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Fondi Ue, Italia troppo lenta: 11 anni per un’opera pubblica da 50 milioni

Secondo i dati forniti dall’Unità di Verifica degli Investimenti Pubblici (Uver), nel nostro Paese occorrono in media 11 anni per progettare e realizzare un’opera da 50 milioni di euro e nove anni per opere che costano tra i 10 e i 50 milioni in Italia – Campania, Sicilia e Calabria le regioni più in difficoltà.

Fondi Ue, Italia troppo lenta: 11 anni per un’opera pubblica da 50 milioni

Dopo la Commissione europea, anche il Senato certifica la lentezza e l’incapacità italiana nell’impiego dei fondi Ue per le opere pubbliche. Secondo i dati forniti dall’Unità di Verifica degli Investimenti Pubblici (Uver), occorrono in media 11 anni per progettare e realizzare un’opera da 50 milioni di euro e nove anni per opere che costano tra i 10 e i 50 milioni in Italia. E’ quanto si legge in una nota del servizio studi di Palazzo Madama dedicata all’attuazione della politica di coesione 2007-2013, alla luce dei dati più recenti forniti dal Governo in un’audizione in  commissione Bilancio.

Le risorse europee ancora da spendere sono molto consistenti: al 31 maggio 2014 la spesa certificata ha raggiunto il 56,1% della spesa complessiva. Rimangono da certificare 21 miliardi, di cui circa 16 riguardano programmi operativi dell’Obiettivo convergenza. Di questi, 5,6 miliardi devono essere spesi entro la fine dell’anno. 

Al di là delle rassicurazione che il sottosegretario Graziano Delrio ha fornito alla commissione europea, dall’audizione al Senato è emerso anche che le situazioni di criticità non sono uniformi nel nostro Paese, ma risultano molto più accentuate in alcune regioni del Sud, su tutte Campania, Sicilia e Calabria. La programmazione 2007-2013 si è caratterizzata per un rilevante ritardo nell’impiego delle risorse disponibili: l’attività delle Regioni e delle autorità centrali è stata avviata con alcuni anni di ritardo.

Il governo spiega i ritardi nella spesa principalmente con tre motivi: 

1) l’inadeguatezza della gestione, da imputarsi alla minore o maggiore capacità amministrativa degli enti coinvolti nella gestione e rendicontazione della spesa; 

2) la scelta di concentrare molte risorse su grandi progetti infrastrutturali, spesso poco programmabili, in quanto soggetti a ritardi dovuti a diversi motivi anche di natura amministrativa; 

3) i vincoli del patto di stabilità interno, almeno in alcune Regioni.

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