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Grappa italiana: un’eccellenza green che conquista il Giappone

A Tokyo, in occasione della “Settimana della cucina italiana nel mondo”, si parlerà della bevanda più green prodotta oggi in Italia – Un Report di AssoDistl conferma che i processi di realizzazione sono improntati alla circolarità

Grappa italiana: un’eccellenza green che conquista il Giappone

La grappa, una storia italiana”. Questo il titolo di una presentazione in programma il prossimo 25 novembre a Tokyo, dove il sommelier Hayashi Shigeru illustrerà virtù e tradizioni della grappa, un’eccellenza del nostro Paese che ha reso famosi storici distillatori in tutto il mondo. Shigeru – che conosce i vini italiani, ha lavorato in Italia e sta scrivendo un nuovo libro – parlerà nell’ambito della VI Settimana della Cucina Italiana nel Mondo.

L’incontro si annuncia di interesse per i degustatori giapponesi e più in generale per il mercato asiatico. D’altra parte, l’Italia è già oggi il maggiore esportatore di grappa nel mondo. La produzione ha fatto passi avanti sulla sostenibilità ambientale a tutela delle zone di produzione e i marchi più rinomati ne vanno orgogliosi.

In origine, la grappa era una bevanda povera, di solito prodotta nelle case dei contadini. Aiutava a sopportare il freddo, la neve, a restare vigili nella cura degli animali nelle malghe. Quando l’industria vitivinicola ne ha scoperto le qualità, ha perfezionato metodi di lavorazione e conservazione fino ad arrivare agli standard ecosostenibili di oggi. Questo prodotto tipico del Nord Italia ha conquistato mercati e gourmet, ottenendo un successo che ha indotto ad estendere la produzione ad altre Regioni e a creare Consorzi e Istituti di tutela per difendere la denominazione italiana, unica al mondo.

La maggior parte dei distillatori è ormai convinta che tutto quello che viene messo a invecchiare e poi imbottigliato debba rispettare i principi della tutela ambientale. Per questo i processi industriali sono organizzati seguendo i fondamentali dell’economia circolare, riutilizzando scarti e residui di lavorazione.

Pochi mesi fa l’AssoDistil (Associazione nazionale industriali distillatori di alcoli e acquaviti) ha presentato il primo “Report di sostenibilità” del settore, da cui emerge che nel 2019 le aziende hanno risparmiato 500mila tonnellate di anidride carbonica, prodotto 300mila megawattora di energia elettrica verde per autoconsumo e installato 300mila metri cubi di potenzialità per bioetanolo pulito. Una svolta che ha fatto crescere il valore commerciale di milioni di bottiglie.

Dai laboratori di distillazione esce un’ampia gamma di prodotti, che spaziano dal mercato alimentare a quello industriale, alla produzione di acidi, olii vegetali e fertilizzanti. Dai residui si ricavano anche energia elettrica verde, biogas e biometano. Le Distillerie Bonollo di Padova, ad esempio, hanno creato il Sub (Sistema Unico Bonollo) con la doppia distillazione. Un mix – spiegano – fra tradizione contadina, innovazione e “zero waste”. Nelle storiche cantine, una volta ottenuta la grappa, si prendono in carico altri sottoprodotti da usare per il successivo ciclo produttivo.

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