Decine di migliaia di persone che vivono sulla costa nord-orientale giapponese si apprestano a passare il terzo inverno in abitazioni temporanee. Rimasti senza casa nel marzo del 2011, a seguito del potente terremoto e conseguente tsunami che ha colpito il Giappone, attendono ancora che i piani di ricostruzione siano portati a termine. Dopo dibattiti e lungaggini burocratiche durate per tre anni, l’opera di ricostruzione è infatti rallentata dalla mancanza di lavoratori specializzati e dalla scarsità di materiale. ATanohata, una cittadina portuale di 3.800 persone, solo un decimo delle abitazioni è stato portato a termine. Nel complesso delle aree colpite, il numero delle case ricostruite si aggira intorno all’8 per cento e solo un quarto del progetto di ricostruzione è stato avviato.
A frenare la ricostruzione sono anche i lavori di costruzione e rinnovamento relativi alle Olimpiadi di Tokio previste per il 2020 che stanno assorbendo manodopera e materiale. Ma i residenti delle zone terremotate sono disperati: “Fa freddissimo” commenta Shio Hironai, 53 anni, il cui prefabbricato che gli ha fatto da casa per tre anni, manca di muri insulanti. “Anche il tetto sta cedendo”.
Ieri in Giappone è stato il terzo anniversario del disastro naturale che è costato la vita a 15.884 persone e ha fatto 2.636 dispersi. Il conto della ricostruzione al marzo 2016 è stato calcolato in 25 trilioni di yen. Nel frattempo, 50mila abitanti di Fukushima non possono ancora tornare a casa per via delle possibili radiazioni.
La priorità data alle grandi infrastrutture a scapito delle abitazioni private sta portando molte persone ad abbandonare le zone colpite e a cercar fortuna altrove.
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