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Fuori era Primavera: Salvatores racconta l’Italia del lockdown

“Fuori era primavera. Viaggio nell’Italia del Lockdown” raccoglie una sintesi visiva di quei giorni, di quei momenti, rendendo bene la drammaticità di ciò che abbiano vissuto e che purtroppo potremmo rivivere. Un documento di storia nazionale per ricordare comprodotta da Rai cinema

Fuori era Primavera: Salvatores racconta l’Italia del lockdown

Sono passati pochi mesi da quando il nostro Paese è uscito da un incubo che nessuno avrebbe mai potuto immaginare: circa 90 giorni di chiusura totale, di blocco di ogni attività, di segregazione in casa per milioni di persone. È iniziato tutto alla fine di febbraio quando, appunto “Fuori era Primavera”.

Oggi ne parliamo come un periodo lontano, che speravamo fosse già passato sui libri di storia, archiviato, e che invece minaccia di ripresentarsi. Durante quel tempo c’è stato un racconto che è stato anzitutto di immagini forti, potenti: come dimenticare la fotografia dell’infermiera accasciata sul computer, il Papa sul sagrato di San Pietro, le colonne di camion militari, le città deserte, i lenzuoli alle finestre con “andrà tutto bene”? È il destino delle forme e delle figure drammatiche: per un verso vorremmo dimenticarle per sempre e, per altro verso, vorremmo mantenerle in mente come monito o come insegnamento. Sui temi delle immagini durante i giorni del lockdown su FIRSTonline abbiamo scritto molto.

Il film di Salvatores raccoglie una sintesi visiva di quei giorni, di quei momenti, e rende bene la drammaticità di quanto abbiamo attraversato. È necessario, opportuno rivedere cosa è successo e chi ha coinvolto. Gli autori dei filmati sono le stesse persone che sono state protagoniste, dirette e indirette di quel racconto di primavera: i parenti, i figli, i nipoti e i nonni, le donne che stavano per partorire, i malati intubati, i medici e gli infermieri in prima linea. Noi tutti che in mille modi diversi abbiamo attraversato quel periodo. È un racconto di persone ma anche di luoghi, quelli intimi e privati e quelli pubblici: il lettone di famiglia dove saltano i bambini come pure le strade, i vicoli, le piazze dove si svolge la vita collettiva. Infine, il lavoro di Salvatores ricorda le figure “sociali”: i volontari che durante quei giorni si sono presi cura di chi non poteva uscire, di chi non poteva lavorare e aveva bisogno di assistenza.

“Viaggio nell’Italia del lockdown” non è un film, è anzitutto un documento storico e in questa chiave può essere visto. La storia, come è noto, richiede tempo per sedimentare le emozioni, per separare i fatti dai sentimenti, per essere scritta compiutamente. Durante la visione, difficile non andare con il pensiero a queste ore e a quanto potrebbe avvenire nei prossimi giorni. Difficile non ricordare che proprio ieri il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha varato un nuovo DPCM che sembra riportarci, almeno in parte, alla scorsa primavera. Ecco il limite e il pregio di questo documentario è esattamente nel trovarsi nella terra di confine tra un passato recente non ancora concluso e un futuro incerto e confuso.

Dalle immagini, dal racconto che ci propone Gabriele Salvatores, si avverte l’aria di qualcosa che è passato quando invece purtroppo, non sembra proprio così. Comunque, si vedono scorrere immagini di un’Italia buona, ottimista, positiva, forte e solidale come talvolta, magari con una punta di retorica, si dipinge troppo facilmente. Ma un documentario è esattamente quello che significa e quello che si propone di essere: raccoglie e registra ciò che le immagini sono in grado di rappresentare, ciò che siamo stati durante la scorsa primavera e che vorremmo tanto che non si ripetesse mai più.

Nota a margine. Si tratta di un documento di storia nazionale, un patrimonio pubblico e collettivo e come tale dovrebbe essere trattato e proposto al grande pubblico. È stato realizzato anche da Rai Cinema e dovrebbe essere trasmesso a novembre su una rete Rai. È auspicabile inoltre  che possa circolare a titolo gratuito dovunque possa essere utile a ricordare, a non dimenticare.

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