Condividi

Facebook, la metamorfosi di Zuckerberg dal web al metaverso

“C’era una volta Facebook” è il titolo di un intervento del New York Times, di cui pubblichiamo la versione in italiano, che si interroga sulla transizione di Zuckerberg: dove porterà?

Facebook, la metamorfosi di Zuckerberg dal web al metaverso

“From now on, we’re going to be the metaverse first. Not Facebook first”. Mark Zuckerberg nel keynote al Facebook Connect 2021, la conferenza annuale AR/VR tenutasi il 28 ottobre 2021. Di seguito pubblichiamo, in traduzione italiana, uno dei migliori e più equilibrai interventi che abbiamo letto sulla transizione di Facebook dal mobile web, dov’è adesso, al metaverso nel quale sarà. Si tratta di una transizione mica da niente e per questo accompagnata anche da un cambio di denominazione. D’ora in poi si chiamerà Meta con un logo che è una variante grafica del simbolo matematico di infinito.

Kevin Roose, che tiene la rubrica Shift sul “New York Times”, con un intervento dal titolo The Metaverse Is Mark Zuckerberg’s Escape Hatch ha così commentato la METAmorforsi di “c’era una volta Facebook”.

Connesso & felice

Quando Mark Zuckerberg ha fatto la sua apparizione a schermo alla conferenza virtuale Connect di Facebook, sorridente e rilassato, deambulando da una stanza all’altra modernamente arredate e asettiche della sua residenza (penso quella reale), sembrava una persona scevra da ogni preoccupazione.

Whistle-blower? Cheeee? Eppure, c’è una crisi di fiducia a cascata, che dura da anni, con regolatori furenti, con dipendenti in uscita e con legislatori che paragonano Facebook ai grandi del tabacco? Hmm, nessun allarme?

Sembra proprio di no. Zuckerberg e i suoi luogotenenti hanno illustrato, con convinzione la loro visione del cosiddetto metaverso, l’ambiente virtuale immersivo che Facebook — che nel frattempo è stato rinominato Meta, anche se tutti, tranne alcuni giornalisti finanziari, continueranno probabilmente a chiamarlo Facebook — sta cercando di mettere su.

Come con la maggior parte delle svolte strategiche di Facebook, il rebranding ha formalizzato un cambiamento che è in corso da anni.

10mila cervelli sul metaverso

L’azienda ha già più di 10mila persone che lavorano su progetti di realtà aumentata e virtuale nella sua divisione Reality Labs. Sono il doppio dello staff di Twitter. Zuckerberg ha dichiarato che prevede di assumerne presto altre 10mila, in Europa. All’inizio di questa settimana, l’azienda ha annunciato che avrebbe investito già quest’anno 10 miliardi di dollari sul metaverso. Per questo fine ha acquisito start-up di V.R. che potrebbero essere decisive nella costruzione del metaverso. Ci sono diversi tipi di quesiti che si potrebbero porre su questa strategia del metaverso. Il primo, e più basilare è: Cos’è il metaverso, e come sarà la versione di Facebook?

Il metaverso per Facebook

Questa domanda ha trovato risposta, almeno parzialmente, nella presentazione a Connect. Zuckerberg ha dipinto un quadro del metaverso come un mondo virtuale nitido e luminoso. Un universo, accessibile con hardware di realtà virtuale e realtà aumentata nella prima fase e con sensori corporei più avanzati in seguito, nel quale le persone possono svolgere molte attività virtuali, come giochi, partecipare a concerti virtuali, fare shopping di beni virtuali, collezionare arte virtuale, relazionarsi con gli avatar virtuali degli altri abitanti del metaverso e prendere parte a riunioni di lavoro virtuali.

Questa visione di un regno digitale immersivo non è nuova — è stata abbozzata quasi 30 anni fa dall’autore di fantascienza di nome Neal Stephenson — ma Zuckerberg lo sta rielaborando per farne il futuro di Facebook in una scommessa che diventerà reale, essendo lui convinto che il metaverso sarà il “successore del web mobile”.

Funzionerà il metaverso?

Un’altra domanda ovvia è: “Funzionerà? È impossibile dirlo con certezza, naturalmente, anche se personalmente sono scettico sul fatto che Facebook — con una burocrazia ingombrante le cui più grandi innovazioni negli ultimi dieci anni sono venute per lo più acquistando applicazioni concorrenti o copiando le loro caratteristiche, piuttosto che attraverso proprie idee — possa davvero dare via a un universo digitale coinvolgente in cui le persone vogliano effettivamente trascorrere del tempo.

Ma la domanda più interessante, secondo me, è: Perché Zuckerberg sta facendo tutto questo? Dopo tutto, non è un preludio a una grande riorganizzazione aziendale o un segno di un amministratore delegato che vuole alleggerire il proprio lavoro, come è stato il caso di Google quando è diventato Alphabet nel 2015 e Larry Page ha consegnato il controllo quotidiano di Google a Sundar Pichai.

E anche se alcuni hanno ipotizzato che il rebranding in Meta abbia lo scopo di distrarre dal più recente giro di scandali che ha coinvolto Facebook, è ingenuo pensare che l’annuncio di un piano così radicale per reinventare il mondo digitale possa rendere i critici più benevoli nei confronti della società.

Per capire perché Zuckerberg sta andando a rotta di collo in questa direzione, occorre considerare che un successo del metaverso potrebbe aiutare a risolvere almeno quattro grandi, spinosi, problemi che Facebook si trova ad affrontare sulla Terra.

L’invecchiamento del core business

Il primo è quello di cui parlavo sopra, cioè l’invecchiamento del core business di social media come Facebook. Gli utenti più giovani stanno abbandonando le sue applicazioni in favore di TikTok, Snapchat e altri ambienti più cool.

L’esodo dei giovani da Facebook non ha ancora danneggiato finanziariamente il business, ma le entrate pubblicitarie sono un indicatore sfasato rispetto ai trend reali e ci sono molti segni che anche Instagram — la presunta app sana nel portafoglio di Facebook — stia rapidamente perdendo l’attenzione di adolescenti e ventenni.

La prospettiva più cupa di ciò che potrebbe inverarsi a Facebook nei prossimi anni, se le tendenze attuali reggono, è quella di un “pantano” dominato dai baby boomer, pieno di video di animali domestici carini e di spazzatura stra-partitica.

Questa non è chiaramente il tipo di roba che l’azienda vuole come suo prodotto di punta. Zuckerberg ha esplicitamente esposto una strategia incentrata sui giovani, dicendo che il nuovo obiettivo dell’azienda è di attrarre e mantenere l’utenza giovanile.

Il metaverso potrebbe aiutare la crisi demografica dell’azienda, se incoraggia i giovani ad indossare Oculus e a frequentare Horizon – l’app sociale di Facebook per la V.R. – invece di guardare i video di TikTok sui loro telefonini.

Il rischio piattaforma

Un altro problema che la strategia metaversica di Facebook potrebbe aiutare a risolvere, se funziona, è il cosiddetto rischio di piattaforma. Da anni, Zuckerberg è preoccupato dalla situazione che, poiché le applicazioni mobili di Facebook girano su iOS e Android, il loro successo sia altamente dipendente da Apple e Google, due aziende le cui priorità sono spesso diametralmente opposte alle sue.

I cambiamenti di quest’anno sulla “trasparenza del tracciamento delle app” da parte di Apple, per esempio, hanno dato un colpo al business pubblicitario di Facebook, rendendo più difficile per l’azienda raccogliere dati sull’attività mobile degli utenti. E se gli smartphone rimangono il modo dominante di interazione online, Facebook non controllerà mai veramente il proprio business.

Forse per questo che Zuckerberg parla della strategia del metaverso già dal 2015, quando scrisse ai suoi luogotenenti: “Abbiamo bisogno di riuscire a costruire una grande piattaforma con applicazioni chiave per migliorare la nostra posizione strategica sulla prossima piattaforma (cioè il metaverso)”.

Una strategia metaversica, se funzionasse, potrebbe finalmente far uscire Facebook da sotto il tallone di Apple e Google, indirizzando gli utenti direttamente verso piattaforme di proprietà di Facebook come Oculus, dove non c’è la preoccupazione di essere cancellatai dall’App store per aver tracciato l’attività degli utenti o aiutato il traffico illegale di lavoratori domestici.

Significherebbe anche avere mano libera sul piano commerciale: se Facebook volesse vendere, per esempio, abbigliamento virtuale all’interno di una delle sue app metaversiche, potrebbe farlo senza pagare una tassa del 30 per cento a un rivale. Ancora durante Connect, Zuckerberg ha criticato indirettamente Apple e Google, dicendo che il loro controllo dell’ecosistema delle app mobili

“Sta soffocando l’innovazione, impedendo alle persone di costruire cose nuove, e bloccando l’intera economia di internet”.

Il rischio normativo

Il terzo problema è il rischio normativo. Facebook non è esattamente sulla soglia dello spezzatino, ma i regolatori stanno facendo abbastanza chiasso per limitare la sua crescita (stabilendo nuove leggi sulla privacy o impedendogli di acquisire il prossimo Instagram, per esempio).

Questa situazione rende ragionevole la strategia di scommettere su nuove aree, come V.R. e A.R., che hanno meno probabilità di essere regolamentate nel breve periodo.

Inoltre, dal momento che molti dei problemi di regolamentazione di Facebook derivano dal modo in cui le sue applicazioni sono utilizzate nel dibattito politico, il metaverso potrebbe consentire di operare in un universo sociale più gentile e pacato, non ancora cooptato dalla partigianeria politica. Un gruppo che non si è visto in giro alla conferenza Connect è proprio quello dei politici.

La reputazione

Il quarto problema, naturalmente, riguarda il danno reputazionale dovuto ai suoi molti errori e agli scandali nel corso degli anni. Per anni, qualsiasi cosa Facebook abbia fatto — compresi progetti che non hanno nulla a che fare con il social networking, come l’introduzione di un portafoglio di criptovalute — è stato avviluppato in questa spirale negativa.

E dato che un stuolo di media sta ancora esaminando i cosiddetti Facebook papers, l’immagine pubblica dell’azienda è probabile che peggiori piuttosto che migliorare. Zuckerberg, il cui nuovo personaggio pubblico è qualcosa di simile a “avvenirista al di sopra di tutto”, dice che la motivazione di rinominare Facebook in Meta non stia nel desiderio di sfuggire alla cattiva reputazione. Ma la tossicità associata al marchio di Facebook ha avuto conseguenze reali. Ha demoralizzato la sua forza lavoro e ha reso più difficile per Facebook attrarre e mantenere persone di talento.

Ha affondato le partnership, messo gli inserzionisti in allarme e trasformato Zuckerberg — che, nonostante l’ambivalenza delle sue azioni, vuole essere ricordato come un tecnologo visionario piuttosto che un distruttore della democrazia — in un “cattivo” della storia mondiale.

Una scommessa decisiva

Costruire il metaverso non risolverà nessuno di questi problemi da un giorno all’altro. Probabilmente non li risolverà affatto e potrebbe, infatti, stimolare nuovi tipi di controllo che Facebook non avrebbe attratto se avesse semplicemente trascorso i prossimi anni concentrando tutta la sua attenzione a risolvere i problemi della situazione esistente.

Ma sarebbe sbagliato ascrivere il metaverso di Facebook a una mera trovata di marketing o uno stratagemma strategico destinato a dare all’azienda più influenza sui suoi rivali.

Se funziona, il metaverso di Zuckerberg inaugurerà una nuova era di dominio, una che estenderà l’influenza di Facebook a nuovi tipi di cultura, comunicazione e commercio. Se invece fallirà, sarà ricordato come un disperato e costoso tentativo di dare un lifting futuristico a un social network geriatrico con il solo scopo di sviare l’attenzione dai problemi sociali più urgenti. Entrambe le possibilità sono da prendere sul serio.

Indipendentemente da ciò, questa strategia non è un singulto di vanità di Zuckerberg. Nel metaverso, egli ha visto quello che può essere una via di fuga, cioè un modo per sottrarre sé stesso e Facebook da un presente incasinato e problematico e aprire una nuova frontiera incontaminata. Non c’è da stupirsi che appaia così felice.

Commenta