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Giuseppe Iannotti, due ore e mezzo per navigare il mondo da Telese

Il suo ristorante Kresios a Telese Terme, una stella Michelin, concepito come un viaggio attorno al mondo per esaltare il patrimonio della materia prima e delle tradizioni del territorio. E c’è anche un laboratorio per studiare nuovi scenari culinari

Entrare in un ristorante, sedersi sul sedile di un virtuale aereo in grado di volare alla velocità di un missile intercontinentale, allacciare le cinture di sicurezza, e nel tempo di due ore e mezza, fare il giro del mondo e ritrovarsi al punto da cui si era partiti. Questo è quello che può capitare alla base di partenza di Telese Terme, un tranquillo comune di 7.000 anime a trenta chilometri da Benevento ai piedi del monte Pugliano, dalle cui falde sgorgano sorgenti di acqua sulfurea che alimentano gli stabilimenti termali. Siamo, come si conviene a tutte le basi spaziali, un po’ lontani dal mondo, in un paesaggio tutto boschi, laghi e rivi solfurei.

Qui c’è Kresios, un nome che sembra mutuato dal linguaggio missilistico, e invece è tutt’altro: è l’antico nome di Dioniso il dio del risveglio della natura, dell’estasi, della danza e del vino. E a Kresios si è ispirato il giovane Giuseppe Iannotti, quando pensò di coronare il suo sogno di aprire una cucina che volasse su spazi nuovi, non convenzionali, oltre il vissuto tradizionale. Una cucina che implode come la divinità greca che rappresenta la prorompente energia della natura al momento del suo risveglio, la forza vitale e istintiva che spinge i frutti alla maturazione.

Il volo dura dunque due ore e mezzo. Tanto occorre allo Chef per proporre la sequenza di decine di piccole portate, 35 assaggi, circa 200 ingredienti, che tracciano il suo percorso culinario, con due tragitti prefissati: Mister Pink e Mister White con un ritmo che non conosce soste, serrato, incalzante, che vuole stupire e dare sensazioni nuove.

Ritmi da ingegneria informatica, che gli derivano di suoi studi universitari interrotti alla vigilia della laurea per incapacità di saper resistere un solo minuto di più alle Sirene dei fornelli che in fin dei conti lo incantavano fin da piccolo. E una concezione culinaria che mutua da ingegneria informatica anche la propensione alla straordinarietà, sempre in cerca di nuove tecniche e nuovi prodotti per una cucina che vuole intrigare l’avventore stimolando l’interesse del ragionamento nella conquista di nuove frontiere prima del palato e dello stomaco.

“Dare emozioni” è il suo credo, per rendere sempre più consapevole il consumatore finale di quanto il cibo sia ottimizzabile attraverso lo studio costante e l’utilizzo di una specifica tecnica. Una visione, la sua, che guarda oltre il territorio, rivolgendosi a una clientela più ampia, non solo locale.

Guarda oltre il territorio ma, attenzione, per ritornarvi rimanendovi sempre visceralmente più ancorato, un po’ come capita con i boomerang australiani che al termine delle loro incredibili evoluzioni aeree poi ritornano sempre al punto da dove è iniziato il lancio. Perché per Iannotti ciò che è importante per il suo lavoro è “far arrivare il mondo qui a Telese, non potendo portare fisicamente la mia terra in giro per il globo”.

Insomma quando si entra nell’astronave Kresios, realizzata in una vecchia masseria di famiglia, appena fuori Telese Terme, ambiente moderno e minimal, 16 coperti in tutto, cucina open perché nulla sfugga all’occhio, nessuna carta, ci si accorge immediatamente che qui la convenzione, il tradizionale concetto di ristorazione, sono alle spalle di questo giovane 38enne che in pochi anni è già riuscito mettersi sul petto diverse medaglie: una stella Michelin, il Premio Innovazione in Cucina e tre cappelli per Le Guide de L’Espresso, 88 e due forchette per la Guida del Gambero Rosso, esponente dell’Associazione Jeunes Restaurateurs d’Europe (JRE), Premio Vent’anni San Pellegrino a un protagonista emergente della scena gastronomica italiana, membro dell’Associazione Le Soste la prestigiosa Associazione di ristorazione in Italia istituita da Gualtiero Marchesi.

Un risultato che ha premiato il suo spirito ribelle, la sua voglia di sperimentare e conoscere, la sua sete di una cultura del mondo da coniugare con i prodotti della sua terra.

Proprio questa sete lo porta a viaggiare continuamente. E a chi gli fa notare che uno Chef dovrebbe presidiare le sue cucine rispose in un’intervista “Al cliente piace l’idea dello chef che lo santifica ed esce dalla cucina per salutarlo. Ma cosa cambia davvero per loro se io ci sono o meno? Ho solo due mani e una testa, se la struttura funziona senza lo chef è un buon segno”. E allora via in giro per le cucine del mondo a studiare, sperimentare, apprendere, esplorare territori nuovi da rapportare poi ai prodotti della sua terra.

E non è tutto, perché accanto al suo ristorante Iannotti ha voluto realizzare anche un laboratorio, mirato alla sua clientela, ma mirato anche alle aziende, una piazza reale dove ci si incontra si dialoga, ci si scambia esperienze con aziende, con chef internazionali, con amici, con i propri clienti, si studiano ricette e materie prime, lavorazioni degli ingredienti, ci si sofferma anche sulla convessità dei cucchiai, si studia e si ricercano mille particolari per far sentire l’avventore a proprio agio al centro di questo lungo viaggio.

Insomma che sia un po’ atipico, a questo punto lo si è capito. Ma a pensarci bene non è poi così cambiato dalla sua gioventù che lui ricorda in questi termini: “La mia gioventù l’ho trascorsa sui libri di scuola, o meglio, non come secchione ma con un approccio personale allo studio: attenzione e velocità per non sprecare il tempo a fare solo quello. Ho frequentato il liceo scientifico e poi ingegneria informatica. Ho importato pesci dall’Amazzonia a 18 anni, i discus da Manaus, e gli ángel – o pesci angelo- volgarmente chiamati “scalari da acqua dolce”. Sono stato uno di quelli che utilizzava il sale per il trattamento dei pesci d’acqua dolce, ad esempio, ma anche anche carpfishing sportivo…”.

Spaziava lontano fin da allora. E quando si è trattato, dopo una scuola alberghiera, di preparare la sua nuova vita fra pentole e fornelli, al posto di quella informatica alla quale sembrava predestinato, si è buttato a capofitto, da solo, ostinato come un bue, a scoprirne i segreti. Sempre in solitario, senza frequentare scuole e cucine ‘firmate’ perché per lui è la scoperta quello che conta.

 “Non ho seguito nessun corso di formazione, solo un serale fatto in due anni per avere il diploma alberghiero completo, requisito per avere una licenza per ristorazione a quei tempi. Il mio unico stage è stato ad Alinea Chicago nel 2014, quando però avevo già una stella Michelin”. Ma prima c’è stato il fondamentale incontro con un testo sacro dell’alta cucina, una bibbia in cinque volumi “Modernist Cuisine: The Art and Science of Cooking” di Nathan Myhrvold. Una persona che gli si attaglia a pennello: Chief technology officer di Microsoft, nella quale fu artefice di numerosi brevetti, Myhrvold, al vertice di una carriera planetaria che lo aveva portato a collaborare con Bill Gates, decise che doveva dare una svolta definitiva alla sua vita.

E fu addio al mondo dei pc, dei programmi, delle applicazioni, delle intelligenze artificiali, per un periodo di aspettativa che gli servì a ottenere il diploma di cucina presso l’École de Cuisine La Varenne, in Francia.

E fu così che il fondatore di Intellectual Ventures (IV) si trasformò in uno scienziato in cucina con l’approccio tipico di un genio. Il frutto delle sue ricerche finì in cinque poderosi volumi: Modernist Cuisine: The Art and Science of Cooking, la Bibbia dei nuovi Chef. I guru della cucina internazionale – Ferran Adrià tra i primi – lo riconobbero come uno degli scritti di cucina più importanti del secolo. Mentre Forbes ne ha parlato come “the world’s most influential and profitable cookbook”.

Il massimo per un ingegnere informatico come Iannotti, e, ovviamente, il nostro ne subì immediatamente il fascino (in fin dei conti parlano lo stesso linguaggio) ci si immerse, divorò famelicamente in cinque poderosi volumi. E poi, per assimilarli meglio, li rilesse di nuovo da capo a fondo.

Se gli chiedi chi sono oggi i suoi chef di riferimento ti risponde: ”Tutti sono riferimenti, e nessuno. Non mi piacciono i marchi di fabbrica o quando qualcuno mi dice assomiglia a… Ho tanti amici nel mondo”.

Insomma un lupo solitario, meticoloso, allegro, instancabile, sempre pronto a sperimentare e crescere, a provare nuove strade e nuove forme di espressione, a tratti egocentrico, che vive i riconoscimenti come attributi, quasi come se non ne godesse a pieno. “Perché – confessa – non appena ricevo una notizia che a tutti farebbe saltare di gioia, dopo un secondo sto pensando già ad alzare l’asticella. Direi che la cosa che più mi dà fastidio è proprio quando si sottolineano i punteggi: da stelle a forchette cappelli o pubblicazioni. Io li considero attributi non il motivo per venire al Krèsios”.

Ma se poi al Kresios ci si arriva e si assaggia il suo Spaghetto allo scoglio, dove si lavora sull’estrazione e sulla concentrazione di pesci e crostacei, per ottenere una salsa liquida dal colore rosso acceso, di grande sapidità, in cui ultimare la cottura – quasi risottata – degli spaghetti, che così ne acquisiscono colore, gusto e iodio marino, così come quando ci si trova di fronte alla Pastina al formaggino, che riporta alla memoria la gioia dell’infanzia e delle prime ‘pappe’, sia per il gusto cremoso che per il divertente boccone preso dalla ciotolina di Topolino, con il cucchiaino morbido dei bambini, o ancora la “ventresca di tonno, bietole e brodo di katsuobushi di vitello”, nato dall’incontro di Iannotti con la tradizione giapponese, allora si capisce bene su quali basi e su quali principi si concretizzi il suo modernismo in cucina.

Che lui spiega così: “Cerco attraverso i miei piatti di dare vita a una cucina ricercata e piena di ispirazione, che va oltre i confini ma che allo stesso tempo marca il forte legame con il mio territorio, rendendo ogni esperienza unica. Bisogna andare oltre con la mente per uscire dai confini, e questo è quello che cerco ogni giorno di far percepire a chi viene al Krèsios”.

Ritorniamo così al punto di partenza, alla virtuale navetta spaziale che riesce a fare il giro del mondo in due ore e mezzo, Telese Terme andata e ritorno, fisicamente resterete seduti ai tavoli della vecchia masseria, mentalmente avrete esplorato confini lontani e suggestivi.

Ha 38 anni ma ho tutta l’impressione che una stella Michelin gli sia stretta.

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