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Hiriko: la miniauto pieghevole che progetta una società diversa

È stata presentata nei giorni scorsi Hiriko, la miniauto elettronica e pieghevole (giunge ad occupare solo un metro e mezzo di spazio) prodotta da un consorzio basco su un’idea del Mit – Il progetto è anche sociale: i primi stabilimenti verrano costruiti nella zona ovest di Malmö, nel sobborgo povero di Rosengard.

Hiriko: la miniauto pieghevole che progetta una società diversa

L’auto pieghevole, ma non solo. Si è parlato di Hiriko, nei trafiletti su internet delle scorse settimane, come di una notiziola curiosa, la macchina-passeggino, la biposto che, una volta ripiegata, occupa solo un metro e mezzo di lunghezza, la vettura giocattolo che ognuno di noi vorrebbe parcheggiare. È tutto vero, ma non è tutto.

Hiriko, nonostante la sonorità richiami al Giappone, è una parola basca, così come basco è il consorzio di sette piccole imprese con sede a Vitoria-Gasteiz, (città nominata “European Green Capital 2012”), che l’ha realizzata su progetto del Mit.

La parola Hiriko significa urbano, e lo significa in una maniera antica e nuova (urbanità come appartenenza alla città, ma anche come apertura, civiltà), a tutto tondo. Perchè è urbanissimo il disegno insito al progetto, la sua visione d’insieme.

Urbana è l’esigenza ambientale di occupare poco spazio, decongestionando il traffico, e di non inquinare, urbano è il progetto di pubblica mobilità, che prevede che i comuni che l’adotteranno possiedano una più o meno nutrita flotta di queste vetture da affittare per una piccola cifra al cittadino (che sarà in grado di rintracciarle in qualsiasi momento tramite smartphone).

Più urbana ancora è l’idea di unire al cambiamento (in meglio) del modo di vivere una città l’idea di fare del bene sociale. Il progetto infatti prevede che la costruzione in serie delle vetture avvenga nelle zone più disagiate delle città in cui ne è previsto l’uso, unendo così il desiderio (ma forse la parola giusta è necessità) di pulire la città a quello di creare lavoro.

Il progetto esordirà a breve a Malmö, la terza città svedese per grandezza, metropoli ricca e dispari spezzata trasversalmente da una sottile linea scura che la divide in due aree (la zona est benestante e la zona ovest ricca d’immigrati e povera di lavoro) che sono cresciute all’inverso, portando le differenze sociali a livelli insostenibili. Lo stabilimento sorgerà nella zona ovest, in quella Rosengard dilaniata da tumulti e incendi e citata più volte anche dai giornali italiani come il violento milieu di Ibrahimovic, per spiegarne naturalisticamente i colpi di testa meno riusciti. Si parla di dare lavoro a oltre trenta famiglie di immigrati, principalmente iracheni, con la speranza poi che nell’area sorgano a stretto giro di posta industrie di supporto.

L’esperimento dovrebbe poi continuare a Berlino, Barcellona, Vitoria-Gasteiz, San Francisco e Hong Kong. L’idea che sta dietro a Hiriko è che un progetto sociale può essere lungo anche soltanto un metro e mezzo, se si ha occhio, la speranza è che almeno questo non sia pieghevole.

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