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Guida Ristoranti L’Espresso: ecco i cinque locali al top

Oltre alla scontata presenza di Bottura, la selezione presenta non poche sorprese, a cominciare da una clamorosa assenza – Nella guida c’è anche una classifica delle Regioni, suddivise in base al numero di segnalazioni ottenute

Guida Ristoranti L’Espresso: ecco i cinque locali al top

Così come accaduto per la Guida dei Vini, la Guida dei Ristoranti dell’Espresso presentata alla Leopolda di Firenze quest’anno è totalmente rinnovata. Si tratta di una vera rivoluzione: abolite classifiche e votazioni, ci sono solo valutazioni che tengono presente nel complesso diversi aspetti della ristorazione italiana.

E se l’anno scorso la Guida assegnò per la prima volta nella sua storia clamorosamente 20/20, ovvero la perfezione, al grande Massimo Bottura de l’Osteria Francescana di Modena, oramai vincitore di tutti i premi immaginabili in Italia e all’estero (tant’è che il nostro Premier lo ha chiamato, dopo esserselo giocato con Hollande, anche per addolcire il palato (e il carattere) della cancelliera tedesca Merkel in occasione del vertice italo-tedesco nella sede della Ferrari a Maranello), quest’anno la Guida segnala invece in blocco i 5 migliori ristoranti dove andare a colpo sicuro per un pranzo o una cena da sogno, assegnando loro cinque cappelli cioè il nuovo massimo riconoscimento concepito più democraticamente.

Vi figura, d’obbligo ovviamente, Bottura ma assieme al grande chef modenese ci sono Le Calandre di Rubano di Massimiliano Alajmo, pluristellato Michelin; Piazza Duomo di Alba di Enrico Ceretto, Reale di Castel di Sangro di Niko Romito, e Uliassi di Senigallia. Già questa scelta presenta delle sorprese.

A cominciare da un’assenza: quella di Heinz Beck, lo chef italo tedesco de La Pergola del Cavalieri Hilton, da anni abituato ai vertici delle classifiche gastronomiche che viene collocato nel gruppo dei quattro cappelli cioè sul secondo podio assieme a Casa Perbellini di Verona, il Cambio di Torino, il Duomo di Ragusa, La Madia di Licata, La Peca di Lonigo, il Mandarin Oriental Seta di Milano, la Taverna Estia di Brusciano, Villa Crespi di Orta San Giulio, Vissani di Baschi.

Perché la scelta di democratici cappelli che annullano le distanze al posto dei rigorosi punteggi di un tempo? Lo spiega lo storico direttore delle Guide, Enzo Vizzari: “I cappelli – dice – indicano delle fasce di qualità all’interno delle quali possono trovarsi locali e cucina distanti fra loro ma accomunati da giudizio al livello della cucina praticata. Non ci siamo limitati a convertire i punteggi da “ventesimi” a “cappelli” ma abbiamo ripensato il voto di ogni locale in sé in rapporto ad altri con voto analogo”.

Insomma che nei ristoranti italiani non si sia mai mangiato bene come oggi è un dato di fatto, la qualità dei locali di fascia alta per cibo, ma pure ambiente, servizio e cantina, è cresciuta e continua a crescere sia fra i ristoranti già affermati sia tra quelli e sono numerosi di recente apertura. E la Guida sottraendosi al gioco dei numeri sembra voler indicare ai consumatori un nuovo modo di approcciare la buona cucina italiana non affidandosi solo ai punteggi ma valutando col proprio palato.

Perché come sottolinea giustamente Vizzari , “edizione dopo edizione ci siamo resi conto della difficoltà crescente, se non dell’arbitrarietà di giudizi espressi in frazione di punto per locali fra loro profondamente diversi e lontani per storia, cultura, dimensione, stile di cucina… Difficoltà tanto più crescenti quanto più si è alzato e si alza il livello medio della cucina del ristorante italiano”.

Val la pena di fare un’annotazione sui ristoranti che hanno guadagnato le successive posizioni ovvero i 36 che si sono aggiudicati i tre cappelli, gli 89 che hanno meritato 2 cappelli e quelli che si sono guadagnati 1 cappello che sono 363.

Valutandoli matematicamente nel complesso in relazione alla loro collocazione regionale possiamo farci un’idea di dove si mangia generalmente meglio ovvero dove il livello della ristorazione di qualità si mantiene alto. Ebbene, sotto questo punto di vista la Lombardia sbaraglia tutti con 90 ristoranti, seguita dalla Campania con 53 segnalazioni. Il Piemonte invece, le cui tradizioni gastronomiche di eccellenza sono indubitabili nella storia, non riesce a superare la boa delle 48 segnalazioni.

A seguire figurano il Veneto la Toscana con 47, il Lazio con 42, l’Emilia-Romagna con 35, il Trentino Alto Adige con 28, la Sicilia con 25, la Liguria con 18, l’Abruzzo con 17, la Puglia con 14. Si collocano sotto la soglia delle 10 segnalazioni il Friuli Venezia Giulia, l’Umbria e le Marche con 9 ristoranti, la Calabria con 7 la Valle d’Aosta con 4. Chiudono la lista tre regioni che francamente potrebbero offrire qualcosa di più in relazione alla loro storia e alle loro tradizioni, e cioè la Sardegna con solo tre segnalazioni, il Molise e la Basilicata con una sola segnalazione.

Sempre a questo proposito è interessante notare che dalla fotografia che la Guida traccia della ristorazione di qualità italiana, 2.700 locali selezionati 2000 recensiti con una scheda, ne figurano 370 inseriti per la prima volta. Segno che la direzione presa dalla nostra enogastronomia grazie soprattutto alle nuove leve è quella giusta.

Per la cronaca la guida, 600 pagine è disponibile anche in versione digitale in app per iPhone iPad e dispositivi Android.

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