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Fukushima: Tepco condannata a un risarcimento di 94 miliardi di euro per l’incidente nucleare

Un Tribunale di Tokyo ha condannato la società per non essere stata in grado di prevenire l’incidente avvenuto a seguito del terremoto e dello tsunami dell’11 marzo 2011

Fukushima: Tepco condannata a un risarcimento di 94 miliardi di euro per l’incidente nucleare

È arrivata una nuova sentenza, pesantissima, relativa al disastro nucleare di Fukushima, avvenuto nel marzo del 2011. Un Tribunale di Tokyo ha giudicato colpevole la società giapponese Tepco (Tokyo Electric Power, la più grande compagnia del Paese) per non essere stata in grado di prevenire l’incidente nucleare che causò la dispersione di radiazioni nelle zone circostanti a seguito del terremoto e dello tsunami che provocarono il collasso della struttura della centrale nucleare.

La condanna: maxi risarcimento di 94 miliardi

Un Tribunale di Tokyo ha giudicato colpevole Tepco, condannandola a pagare un maxi risarcimento di 13mila miliardi di yen, pari a circa 94,6 miliardi di euro. La cifra comprende le spese per lo smantellamento dei reattori danneggiati, ma anche il risarcimento per i residenti locali che sono stati costretti a evacuare, lasciando le loro case.

La sentenza pone fine a un contenzioso iniziato nel 2012 contro gli ex dirigenti del gruppo relativo al livello di affidabilità di una valutazione delle attività sismiche nell’area eseguita da una commissione governativa nel 2002, nove anni prima dell’incidente. Secondo gli azionisti la valutazione era credibile e i gestori avrebbero dovuto fare di più per salvaguardare l’impianto da un enorme tsunami, evento raro ma che era lecito attendersi.

Gli ex dirigenti, invece, affermano che la valutazione non fosse attendibile, quindi non potevano prevedere i danni di uno tsunami di quella portata, e che non ci fosse comunque il tempo di adottare le misure preventive necessarie. 

Cosa è successo nella centrale nucleare di Fukushima

Il disastro di Fukushima fu l’incidente nucleare più grave dopo il quello di Černobyl’. Non a caso, sono gli unici due ad essere stati classificati come livello 7 della scala INES, cioè il livello di gravità massima degli incidenti nucleari.

Avvenne l’11 marzo del 2011, quando una scossa di terremoto prima e uno tsunami poi si abbatterono sulla centrale, la quale non era adeguatamente protetta: le sue barriere anti-tsunami infatti erano alte meno di dieci metri, mentre l’onda di maremoto raggiungeva i quattordici metri. Lo tsunami distrusse i generatori di emergenza che alimentavano i sistemi di raffreddamento dei reattori 1, 2 e 3, e anche la linea elettrica ad alta tensione che li collegava ai reattori 5 e 6. Ciò causò un black-out elettrico e il blocco dei sistemi di raffreddamento nei primi tre reattori. Nelle ore e nei giorni successivi, negli edifici dei reattori si verificarono quattro distinte esplosioni, causate da fughe di idrogeno, alcune delle quali distrussero le strutture superiori degli edifici di due reattori. Non solo, in seguito al rilascio di radioattività nell’aria e alla contaminazione dei terreni circostanti, le autorità ordinarono l’evacuazione dei residenti entro un raggio di 20 chilometri.

Il 5 luglio 2012 una commissione d’inchiesta appositamente nominata concluse che le circostanze che portarono al disastro sarebbero potute essere previste e l’incidente evitato con adeguate misure di sicurezza.

Negli ultimi undici anni il governo ha speso circa 250 miliardi di euro (32.1 trilioni di yen) per ricostruire la regione devastata dallo tsunami, ma le aree intorno all’impianto di Fukushima rimangono chiuso.

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