Il Tar del Lazio ha accolto parzialmente il ricorso presentato da Unicredit contro l’esercizio del golden power da parte del governo Meloni sull’offerta pubblica di scambio (Ops) lanciata dall’istituto guidato da Andrea Orcel su Banco Bpm. Il ricorso era stato presentato contro il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 aprile 2025, con cui l’esecutivo aveva imposto quattro condizioni ritenute fondamentali per la tutela dell’interesse nazionale.
L’Ops, annunciata pubblicamente da Unicredit il 25 novembre 2024, mira a consolidare la presenza del gruppo nel mercato bancario italiano attraverso l’acquisizione della totalità delle azioni ordinarie di Banco Bpm. L’esercizio del golden power aveva introdotto limitazioni che, secondo Unicredit, interferivano eccessivamente con la propria autonomia strategica e industriale, tanto da spingerla ad adire le vie legali.
I due punti accolti dal Tar: impieghi/depositi e project finance
La sentenza del Tar riconosce fondate le censure di Unicredit su due delle quattro prescrizioni imposte dal governo, ritenendo che esse vadano riviste in quanto non pienamente proporzionate o giustificate.
Il primo punto riguarda l’obbligo, imposto per cinque anni, di non ridurre il rapporto impieghi/depositi in Italia da parte di Unicredit e Banco Bpm, con l’obiettivo dichiarato di sostenere famiglie e Pmi. I giudici amministrativi hanno considerato non proporzionata la durata quinquennale della misura, ritenendo che un vincolo temporale rigido e predefinito non possa essere imposto in assenza di un piano industriale definito.
Il Tar scrive che “la fissazione di un termine quinquennale non è ragionevole” e che la durata della prescrizione dovrebbe seguire, piuttosto che precedere, la valutazione concreta dei dati economici e la definizione del piano industriale. Viene dunque disposto un obbligo per il governo di rivalutare la misura sotto il profilo temporale, in un’ottica di proporzionalità e dialogo con l’istituto ricorrente.
La seconda misura annullata riguarda l’obbligo, imposto sine die, di mantenere invariato il livello del portafoglio di project finance detenuto da Unicredit e Banco Bpm. Il Tar ha ritenuto che tale prescrizione, senza alcun limite temporale, configuri un’ingerenza diretta e inammissibile del potere pubblico nella strategia creditizia della banca.
Il tribunale sottolinea come il vincolo non si limiti a salvaguardare la presenza di Banco Bpm sul mercato del project finance, ma condizioni direttamente l’autonomia decisionale di Unicredit, andando oltre il perimetro di legittimità del golden power.
Le misure che restano: investimenti su Anima e via dalla Russia
Accoglimento parziale del ricorso, quindi, due delle quattro prescrizioni impugnate restano pienamente valide. Il Tar le ha ritenute legittime e coerenti con le finalità del golden power.
È confermata la richiesta a Unicredit di mantenere il peso attuale degli investimenti di Anima Holding – di cui è azionista – in titoli emessi da soggetti italiani, e di supportarne lo sviluppo. Secondo il governo, tale vincolo è giustificato dalla necessità di garantire la stabilità del risparmio gestito e sostenere il mercato dei capitali domestico.
Rimane infine l’obbligo per Unicredit di cessare entro nove mesi tutte le attività finanziarie nella Federazione Russa. Il Tar ha respinto le censure della banca, ritenendo legittima la misura in considerazione dei rischi geopolitici e delle sanzioni internazionali in corso. Secondo fonti vicine all’istituto, la concreta applicabilità di tale obbligo è limitata dalle restrizioni imposte dalle autorità russe, che rendono materialmente difficile la cessione delle attività.
Soddisfazione in casa Unicredit
In casa Unicredit la sentenza del Tar viene quindi accolta con una certa soddisfazione. Pur avendo lasciato in piedi alcune delle prescrizioni imposte dal governo, il pronunciamento rappresenta un precedente rilevante: è la prima volta che un intervento così esteso di golden power viene, almeno in parte, ridimensionato da un giudice amministrativo.
La decisione non appare tale da compromettere l’Ops su Banco Bpm, che resta formalmente aperta fino al 23 luglio. Unicredit però potrebbe convocare a breve il consiglio di amministrazione per valutare le implicazioni strategiche e operative del verdetto, anche alla luce del giudizio ancora pendente della Commissione europea sulla compatibilità del golden power con il diritto dell’Unione.