo è il nostro, se il 51% del board è di nazionalità italiana non puoi andare fuori dai confini”. Ci fossero almeno le condizioni, uno non cercherebbe neanche di andarci, fuori dai confini.

Starteed dunque nasce in Italia (il 23 luglio scorso la registrazione) e si propone come un prodotto nuovo, che non si accontenterà di portare il crowdfunding in un Paese, l’Italia, dove queste innovazioni sembrano quasi sgradite, ma andrà alla conquista del mondo con un progetto ben più ambizioso. E che già fa parlare di sé all’estero: “Il sito non è ancora operativo (lo sarà da oggi, ndr) ma siamo già sommersi di contatti, soprattutto dall’India”.

Starteed è infatti crowdfunding, raccolta fondi, ma anche partecipazione creativa e possibile business alla portata di tutti. Con ricavi per la piattaforma (“Prendiamo, come vuole la prassi, il 5% su tutte le transazioni e l’8-10% sulle vendite finali”), per l’ideatore dell’oggetto (di solito hi-tech o di design), che lo produrrà grazie al contributo dei supporters e incasserà l’80% dalla sua commercializzazione, e per i sostenitori stessi, che potranno essere anche ‘influencers’, ovvero partecipi del lancio del prodotto attraverso consigli, contributi creativi e promozione pubblicitaria (sui social network, per esempio). Questa promozione può consistere anche nel fatto stesso di portare l’ideatore sulla piattaforma di Starteed, che frutta un ulteriore 2% di cosiddetto premio scout, oltre che il ritorno in denaro proporzionato alla somma donata e calcolato in base a un punteggio che tiene appunto conto di tutti gli elementi partecipativi e non solo della quota offerta.

“L’obiettivo – spiega il 29enne piemontese – è di proporre idee e dividere i profitti, seguendo la falsariga del portale americano Quircky.com, che unisce il social product development al cosiddetto co-working, ovvero a una interazione che dia visibilità e credibilità ai progetti stessi. Un altro valore aggiunto di Starteed sarà l’e-commerce: oltre a raccogliere fondi, offriamo lo strumento della piattaforma anche per la commercializzazione”.

Praticamente, basta avere un’idea: se è interessante, i soldi li mettono i fans (di solito bastano poche decine di euro, si è in tanti), e al resto ci pensa Starteed. Molto più semplice (e veloce: 42 giorni in media per finanziare il prodotto) che creare una startup in Italia.

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