Condividi

Eni taglia costi e investimenti: crescita con petrolio low cost

Claudio Descalzi ha presentato a Londra il piano industriale 2016-19 – Confermato il dividendo cash di 80 centesimi anche nel 2016 – Il break even dei nuovi progetti scende da 45 a 27 dollari al barile – Rimodulazione degli investimenti sui nuovi progetti – Sale a 6 miliardi il nuovo target di dismissioni: “Su Versalis stiamo negoziando”.

Eni taglia costi e investimenti: crescita con petrolio low cost

Un nuovo inizio. Con questa premessa Eni svela il nuovo piano industriale 2016-19 che presenta 6 miliardi di riduzione dei costi, nuove dimissioni per 7 miliardi (senza considerare il potenziale di una cessione Gas &Power, che rimane in sottofondo, ma includendo la chimica e Versalis) e un ulteriore taglio degli investimenti del 21% a 37 miliardi (34 senza il maxigiacimento egiziano di Zohr) a fronte di un incremento della produzione del 13% cumulato nel periodo (3% annuo nell’arco del piano) contro il 10% già raggiunto nel 2015. Confermato il dividendo di 80 centesimi anche nel 2016.

La nuova Eni di Claudio Descalzi prende dunque forma in questa presentazione londinese, la prima pienamente imputabibile al nuovo vertice dopo la prima sterzata avviata lo scorso anno, a pochi mesi dall’incarico del Cda post era Scaroni. Gli analisti si sono trovati davanti una compagnia completamente ridisegnata e concentrata sull’oil &gas e hanno apprezzato cifre e prospettive con un rialzo del titolo dell’1,54% a 13,8 euro ai massimi del 2016.

Nello scenario di un petrolio che ha perso il 75% del prezzo mentre i costi sono diminuiti del 25%, Descalzi presenta Eni come una compagnia che meglio delle altre può fare fronte a quello che lui stesso definisce “il dilemma di come allineare i costi ai prezzi non solo nel breve ma nel medio e lungo periodo. Eni – afferma – è in ottima posizione. Stiamo iniziando un nuovo ciclo”. Il punto di forza sul quale ha puntato il vertice è il drastico ridimensionamento del break-even medio dei nuovi progetti portato da 45 a 27 dollari al barile, un risultato da raggiungere nel periodo grazie alla flessibilità di portafoglio, le sinergie con gli asset esistenti e le rinegoziazioni dei contratti. Il nuovo break even medio è il risultato di un calo a 15 dollari sull’onshore e a 30 dollari nell’offshore.

Descalzi ha presentato i successi nell’esplorazione che portano Eni ad un rapporto scoperte/produzione di 2,4 punti contro lo 0,3 dei principali concorrenti, come una scelta perseguita nel tempo e sicuramente uno dei punti di forza del gruppo.

Gli è stato chiesto se in questo scenario di focalizzazione sull’oil& gas il gruppo fosse ormai proiettato più sull’estero che sull’Italia e quali aggiornamenti potesse comunicare sull’operazione Versalis. Proprio oggi i sindacati hanno inviato un lettera al premier Renzi chiedendogli di interrompere la trattativa in corso con SK Capital, ritenendo il fondo americano inadatto a farsi carico di una società così rilevante.

 “L’Italia rimane molto importante per Eni – ha assicurato Descalzi – e per quanto riguarda Versalis ha lavorato molto bene e ha raggiunto il risultato positivo con due anni d’anticipo sul previsto. Ne siamo felici. Abbiamo presentato un anno fa la nostra strategia focalizzata più sull’oil & gas e sull’upstream per cui confermiamo di voler ridurre la nostra partecipazione in Versalis. Stiamo negoziando”. “La chimica è inclusa nelle nuove dismissioni da 7 miliardi – ha poi precisato il cfo di Eni, Massimo Mondazzi rispondendo agli analisti – e la cessione assumiamo che sarà fatta alla fine del 2016”. Parlando delle dismissioni Mondazzi ha anche detto che “gli asset sono attraenti per i potenziali acquirenti” e che “l’80% delle dismissioni sono programmate nei primi due anni”. Le prime partecipazioni da dismettere arriveranno da Mozambico e Egitto: “L’area 4 in Mozambico e quella di Zohr in Egitto “sono le prime due possibili risposte per le dismissioni” ha detto Descalzi precisando che “Il 50% di Mozambico è troppo e quindi ci stiamo lavorando e anche il 100% di Zohr è troppo”.

L’altra scelta di forte impatto è la riduzione dei costi di circa 6 miliardi nell’arco di piano ottenuta per 3,5 miliardi grazie alla rinegoziazione dei contratti con una riduzione di differenziale tra prezzo del petrolio e costi. Altri 2,5 miliardi entro il 2019 sono i risparmi cumulati di spese generali e amministrative rispetto ai 2 miliardi del piano precedente.

Infine il Gas & Power: il break even strutturale è atteso per il 2017 grazie appunto alla rinegoziazione dei contratti di lungo termine. Il nuovo piano Eni stima il Brent a 40 dollari nel 2016, 50 dollari nel 2017, 60 nel 2018 e 65 nel 2019.

Commenta