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Giorgetti (Lega): nazionalizzare Autostrade no ma sforare il 3% sì

Il sottosegretario della Lega conferma le proprie obiezioni alla nazionalizzazione di Autostrade, caldeggiata dai Cinque Stelle, ma manda un segnale preoccupante al ministro Tria e a Bruxelles dicendosi possibilista sul superamento del 3% del deficit pubblico rispetto al PIl

Giorgetti (Lega): nazionalizzare Autostrade no ma sforare il 3% sì

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti torna a parlare del caso Autostrade e della revoca delle concessioni avviata dal Governo Conte in seguito al crollo del ponte Morandi di Genova.

“Bisogna andare dritto per dritto. C’è una procedura già avviata, a tutti si concede il diritto di difesa, avranno pochi giorni per rispondere e poi si deciderà”. Queste le parole pronunciate da Giorgetti nel corso dell’intervista rilasciata  Peter Gomez nell’ambito della festa de Il Fatto quotidiano a Marina di Pietrasanta (Lucca).

“La cosa singolare – continua il sottosegretario – è che non esista nella concessione una procedura che formalizza la revoca”. Il problema secondo lui, è che ciò che è successo “è talmente eclatante che, a mio giudizio, non capisco come non possa essere ritenuta responsabile anche la società Autostrade, oltre a chi doveva vigilare”.

Parlando dell’ipotesi di nazionalizzare la rete autostradale italiana però il numero due della Lega tira il freno ed esprime “dubbi sul fatto che l’Anas abbia le strutture tecniche e le capacità per fare cose del genere”.  “Ipotizziamo – ha proseguito – che la concessione sulle autostrade venga revocata. A quel punto lo Stato avrebbe davanti due possibilità: fare le cose in casa e nazionalizzarle usando l’Anas o non so bene cosa” oppure “l’alternativa è fare un bando europeo in cui mettere a gara le concessioni, a condizioni diverse per quanto riguarda le manutenzioni, tariffe, e poi chi partecipa vince”.

Dopo aver risposto ad alcune domande relative al futuro della Lega dopo l’inchiesta sui fondi che, secondo Giorgetti potrebbe portare alla chiusura del partito, l’esponente del Carroccio si è soffermato sull’ormai celeberrimo tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil, mandando un chiaro segnale al numero uno dell’Economia, Giovanni Tria: “Sfondare il tetto del 3%? Se è necessario per mettere in sicurezza questo Paese anche s’, ma credo sia nell’interesse di tutta l’Europa”.

“Io distinguo – ha spiegato – tra quello che è l’indebitamento netto in situazioni normali rispetto all’indebitamento netto sommato a una situazione che è stata evidenziata in modo drammatico dalla disgrazia tremenda di Genova ma che adesso inizia a diventare sotto gli occhi di tutti: il fatto che in questo Paese negli ultimi vent’anni non si sia fatta più una spesa per investimenti seria, soprattutto sotto l’aspetto del capitale infrastrutturale”. L’assenza di investimenti “rende indispensabile e urgente il fatto che si metta mano non soltanto ai ponti, qui ci sono le scuole a rischio, qui ci sono gli edifici pubblici a rischio. Una serie di situazioni per cui dobbiamo intavolare con l’Europa un negoziato serio su questo tema”.

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