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Energia, Eni entra con 50 milioni nella fusione nucleare con l’MIT

Il gruppo Eni gioca la carta della fusione in alternativa ai combustibili fossili. Mit conta di realizzare, con la sua società veicolo Cfs, il primo impianto nucleare che produrrà energia grazie alla fusione atomica. L’obiettivo è di realizzarlo entro 15 anni. La tecnologia replica la sorgente di energia delle stelle: è sicura e virtualmente inesauribile – In Europa avanza il progetto Iter e l’Italia è in pista con Enea

Energia, Eni entra con 50 milioni nella fusione nucleare con l’MIT

Eni e la statunitense Commonwealth Fusion Systems (CFS), società nata come spin-out del Massachusetts Institute of Technology, hanno sottoscritto un accordo che permetterà a Eni di acquisire una quota del capitale di CFS per sviluppare negli Usa il primo impianto nucleare che produrrà energia grazie alla fusione. Cos’è la fusione nucleare? Tutto al contrario della fissione (o scissione dell’atomo), la fusione nucleare replica la sorgente di energia del sole e delle stelle: per questo è considerata un modo di produrre elettricità sicuro, rispettoso dell’ambiente e un processo di produzione virtualmente inesauribile.

CFS è stata costituita da un gruppo di ex ricercatori e scienziati del MIT che da anni è impegnato nelle ricerche sulla fisica del plasma e sulla fusione. Eni acquisirà una quota rilevante nella società a fronte di un investimento iniziale di 50 milioni di dollari. Eni entrerà a far parte del Consiglio di Amministrazione e potrà dare il proprio contributo anche in termini di risorse e know how industriale. L’ingresso di Eni nella CFS sarà perfezionato entro il secondo trimestre del 2018

IL PROGETTO AMERICANO

Il Massachusetts Institute of Technology (Mit) è in corsa per rendere disponibile la fusione nucleare nei prossimi 15 anni. Ha appena costituito a questo scopo l’azienda Commonwealth Fusion Systems (Cfs), alla quale, come rende noto il Mit sul suo sito, partecipa l’italiana Eni con 50 milioni di dollari. L’obiettivo è realizzare la fusione utilizzando i superconduttori ad alta temperatura già in commercio.

Quest tipo di superconduttori, secondo il centro di ricerca americano, potrebbero portare allo sviluppo di un reattore più piccolo, più economico e più facile da costruire rispetto ai progetti in corso, compreso il progetto internazionale Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor) in fase di sviluppo nel Sud della Francia. La prima sfida del progetto del Mit sarà quella di trasformare i superconduttori in elettromagneti di grandi dimensioni in grado di generare i potenti campi magnetici destinati a sollevare e confinare la materia che si ottiene dal processo di fusione nucleare, cioè il plasma, per evitare che entri in contatto con le pareti della struttura che la ospita. Le alte temperature di questa forma della materia rendono infatti necessario contenerla grazie ai campi magnetici, altrimenti la struttura si scioglierebbe. Entro i successivi 10 anni, il Mit punta a sviluppare il prototipo di un reattore, alla base di una centrale pilota in grado di produrre 200 megawatt di energia

L’ingresso di Eni nella CFS sarà perfezionato entro il secondo trimestre del 2018. Contestualmente, Eni ha sottoscritto un accordo con MIT che consentirà alla società di svolgere congiuntamente programmi di ricerca sulla fisica del plasma, sulle tecnologie dei reattori a fusione, e sulle tecnologie degli elettromagneti di nuova generazione.

Gli accordi si inquadrano nella strategia di decarbonizzazione di Eni e rappresentano la volontà di rafforzare le partnership di ricerca nel settore energetico, grazie anche allo sviluppo di tecnologie game changer, per rispondere ai crescenti fabbisogni energetici con soluzioni sostenibili in termini ambientali ed economici.

L’Amministratore Delegato Claudio Descalzi ha commentato: “Oggi è un giorno davvero importante per noi poiché, grazie a questo accordo, Eni compie un notevole passo avanti verso lo sviluppo di fonti energetiche alternative con un sempre minor impatto ambientale. La fusione è la vera fonte energetica del futuro, poiché completamente sostenibile, non rilascia né emissioni né scarti, ed è potenzialmente inesauribile. Un traguardo che noi di Eni siamo sempre più determinati a raggiungere in tempi brevi”.

MA L’EUROPA NON STA A GUARDARE

Come si diceva, anche l’Europa lavora da tempo al progetto ITER (acronimo di International Thermonuclear Experimental Reactor) e sta costruendo a Cadarache, nel sud della Francia, un reattore a fusione nucleare per conto di un consorzio internazionale composto da Unione europea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d’America, India, Corea del Sud. Anche l’Italia partecipa al progetto e ha come capofila Enea.

La stessa Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico, ha lanciato in Italia un bando da 500 milioni di euro per un sito sulla fusione nucleare: entro il 10 aprile sarà comunicato in quale Regione sorgerà il laboratorio Divertor Tokamak Test ( DDT ), la struttura sperimentale.

(Aggiornato alle 12:18 di venerdì 9 marzo)

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