Via libera, a maggioranza, all’aumento di capitale di 1,1 miliardi per Fondiaria-Sai. L’assemblea, con il voto favorevole dell’84% dei votanti e l’astensione del 15,4% (tra cui l’8% detenuto da Palladio e Sator), ha dato il via all’operazione che si dovrebbe concludere con una fusione a quattro con Premafin, Milano assicurazioni ed Unipol, anch’essa riunita in assemblea.
La Borsa accoglie con grande favore l’esito delle votazioni di Bologna (Unipol) e Torino (Fonsai), a giudicare dal bollettino dei rialzi: Fonsai (+3,96%), Premafin (+13,54%), Milano (+3,12%) e Unipol (+3,88%). Ma la partita non è ufficialmente chiusa. Gli sfidanti Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo non si tirano indietro, nonostante la disparità dei numeri in campo. Già domani, infatti, Sator e Palladio Finanziaria presenteranno alla comunità finanziaria le linee guida del progetto industriale di rilancio del Gruppo Fondiaria-Sai alternativo a quello della fusione con Unipol.
In realtà, non si sa con quanta sincerità, il presidente Jonella Ligresti ha sottolineato che Fonsai non ha necessità di trovar marito. “Se l’integrazione Unipol svanisse – ha detto – Fonsai si adopererebbe per eseguire un aumento di capitale autonomo” che però “dovrebbe essere nuovamente autorizzato da Isvap” visto che si tratterebbe di “uno scenario al momento non contemplato”. Una manifestazione di ottimismo che lascia perplessi, se si pensa al “buco” emerso nei mesi scorsi. Ma la stessa Ligresti ha fatto notare che la situazione di mercati e spread è migliorata. Perciò, ha aggiunto, mi sento serena anche “alla luce della disponibilità di Mediobanca a organizzare un consorzio di garanzia fin dal Cda del 23 dicembre scorso” . Anzi, in risposta alle domande di Sator e Palladio, Jonella Ligresti si è spinta a prevedere un utile netto di 400 milioni nel 2014, con un margine di solvibilità del 150%, nel caso di esecuzione dell’aumento di capitale, nell’ipotesi ‘stand alone’.
In realtà, come è più che evidente, l’ipotesi stand alone non è stata presa in considerazione dal cda. Anche perché, se saltasse il piano Unipol, occorrerebbe ripartire da zero per quanto riguarda il consorzio di garanzia, saldamente nelle mani del creditore Mediobanca e dell’azionista-creditore Unicredit, un asse saldo che non è stato scalfito dalle avances di Palladio e Sator. Cosa che si spiega, tra l’altro, con la necessità di procedere al salvataggio, tutt’altro che indolore, anche della capogruppo Premafin: l’impatto della capofila quotata di casa Ligresti sulla solvency è pari a 16 punti percentuali più altri 5 legati all’eventuale esercizio dei diritti di recesso da parte degli azionisti di minoranza Premafin, ha precisato il presidente aggiungendo che il solvency ratio consolidato è pari al 62%.
Risposte che Palladio e Satyor hanno ritenuto non soddisfacenti sul piano dell’informativa e della trasparenza. “Di fronte a un difetto di informativa non posso che preannunciare un voto di astensione” sull’aumento di capitale Fonsai. Così si era infatti espresso Stefano d’Angelo , rappresentante di Palladio, davanti all’assemblea. Dalla società sono arrivate “risposte chiaramente insoddisfacenti”, aveva incalzato il delegato di Roberto Meneguzzo. Il presidente di Fondiaria Sai Jonella Ligresti “ci ha detto e ha ribadito che in caso di mancata integrazione ci troveremo di fronte a un nuovo scenario – ha sottolineato -. Mi chiedo quanto nuovo sia tale scenario per questo Cda”. D’Angelo ha poi fatto riferimento alla “presenza di un fantomatico piano che il mercato scopre oggi che sarebbe esistente” aggiungendo quindi che ciò “lascia abbastanza perplessi. Per Sator è invece intervenuto in assemblea Giacomo Garbuglia. “Noi crediamo nella ricapitalizzazione di questa società” ha detto , ma visto che “che ci viene detto che tale aumento è subordinato a un consorzio di garanzia a sua volta subordinato a un’integrazione con Unipol, su questo punto noi ci asteniamo” .