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Haines: “Covid, salute e ambiente: è ora di cambiare”

INTERVISTA A SIR ANDY HAINES, professore della London School of Hygiene and Tropical Medicine su economia, Sanità e Sostenibilità Ambientale e sul modo di coniugare tre obbiettivi essenziali nella lotta alla pandemia.

Haines: “Covid, salute e ambiente: è ora di cambiare”

Finanza, sanità pubblica e ambiente devono comunicare. Strumenti economici ed interventi di sostenibilità potrebbero essere molto efficaci ed effettivi nel breve, medio e lungo periodo. Su questi temi di grande attualità, specialmente dopo lo tsunami del Coronavirus, ecco un’ampia intervista che Sir Andy Haines, professore di fama internazionale presso la prestigiosa università inglese di Sanità Pubblica The London School of Hygiene and Tropical Medicine, ha concesso a FIRSTonline.

Sir Haines, durante questa epidemia abbiamo potuto osservare come la percezione del rischio dei leader politici verso i problemi di salute pubblica sia cambiata rapidamente. Nel giro di due settimane i leader mondiali hanno ritrattato velocemente le loro risposte a un rischio emergente potenzialmente letale. Siamo passati da uno scenario di “non fare nulla / business as usual” quando il virus non stava colpendo il loro paese a “prendere tutte le misure necessarie” non appena il numero di morti è aumentato. Ritiene che questa esperienza possa insegnarci qualcosa sui tempi della risposta politica al rischio associato ai cambiamenti climatici? O riconosciamo il rischio quando è già troppo tardi?

“Probabilmente questa esperienza insegna qualcosa. All’inizio molte persone, in particolare nel mondo Occidentale, non erano molto consapevoli dei rischi di COVID-19 e hanno reagito molto lentamente. Differente è stato il caso dell’Asia: a Taiwan, Singapore e Corea la risposta è stata diversa. Probabilmente perché a Taiwan, ad esempio, il vicepresidente è un epidemiologo. Anche a Singapore hanno un sistema sanitario pubblico molto forte ed è più semplice controllare ciò che fa popolazione. Sono stati molto più aggressivi nella ricerca del primo contagio, avevano sperimentato la SARS, quindi avevano più chiari i rischi e hanno risposto rapidamente. In generale i paesi asiatici hanno reagito in modo molto più efficace, mentre in Occidente si è persa l’opportunità di identificare i primi casi, i Paesi non si sono preparati, convinti che il sistema sanitario fosse abbastanza forte da affrontare il virus. Tuttavia, le cose sono cambiate e le persone ora in Europa sono controllate. I politici erano in ritardo forse perché hanno impiegato del tempo per convincere il pubblico che si trattava davvero di un’emergenza.

I cambiamenti climatici e i cambiamenti ambientali hanno una scala temporale molto diversa, parliamo di anni e decenni (non giorni o settimane), ma il principio è lo stesso: si deve rispondere rapidamente, perché se si risponde in anticipo, i costi di riduzione dei rischi non sono eccessivi. Se invece si affrontano come un’emergenza, l’impatto sarà molto più grande”.

Non pensa che Taiwan sia paragonabile all’Australia? Dopo sei mesi di incendi dovrebbero essere più pronti o più sensibili a questi problemi?

“L’Australia è un caso interessante. L’hanno sperimentato, ma non ha influito molto sulla politica climatica, a causa del governo al potere. Sui cambiamenti climatici stanno solo facendo il minimo, perché si sono concentrati sulla crescita economica, senza alcuna comprensione di come sta incidendo sul futuro”.

Cosa pensa della situazione in Europa? Ad esempio, Austria, Germania e Paesi Bassi, dove ci sono partiti di destra ma anche partiti verdi che hanno un consenso abbastanza ampio.

“Sono un po’ scettico nel parlare di questo problema come “politico”. Queste politiche necessitano di sostegno da un ampio consenso, altrimenti non possono essere attuate, saranno sempre respinte. Tuttavia, è difficile coordinarsi con i partiti di destra, anche se nemmeno i partiti verdi, di centro e tradizionali sono esenti da problemi. I verdi, a mio avviso, non sempre fanno un ottimo lavoro. Pensiamo alla Germania dove per quanto ne so il partito verde sostiene alcune misure che sono davvero sbagliate (uso del carbone ed altre). Certo, non temono l’arrivo di uno tsunami”.

Pensa che i giovani possano giocare un ruolo importante in questo scenario?

“Sì, assolutamente, perché le nuove generazioni sono sensibili a questi problemi e molto più istruiti di noi. Vedono il loro futuro distrutto, hanno una voce e allo stesso tempo possono convincere le persone adulte ad agire. Abbiamo bisogno di politiche positive che affermino che questa è la visione: che tipo di futuro vogliamo? Economia pulita, verde. Questa deve essere la società in cui vivremo”.

Riguardo alle conseguenze dell’epidemia di COVID 19 sull’inquinamento, abbiamo osservato un drastico calo delle emissioni dovuto ai lockdown. Ma come mostra la figura seguente, tutte le crisi economiche sono state seguite da un forte aumento delle emissioni associate al prezzo più basso degli idrocarburi. Succederà anche con questa pandemia o le regole sono cambiate e sono state adottate fonti energetiche più pulite?

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“Il pericolo è che gli investimenti nelle energie rinnovabili diminuiscano a causa della recessione economica. Acquistare carbone e petrolio è più economico e in realtà i prezzi sono già molto bassi. Sono davvero preoccupato. Non possiamo essere compiacenti, ovviamente vorremmo vedere una risposta a basse emissioni di carbonio, ma penso che ci sarà un grande pericolo, a meno che non mettiamo in atto politiche e strumenti economici ora”.

Parliamo del rapporto tra malattie e inquinamento. Esistono malattie per le quali è dimostrato che un fattore rilevante è il livello di inquinamento dell’aria, della terra o dell’acqua? E per quanto riguarda la pandemia di COVID 19, è vero che l’inquinamento atmosferico è un veicolo del virus e che potrebbe essere stato un fattore che ha influenzato il maggior numero di casi nel Nord Italia rispetto al Sud, dove i settori secondario e terziario sono generalmente meno sviluppati?

“Molte persone lo stanno studiando proprio ora, come ad esempio il professor Piscicelli. Al momento non è chiaro se l’inquinamento atmosferico sia un canale di trasmissione COVID 19 o abbia un impatto sulla sua gravità. È possibile che lo sia. Sul lungo termine sappiamo già che l’inquinamento atmosferico aumenta i rischi di malattie cardiache e malattie polmonari croniche: attacca i nostri polmoni, in un modo diverso dal Covid 19, ma lo fa. Sul breve termine, se incide perché il COVID 19 sta trasportando le particelle non lo sappiamo, non ne siamo sicuri. Tuttavia, ciò che sappiamo è che, se riduciamo l’inquinamento atmosferico, si avrà un enorme effetto benefico sulla salute, soprattutto se i livelli delle emissioni si manterranno bassi per un lungo periodo. Nuove prove mostrano che l’inquinamento atmosferico è probabilmente più dannoso di quanto pensassimo in passato. Sappiamo che se emergiamo dall’emergenza COVID con un’economia a basse emissioni di carbonio e fonti di energia rinnovabili, questo andrà a beneficio della salute di tutti, quindi questa è un’altra ragione per farlo”.

Andiamo nel dettaglio sulla relazione tra le emissioni e le conseguenze sulla salute. Affrontando il problema delle emissioni che causano i cambiamenti climatici, ridurremmo anche gli effetti negativi sulla salute associati all’inquinamento atmosferico? Gli inquinanti che colpiscono la salute e il clima sono gli stessi?

“Quando si bruciano combustibili fossili, si producono anidride carbonica e altri gas serra ma anche inquinanti che danneggiano la nostra salute. In particolare, particelle fini, che danneggiano la salute in diversi modi: aumentano i rischi di molte malattie, come polmoniti croniche, malattie cardiache e cancro ai polmoni. Riducendo l’utilizzo dei combustibili fossili diminuisce l’inquinamento atmosferico che potrebbe evitare circa 3 milioni e mezzo di morti premature all’anno. Ci sono anche altre fonti di inquinamento atmosferico legate all’attività umana come l’agricoltura e la combustione di combustibili solidi nelle case. Se si eliminano tutte le attività antropiche legate alle cause di inquinamento dell’aria, si evitano circa 5,6 milioni di morti premature. Il numero di morti varia da paese a paese, a seconda della quantità di inquinamento presente a livello locale, ma tutti i paesi sono interconnessi”.

Quindi ridurre gli inquinanti atmosferici che colpiscono la salute ridurrà anche gli inquinanti legati ai cambiamenti climatici?

“Non perché sono gli stessi inquinanti, ma perché quando smettiamo di bruciare combustibili fossili smettiamo di produrre anidride carbonica che è il principale gas serra e rimane nell’atmosfera per circa 2000 anni. Stiamo studiando come prevenirlo, ovviamente piantare alberi è una buona cosa ma ci vuole tempo. Ad un certo punto, la crescita economica si fermerà, è inevitabile, non sarà infinita. Ciò che conta per me è l’essere umano e la salute e abbiamo bisogno di un’economia sostenibile. L’energia necessaria per estrarre le risorse sta aumentando sempre di più, perché già estraiamo la parte “facile”, e si deve andare sempre più in profondità. Ad un certo punto dovremo smettere. Abbiamo bisogno dell’Economia Circolare e sarà necessario lavorare anche sul trasporto: auto elettriche, auto a idrogeno, biciclette. Per queste ultime, ci sarà bisogno di investire su percorsi sicuri e ridurre il relativo tasso di mortalità”.

Pensando ad alcune possibili soluzioni, come possiamo ridurre le conseguenze della recessione economica e combattere i cambiamenti climatici? In un recente articolo intitolato “Green Deal europeo: un’importante opportunità per il miglioramento della salute”, lei menziona il bisogno di elaborare strumenti finanziari utili a ridurre le emissioni. Attualmente sono in discussione molti strumenti finanziari che mirano a combattere la recessione economica, ma nessuno di loro menziona il cambiamento climatico. Si può pensare a una collaborazione tra economisti, epidemiologi e specialisti della sanità pubblica per sviluppare aiuti economici in grado di combattere la recessione e affrontare i cambiamenti climatici a livello nazionale e / o europeo? Al momento c’è una proposta fatta da quattro importanti economisti, tra cui il professor Marco Pagano dell’Università Federico II di Napoli, che suggerisce un approccio in due fasi chiamato COVID-19 LIQUIDITY LIFE-LINE. Su queste basi, possiamo aggiungere un ulteriore elemento per selezionare/chiedere l’impegno delle aziende a ricapitalizzare e quale può essere?

“Io mi occupo di Economia della Salute. Da questo punto di vista, la decarbonizzazione delle fonti energia è molto importante. Supponiamo che l’obiettivo sia di raggiungere tra 10-15 anni sistemi completamente decarbonizzati, per arrivarci occorre lavorare anche in termini di trasporto e catena di approvvigionamento. Questo è ciò che sta accadendo con il nostro sistema sanitario nazionale, vogliono decarbonizzare nei prossimi anni e la loro strategia è di decarbonizzare la catena di approvvigionamento arrivando ad accordi con aziende di attrezzature mediche e altri, in modo che a decarbonizzare sia non solo il sistema sanitario ma anche i suoi fornitori di energia con un potenziale, enorme, effetto moltiplicatore. Perché a mano a mano che si estende il numero di coloro che non acquistano più prodotti se l’impresa non decarbonizza anche l’approvvigionamento energetico, ciò potrebbe costituire un mezzo efficace ed esponenzialmente migliore di anno in anno nella lotta al cambiamento climatico. Inoltre, il costo delle energie rinnovabili sta diminuendo.

Dobbiamo sottolineare che le aziende non stanno pagando l’intero costo economico del loro prodotto. Quindi l’unica ragione per cui hanno questo modello di business è perché possono evitare di pagare esternalità. Non stanno solo ingannando l’ambiente, ma stanno danneggiando la salute delle persone. Pensiamo alla nostra economia: sovvenzioniamo ciò che effettivamente danneggia la nostra salute”.

Lei si riferisce alla tassazione progressiva. Al momento ad esempio in Italia, sovvenzioniamo il diesel. Come pensa si possa rimuovere questo sussidio per garantire che le fasce più deboli non ne soffrano?

“Quello che si potrebbe fare è riciclare il sussidio, toglierlo e restituirlo in termini di riduzione delle tasse per i poveri, e aumentare la soglia oltre la quale le tasse devono essere pagate, quindi il taglio torna nelle tasche delle persone. Un’altra cosa che si potrebbe fare è sovvenzionare ciò di cui i poveri hanno bisogno, ad esempio convertire i sussidi ai combustibili fossili in sussidi sanitari. In Indonesia, rimuovono i sussidi ai combustibili fossili e li danno al sistema sanitario. Un altro esempio di ciò di cui le persone povere hanno bisogno è il cibo sano: verdure fresche. Sovvenzionando produzione di frutta, verdura, possono comprare più di questo tipo di cose. C’è uno studio interessante su questo. Ogni società può sovvenzionare in base alle proprie esigenze, con un dibattito pubblico su ciò che si dovrebbe fare”.

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