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Francia, Macron “rottama” l’Ena: “Serve una scuola più aperta”

Il presidente francese ufficializza oggi una svolta annunciata da tempo: l’École nationale d’administration, istituto di formazione delle elite pubbliche dalla quale lui stesso è uscito, chiuderà i battenti dopo 76 anni – E’ una decisione storica

Francia, Macron “rottama” l’Ena: “Serve una scuola più aperta”

Emmanuel Macron abolisce l’École nationale d’administration (Ena), o meglio la riforma completamente. Il presidente francese lo aveva annunciato due anni fa, in piena crisi dei gilets gialli: la scuola formazione dell’alta funzione pubblica francese, istituita nel 1945 e che ha “sfornato” metà dei presidenti della Repubblica dal 1958 ad oggi (quattro su otto, compreso lo stesso Macron e prima di lui Valéry Giscard d’Estaing, Jacques Chirac, François Hollande), non ha più ragione di esistere così come è concepita adesso. L’Ena dunque non esisterà più e sarà sostituita da un’altra scuola che possa, nelle intenzioni del Capo dello Stato, modernizzare l’alta formazione pubblica, allargandola ad una platea più ampia e più eterogenea, e non più proveniente quasi esclusivamente dalla Grande Ecole di Sciences Po, l’elitario istituto di studi politici di Parigi, la cui Scuola di Affari Internazionali è stata fino a poco fa diretta dal neo segretario del Pd Enrico Letta.

L’annuncio viene dato da Emmanuel Macron oggi, giovedì 8 aprile, anche se la riforma entrerà in vigore all’inizio dell’estate dopo un passaggio in consiglio dei ministri. Della pratica si sta occupando Frédéric Thiriez, avvocato al Consiglio di Stato e alla Corte di Cassazione e anche ex presidente della Lega calcio francese. “L’Ena sarà sostituita con qualcosa che funziona meglio. Abbiamo bisogno di servizi d’eccellenza e non più soltanto di posti di lavoro garantiti a vita”, ha detto di recente Macron riferendosi alla frequente accusa, formulata nel tempo dai critici nei confronti dell’Ena, di rappresentare una vera e propria casta, all’interno della quale vengono cooptate le più alte cariche dello Stato. Lo stesso presidente, che pure all’Ena ci ha studiato, ha definito la scuola una “moule à pensée unique”, cioè uno stampino da pensiero unico. Il nuovo istituto sarà invece “più internazionale e aperto al mondo universitario e della ricerca”.

Insomma la scuola delle elites francesi dopo oltre 70 anni cambia nome e volto e, almeno nelle intenzioni, si adegua ai tempi: “Le nuove elites – auspica Macron – devono acquisire una cultura della trasformazione delle idee sul campo e dell’esecutività, e non più concentrarsi sull’elaborazione e la “sofisticazione” della norma”. I futuri grand commis o civil servant che dir si voglia dovranno dunque essere “più vicini al mondo delle startup e della Francia che si muove, piuttosto che posizionarsi al fianco delle grandi imprese che non fanno altro che incoraggiare il conformismo”. E’ facile tuttavia pensare che la nuova Ena non sarà comunque alla portata di tutti. Finora la selezione è stata molto rigorosa: per entrare serve la laurea e in una delle ultime prove di ammissione, quella del 2015, solo il 6% dei candidati (già ampiamente scremati in partenza) è stato ammesso. Ogni anno, su tremila candidati solamente ottanta sono effettivamente ammessi.

L’Ena chiude i battenti, ma non senza aver profondamente segnato la storia della Francia dal Dopoguerra ad oggi. Come detto, quattro presidenti della Repubblica sono stati “enarques” (il primo Giscard nel 1974), ma anche 8 primi ministri, tra i quali vale la pena citare l’ex candidato socialista all’Eliseo, Lionel Jospin, e gli ultimi due in carica sotto Macron, Edouard Philippe e l’attuale premier Jean Castex. Tra i ministri, il record è stato toccato con la presidenza di Georges Pompidou, quando il 37% della sua squadra di governo proveniva dalla grande scuola. Successivamente anche Mitterrand e Chirac hanno attinto al serbatoio Ena, anche se in misura inferiore. L’apice si è però toccato in uno di quei governi di “cohabitation”, cioè quando Mitterrand e Chirac governarono insieme, il primo da presidente e il secondo da primo ministro: in quel caso un ministro su tre era un “enarca”. Curiosità: i ministeri più “enizzati” sono stati nei decenni quello degli Esteri e quello della Cultura.

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