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Gioielli italiani: +8% sul 2019 nonostante i prezzi delle materie prime

I distretti orafi sono tutti in netto recupero a parte quello di Valenza: boom dell’export verso gli Stati Uniti. L’inflazione si correggerà ma i prezzi saranno a livelli elevati per cinque anni

Gioielli italiani: +8% sul 2019 nonostante i prezzi delle materie prime

Il settore orafo italiano gode di ottima salute, nonostante la risalita dei prezzi delle materie prime e la loro scarsità. A fotografare lo stato di salute di questo mercato è un report della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, che evidenzia come l’Italia si stia dimostrando capace di cogliere i segnali positivi della ripresa della domanda mondiale di gioielli in oro (+54% nel 1° trimestre 2021 e +60% nel 2° trimestre). Il fatturato delle imprese italiane è in crescita dell’80% rispetto ai minimi del 1° semestre dello scorso anno, ma soprattutto è già dell’8% superiore rispetto allo stesso periodo del 2019. Anche le esportazioni italiane di gioielli in oro hanno già recuperato i livelli pre-crisi sia in quantità (+3,6%), sia in valori (+0,4%), grazie soprattutto al traino degli Stati Uniti, tornati ad essere uno dei motori della crescita del settore: +69% rispetto al 2019 in valori, +37% in quantità.

Molto bene anche la domanda cinese, soprattutto nel primo trimestre 2021 quando è cresciuta del 216%, superando i valori del 2019, mentre nel secondo trimestre oltre agli Usa si distinguono in particolare i paesi del Medio Oriente (+190%) e la Russia (+158%). Anche a livello territoriale nel 2° trimestre si registra un forte rimbalzo a conferma dei segnali di recupero già rilevati nel periodo gennaio-marzo: in particolare, i distretti di Arezzo e Vicenza ottengono un valore di esportazioni già superiori al 1° semestre 2019, mentre il distretto di Valenza non ha ancora recuperato completamente il divario con il livello pre-crisi. In particolare il distretto veneto cresce di quasi il 13% rispetto al primo semestre 2019, con un +75% delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Stesso ruolino di marcia per il distretto toscano, che quasi raddoppia il fatturato negli Usa. Entrambi registrano flessioni solo nell’export verso Hong Kong.

Il distretto piemontese invece, che ha sofferto maggiormente nel corso del 2020, ancora mostra un calo rispetto al pre-crisi, penalizzato dal ritardo nel mercato francese (-17,8% rispetto al 1° semestre 2020) e dal continuo peggioramento delle esportazioni verso la Svizzera (-15,1% nel 1° trimestre, -7,8% nel 2° trimestre). I segnali di recupero dunque ci sono tutti, nonostante il problema del mercato delle materie prime: la loro scarsità sta determinando un’impennata dei prezzi preoccupante, ma nemmeno troppo. Anzi secondo Intesa Sanpaolo “la mano invisibile del mercato riuscirà gradualmente a ripristinare l’equilibrio, poiché le elevate quotazioni stanno sollecitando una risposta sul fronte dell’offerta, mentre l’erosione della domanda e i progressi tecnologici potrebbero frenare i consumi di alcune materie prime. Tuttavia, questi processi di adeguamento richiederanno tempo e dovremmo prepararci a quotazioni delle materie prime che si mantengano su livelli superiori alla media a cinque anni per un periodo prolungato”.

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