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Gualmini (Pd): “Renzi tiri dritto su riformismo, europeismo e cambiamento”

INTERVISTA del WEEKEND ad ELISABETTA GUALMINI, politologa e vicepresidente della Regione Emilia-Romagna in quota Pd: “Le discussioni su Renzi mirano a mettere in discussione la sua leadership ma lui deve tirare dritto” sui progetti di cambiamento – “Parlare solo di alleanze e listoni crea moltissima confusione ma pensare di governare con una grande ammucchiata non porta da nessuna parte”.

Gualmini (Pd): “Renzi tiri dritto su riformismo, europeismo e cambiamento”

“Renzi deve tirare dritto su riformismo, europeismo convinto, e cambiamento. Parlare di alleanze e listoni, dove dentro c’è tutto e il contrario di tutto, crea moltissima confusione nell’elettorato e non ha senso, visto che il sistema elettorale sarà proporzionale”. Elisabetta Gualmini, ex presidente dell’Istituto Cattaneo, oggi vicepresidente della Regione Emilia-Romagna in quota Pd, non ci sta a mettere sulla graticola il segretario, dopo la sconfitta alle amministrative. Sull’Italia soffia un “vento di destra”, ma proprio per questo il timoniere deve tenere salda la rotta. In quest’intervista con FIRSTonline la politologa analizza l’esito del voto e le prospettive del centrosinistra.

Professoressa Gualmini, si aspettava che dalle amministrative uscisse questo risultato? Di fatto vediamo la resurrezione e la rivincita del centrodestra, sia pure a trazione leghista, il crollo del M5S e la sconfitta del Pd di Matteo Renzi, soprattutto in roccaforti rosse come Genova e Sesto San Giovanni.

“Nelle elezioni amministrative contano molto i candidati e le specifiche vicende locali. È abbastanza naturale che nei Comuni, dopo decenni di continuità, gli elettori abbiano voglia di cambiare, come è successo a Genova e a Sesto San Giovanni. Una sana alternanza tra forze politiche non è una cosa negativa. Dopodiché la Lega ha capitalizzato, facendo leva su un problema molto complesso e difficile da gestire come quello dei migranti e ha trainato tutto il centro-destra. Non c’è dubbio che nel paese soffi un vento di destra.

Certo, le amministrative non sono le politiche, ma ha la sensazione che l’attuale tendenza elettorale, con le sue tante contraddizioni, vada oltre il risultato di domenica?

“No, la partita delle politiche sarà molto diversa da quella delle amministrative, dove contano le persone candidate e i programmi specifici per ogni città. Alle politiche, se rimane questo sistema elettorale, non ci saranno le coalizioni e soprattutto il grande dibattito sarà sull’Europa, cioè su chi è a favore del progetto europeo e su chi lo contrasta. Faccio fatica a vedere Berlusconi e Salvini, uniti, su questa sfida”.

Non ci sarà una nuova legge elettorale?

“Mi sembra evidente che questo Parlamento non sia in grado di riscrivere la legge elettorale, occorre prenderne atto. Penso che si andrà inevitabilmente a votare con questa legge, cioè con un sistema proporzionale col premio di maggioranza, magari armonizzato tra Camera e Senato”.

Dal 4 dicembre Renzi ha perso il suo tocco magico, oggi sembra più incline ad aggregare dissensi che consensi. Dopo la stagione della rottamazione e dopo quella delle riforme di governo, il Pd del segretario ha smarrito la sua identità?

“Le discussioni su Renzi sono deliberatamente mirate a indebolirlo e a mettere in discussione la sua leadership, soprattutto da parte delle forze di sinistra radicale che, ricordiamo, nel complesso hanno raggiunto a malapena il 5% in queste elezioni. Renzi deve tirare dritto su riformismo, europeismo convinto, e cambiamento. Parlare solo di alleanze e listoni dove dentro c’è tutto e il contrario di tutto non solo crea moltissima confusione nell’elettorato, ma non ha neanche molto senso visto che il sistema elettorale sarà proporzionale.

In questa fase il Pd riesce a capire i bisogni che vengono dal basso e a parlare con i giovani? Si sente l’esigenza di un nuovo progetto riformista? 

“Sicuramente c’è un problema di rappresentanza dei giovani che, in gran parte, alle ultime politiche, hanno espresso un voto anti-sistema e si sono rifugiati nei 5 stelle. La crisi lunghissima della rappresentanza e dei partiti tradizionali si sente ancora molto e si fa fatica, in tempi in cui la ripresa non è ancora sufficiente, a recuperare i giovani, che più di altri hanno pagato i costi della recessione. Pur tuttavia non è vero che il Pd sia lontano dalle categorie deboli. Il governo Renzi è il primo che ha introdotto un fondo strutturale contro la povertà, il primo che ha introdotto il reddito minimo d’inclusione, il primo che ha redistribuito a famiglie e giovani. Ancora però gli effetti di queste politiche non si vedono concretamente sugli elettori”.

Cosa pensa dello ius soli: non sarebbe meglio rinviarlo all’inizio della prossima legislatura, per sottrarlo a strumentalizzazioni delle destre e di Grillo?

“Non si possono rimandare importanti battaglie culturali per i voti. Anzi, più le destre e i 5 stelle soffiano sul nazionalismo e il sentimento anti-immigrati, più bisogna far capire che lo ius soli non c’entra niente con gli sbarchi e i migranti che vediamo arrivare sulle nostre coste, non è una concessione priva di qualsiasi limite, perché richiede requisiti specifici come cicli scolastici e permanenza e lavoro sul nostro territorio. Tuttavia i bimbi che nascono qui e che studiano e giocano e vivono con i nostri figli hanno diritto a essere considerati italiani. Ripeto, nulla a che vedere con la sfida gigantesca dei richiedenti asilo, che va gestita a livello europeo”.

I contenuti sono importanti, ma anche le alleanze pesano. Per il Pd – in vista delle elezioni politiche – non sarebbe meglio allargare il campo, magari da Calenda a Pisapia, a prezzo di ammorbidire i programmi? 

“Personalmente ritengo che la strategia del “tutti insieme a prescindere” non funzioni proprio. Può funzionare a livello elettorale, ma quando si deve governare non si possono mettere insieme forze politiche che ritengono che il job act sia il peggiore di tutti i male e forze che pensano che quella riforma abbia aspetti positivi. Pensare di governare con dentro tutti, facendo una grande ammucchiata, non porta da nessuna parte. Ma questo è una mia opinione personale”.

Crede che Renzi dovrebbe rinunciare al ruolo di premier, se questo fosse il prezzo da pagare per allargare il centrosinistra, per un obiettivo più alto?

“Renzi ha vinto le primarie con grande successo e non si sono visti altri leader che lo hanno sfidato. Chiunque può presentarsi e sfidare Renzi, visto che il PD è un partito contendibile. Civati, D’Alema, Bersani, Montanari, Fratoianni, Pisapia e altri della galassia delle forze a sinistra non hanno, oggi, i numeri per sfidare la leadeship di Renzi. Non si può col 3% pensare di detronizzare il segretario di un partito che ha appena vinto le primarie e viaggia intorno al 28-30%”.

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