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Fake news? Nella guerra Russia-Ucraina si moltiplicano, difendiamoci con un utile breviario

Siamo prigionieri dell’inganno? Non è detto. Le armi per verificare e giudicare esistono, partendo proprio dalla grande rete, principale veicolo delle notizie falsificate

Fake news? Nella guerra Russia-Ucraina si moltiplicano, difendiamoci con un utile breviario

Nei drammatici giorni della follia russa in Ucraina le armate parallele, quelle dell’informazione e della controinformazione, combattono su due fronti: quello delle intrusioni telematiche, per minare i meccanismi stessi del vivere moderno, e quello delle narrazioni di ciò che si vuole rappresentare. Il falso, il vero, il manipolato, l’inganno. La nostra radicata abitudine alla grande rete ci difende o ci tutela? Segnali inquietanti non mancano. Ma le contromisure, fortunatamente, ci sono. Vale la pena, proprio ora, di analizzare qualche punto nevralgico del delicato fenomeno delle fake news? Di come gestirlo correttamente? Certamente sì. Ecco allora un piccolo ma utile breviario allestito con un luminare della consulenza: Andrea Aparo von Flüe. Partendo da qualche esempio, solo apparentemente “leggero”, dei tanti inganni che possono insinuarsi intorno a noi.

Fake news, le ultime rappresentazioni

Eppur ci credono. Ecco a voi i microscopici dispositivi al grafene iniettati insieme al vaccino anti-Covid, da attivare con le onde dei telefonini 5G per manipolare corpi e menti per farci servi di qualcuno. Ecco l’inganno della terra tonda che invece è piatta, dunque bisogna stare attenti a fare le passeggiate in campagna perché si rischia di cadere al comparire della prima collinetta. E via dicendo.

Un pittoresco club di creduloni? Il fenomeno è più preoccupante. Si stima che un non disprezzabile 5% della popolazione italiana (un cittadino su 20!) sia parte dell’esercito di coloro che non sono disposti a dar retta al buon senso comune. Esercito multiforme e variopinto. Pronto a insinuarsi tra i timorosi del vaccino, magari per arruolarli a pieno titolo non solo nella comunità no vax ma persino tra i sostenitori della Santa alleanza sul Covid telematico tra BigPharma e telecomunicazioni, in nome di chissà quali grandi manovratori del nuovo ordine mondiale.

Derive inquietanti o invece comprensibili? Spontanee o magari manovrate per chi sa quale interesse? Perché allora non chiedersi che cosa è decisamente falso o magari lontanamente verosimile? Insomma: si tratta di manipolo (non così piccolo) di gonzi o qualcosa di più inquietante? Qualcuno magari ci lucra? E come fare a smascherare il gioco, parte integrante del sempre più robusto fenomeno delle fake news?

Fake news, come smascherarle

Ne parliamo con un uomo che vanta un bell’angolo di visuale. Andrea Aparo von Flüe non è solo un fisico ben considerato in mezzo mondo che dedica una buona fetta di tempo all’insegnamento universitario. È negli annali della consulenza in Italia e all’estero. Scrive, ammonisce, pubblica. E, quando è necessario, smonta teorie.

Professore, c’è qualcosa di verosimile nel grafene, o altro nano materiale non meglio identificato, iniettato per controllarci?

“Come sempre accade quando viene prodotta una di queste leggende, o meglio balle tecnologiche, qualcosa di vero c’è. Non esiste materiale, o dispositivo, a scala nanometrica, ovvero un miliardesimo di metro che sia in grado di controllarci. Trattasi di bufala totale. Invece è vero che si lavora, da molti anni, allo sviluppo di nanobot, robot di dimensioni di qualche nanometro, progettati per essere inseriti nel corpo di un essere vivente per diagnosticare ecurare le malattie. Sono stati sperimentati nanobot, capaci di controllare lo stato di salute diagnosticando per tempo eventuali problematiche, per esempio programmati per riconoscere le cellule tumorali e per iniettare sulla loro superficie sostanze in grado di isolare le cellule malate, bloccarne l’afflusso di sangue e dunque la loro ulteriore diffusione e replicazione. Oppure micro-macchine, delle dimensioni da 0,1-10 micrometri, pari o inferiori a quelle di un comune globulo rosso,controllate da remoto, per chirurgia avanzata non invasiva. Il solito furbetto ha letto la notizia, ha esteso il tutto ai vaccini contro il Covid19, costruendo una bella e terrorizzante narrazione e ci sono sempre quelli che ci cascano. Si tratta dell’antico gioco delle tre carte rivisto e perfezionato. Due carte perdono, una vince. Due balle e una cosa vera. Quando la si individua, prima di riuscire a scoprire la carta, l’imbroglione di turno cambia la posizione della carta in tavola”.

Come capire allora se qualcuno ci racconta frottole, mezze verità o cose vere?

“Facile. Basta passare un po’ di tempo a smanettare non importa quale dispositivo digitale: PC, tablet, telefono cellulare e cercare in rete. Ovvero usare i motori di ricerca. Attenzione: prima di farlo occorre attivare il cervello. Non basta trovare e leggere la prima cosa che si trova. Bisogna leggerne parecchie, individuare le discrepanze, verificare se chi pubblica è rivista scientifica prestigiosa.  Occorre farsi domande e cercare risposte convincenti: quando è stata pubblicata la notizia, da chi, sottoposta a giudizio inter pares, in che data? Notizia ripresa quando? Da chi? Perché? Bisogna mettersi nelle scarpe di Sherlock Holmes, cercare evidenze, dedurre motivazione, individuare, se ci sono, i colpevoli di turbativa d’informazione”.

I social hanno la loro responsabilità nella diffusione delle fake news. Pesanti, sostiene qualcuno. È così?

“I social sono un mezzo, un vettore di informazioni. Sono una tecnologia, dunque per definizione neutra. La responsabilità è di chi li utilizza con scopi criminali. Sia ben chiaro: manipolare l’informazione, indurre comportamenti pericolosi per sé e per gli altri, chiamare alla sovversione, sono comportamenti criminali.

Che nessuno venga a dire che sono innocenti scherzi, sbagli non voluti. Di certo i social sono un palcoscenico molto ambito. Sono in tanti alla ricerca del like aggiuntivo. Presentare, condividere teorie inventate, alimenta un sentimento di indipendenza e controllo, spostando i singoli dall’umile periferia della conoscenza e della comprensione a una posizione centrale, privilegiata, fra coloro che conoscono e condividono la stessa “verità”. Si sposa l’alternativa del complotto del vaccino, pretendendo, appellandosi al senso comune individuale, di essere razionali. Ovviamente negando, al contempo, la razionalità collettiva della comunità scientifica”.

E come capire se la rappresentazione è magari falsa ma comunque sincera o se qualcuno ci vuole proprio imbrogliare?

“La rappresentazione è sempre e comunque un imbroglio se non si basa su dati fattuali, evidenza sperimentale, e inferenze logiche condivise in modo esplicito. Bene avere ben presenti, per riconoscerle, le tecniche di racconto dei cantastorie, più o meno complottisti. Prima tecnica: mai prove sperimentali originali, ma solo critiche e manipolazione di quanto fatto da altri. Seconda: dare false certezze, del tutto assolute e non criticabili. Terza: riportare affermazioni, totalmente avulse dal contesto, di personaggi famosi ed esperti. Quarta: usare il trucco dell’”uno e centomila”. Si cita una persona, dalle credenziali roboanti e non sempre vere, implicando, o lasciando al lettore la deduzione, che rappresenti l’opinione condivisa dell’intera comunità di appartenenza.

La quinta tecnica è quella del “nome ricco mi ci ficco”: infarcire la narrazione con principi fisici altosonanti. Sesta: dichiarare l’incompletezza delle informazioni riportate per dare forza alle pseudo-prove. Trattasi di utilizzo del meccanismo dell’abduzione, ovvero trarre deduzioni da elementi inesistenti. Settima tecnica, quella degli aneddoti falsi. Da sottolineare che non esiste buona fede quando si manipola il prossimo, non importa quanto l’autore pensi sia nobile il fine. Pratica da condannare sempre e comunque. Il buonismo genera solo danni.

Predicatori, profeti, fanta-, para- e pseudo- scienziati, anche se sono solo una minoranza, ogni tanto anche divertente, ai margini del mondo razionale, non possono essere considerati espressione folkloristica. Possono fare grossi, enormi danni. Occorre difendere e valorizzare la conoscenza duramente conquistata attraverso l’impegno di vite individuali e gli sforzi collettivi di generazioni dedicate alla sua ricerca. Se tutte le narrazioni vengono considerate uguali, qualunque storia non ha valore. Sarebbe una catastrofe inaccettabile”.

Ma chi può avere un tornaconto nel diffondere fake news?

“Aspiranti guru, imbonitori mancati, profeti in cerca di successo. Tutti coloro che cercano un modo semplice di fare soldi, di conquistare un quarto d’ora di celebrità arringando la folla da un palco, raccontando stupidaggini dal piccolo schermo. Grazie al COVID 19 c’è chi ne ha fatti parecchi di soldi. Basta leggere cosa dicono i -pochi- pentiti -NoVax. Al solito, basta cercare in rete”.  

La comunità scientifica fa abbastanza per aiutarci a non cadere nella trappola delle fake news o magari ha anch’essa qualche responsabilità?

“La scienza, non sempre è intuitiva, ogni tanto è difficile, comunque richiede studio, allenamento, fatica, tempo. Non sorprende allora che si cerchino modi di pensare che non chiedano di fare i conti con la scienza. Comunque la comunità scientifica non fa abbastanza, soprattutto in un paese come il nostro dove la Scienza a stento viene riconosciuta come parte della cultura. Non abbiamo ancora risolto la diatriba fra cultura umanistica e scientifica. Basti vedere come si considera l’educazione secondaria. Chi fa il Liceo Classico è un aristocratico intellettuale, chi studia allo Scientifico è perché non è abbastanza intelligente per seguire il Classico. Non parliamo poi degli Istituti tecnici… ripetere che si tratta di una totale idiozia serve a poco. Le credenze della mamma italiana sono granitiche”.

Da dove cominciare per correggere il tiro?

“La comunità scientifica, o meglio i suoi portavoce, devono imparare a parlare, perché fare divulgazione è difficile, quasi quanto capire quando occorre farlo. Le prime donne sono sempre in agguato. Il quarto d’ora di celebrità piace anche a chi si occupa di scienza. Lo sproloquio è sempre dietro l’angolo. Nonostante questo non suggerisco di tacere, perché il silenzio genera paure, ma bisogna imparare a dire: ”non lo sappiamo. Non conosciamo risposta”. Sempre aggiungendo: “per ora…”. In questo modo si evita di dire e contraddire, dinamica che sempre riduce fiducia e rispetto”.

È il caso di pensare a qualche regola in più? E come?

“Le regole servono quando si vuole ridurre il caos in situazioni complesse e non lineari, oppure quando si ha a che fare con fenomeni lineari, conosciuti. Devono essere codificate, riconosciute e rispettate. Si devono prevedere sanzioni per chi le infrange. Nel nostro caso non si deve pensare a regole nuove o più stringenti. Servono educazione e formazione. Per il pubblico, per chi parla al pubblico. Educazione implica sapere come parlare e cosa dire, ma anche e soprattutto rispetto reciproco. Cosa che nel nostro Paese manca in modo cronico. Formazione significa più scuola e scuola migliore, senza distinzione fra cultura umanistica, scientifica e tecnologica. Se non si sa di cosa si stia parlando è facile improvvisarsi filosofi, scienziati o grandi tecnici.  Soprattutto serve senso dello Stato, senso di appartenenza a una comunità, senso civico”.

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