Akin Garzanli (Akàn Garzanlà con la grafia turca), dal 1° ottobre, è il nuovo ceo di Beko Europe, in sostituzione di Mehmet Ragıp Balcıoğlu. Il manager aveva seguito nel gennaio 2023 il complesso passaggio di Whirlpool Emea al gruppo turco della famiglia Koç, gestendo sette mesi di trattative con le Rsu delle fabbriche italiane di Whirlpool Emea-Indesit a Roma, presso il Mimit. Il nuovo assetto di Beko Europe è stato comunicato alla stampa internazionale dal board globale di Arçelik. Balcıoğlu viene assegnato alla carica di vicedirettore generale-Marketing e strategia del gruppo.
Garzanli, che ha iniziato la sua carriera nel 2002, ha ricoperto posizioni chiave a livello globale, tra cui vendite, gestione prodotti, marketing e servizio clienti. Nel 2018 è stato nominato Global Customer Care Director e, dal 2020, ha assunto anche la responsabilità di Global Brand Director. Ha studiato alla St. George’s Austrian High School di Istanbul, ottenendo poi una laurea triennale in Management presso l’Università di Istanbul. Successivamente ha completato un Mba presso la Koç University e diversi programmi alla Harvard Business School e alla Kellogg School of Management.
Akin Garzanli guida Beko Europe tra sostenibilità e sfide di mercato
Garzanli rappresenta la nuova generazione cosmopolita della gigantesca holding della famiglia Koç, con approfondite conoscenze dei mercati globali e soprattutto una forte adesione alla trasformazione di quella che era un’azienda prevalentemente Oem in una multinazionale che il Time ha – per il secondo anno – riconosciuto come una delle società più sostenibili al mondo. Un programma particolarmente ambizioso, al centro della gestione del visionario ceo di Beko, Hakan Bulgurlu.
Garzanli però arriva in un momento tra i più drammatici della storia del settore. Le numerose acquisizioni che hanno segnato la crescita del Gruppo negli ultimi dieci anni hanno richiesto ingenti risorse, mentre la joint venture con Whirlpool Corporation, che detiene il 25% di Beko Europe, insieme alla chiusura e ristrutturazione di alcuni siti produttivi europei, ha avuto un impatto significativo sui bilanci – un tempo floridi – della Arçelik, con una riduzione di profitti e di vendite.
Apparecchi cinesi entry level in Europa: vendite in calo
Ma ancor più preoccupante è l’invasione in Europa di apparecchi entry level, di incerta etichetta energetica, made in China, dirottati a causa dei dazi introdotti dall’amministrazione Trump, che hanno rallentato l’enorme import americano. Da due anni le aziende europee hanno chiesto alla Commissione europea di provvedere a questo dilagante dumping. Inascoltate, hanno dovuto subire la crescita delle quote asiatiche a discapito delle fabbriche e dei brand europei. Nielsen-GfK ha comunicato che le vendite in Europa di majaps, da tempo stagnanti o in arretramento, hanno registrato solo lievi variazioni positive: in Italia, per esempio, nel periodo gennaio-giugno hanno registrato un +1,7% rispetto allo stesso periodo del 2024 (che si è chiusp comunque con un -0,6%), ma con una inversione del segno positivo perché già ad aprile-giugno le vendite scendono in valore dello 0,5%.
Si segnala in particolare l’inversione della tendenza post-Covid, che aveva premiato gli apparecchi mediamente più costosi, efficienti e di qualità.
I dazi sui mobili del 50% colpiscono il built-in
Inoltre, le previsioni sono pessimistiche a causa della guerra dichiarata da Trump con gli annunciati super dazi del 50% sui mobili per cucina di importazione. Questi colpiscono certamente l’invasione di cabinet di basso prezzo e qualità provenienti da Cina e Vietnam, ma anche i mobili di grande qualità, tutti ecologici, di design italiano. Si tratterebbe infatti di un insostenibile aumento dei listini anche per gli altospendenti americani.
Va sottolineato che meno mobili per la cucina si vendono e meno elettrodomestici builtin di fascia medio-alta e alta si esportano. Proprio questa è la fascia su cui le aziende italiane ed europee hanno concentrato le loro produzioni, orientandosi ormai principalmente ai segmenti premium, per i quali il mercato sta diventando più ristretto.
Le conseguenze? Tutti in Cina
Le fabbriche europee mantengono un livello decisamente basso – e altalenante – di saturazione degli impianti (siamo mediamente intorno al 50%). I programmi di rilancio dei siti italiani della Beko sono a rischio, e la stessa Electrolux, che aveva mantenuto un buon livello di investimenti, con i cambiamenti in atto nella struttura azionaria (sempre più investor-dipendente) e la valanga di apparecchi entry level, investe in Asia e soprattutto si adegua al trend più preoccupante.
In assenza di interventi efficaci della Commissione europea contro il dumping e pratiche commerciali sleali, molti produttori europei, compresa Beko, si affidano agli Oem cinesi, come la Oma, per importare prodotti entry level con il proprio brand.
Mandelson, l’amico di Epstein, nemico dell’industria europea
Quanto alla corrispondenza di questi apparecchi alle rigide e costose normative europee sull’etichettatura, i dubbi sono sempre più forti. Una situazione disastrosa per il made in Europe e analoga a quella che, agli inizi degli anni 2000, caratterizzò l’arrivo a valanga dalla Corea di elettrodomestici di prezzo molto basso, spesso con etichette solo apparentemente conformi.
Il Sole-24 Ore riportò che un dispositivo illegale, il “Counterfeit device”, era in grado di riconoscere le condizioni dei test di controllo e di adattare il consumo di conseguenza. La rivelazione portò l’Unione europea a intervenire con dazi – limitati – sul made in Corea, mentre i vertici europei dei chaebol coreani vennero richiamati in patria.
A seguito di queste misure, le aziende coreane investirono significativamente in R&D, diventando protagoniste dell’innovazione nel settore. Il fenomeno del dumping si protrasse anche perché, all’epoca, la Commissione europea per l’industria era presieduta da Lord Peter Mandelson, allora ambasciatore Uk a Washington, recentemente al centro di controversie legate a rapporti personali con Jeffrey Epstein.
Mandelson, noto come “Principe delle Tenebre”, fu al centro di discussioni sulla gestione dei controlli sugli elettrodomestici asiatici di importazione. Fondatore di una delle lobby più influenti d’Europa, la Global Counsel, con clienti come JP Morgan, Barclays e Big Tech, impedì a lungo, tra soggiorni prolungati in Corea e in Asia, qualsiasi controllo sugli elettrodomestici asiatici di importazione, tagliando i fondi destinati ai controlli e causando danni enormi all’industria europea degli elettrodomestici.
Oggi, operatori del settore – bottegai, manager, ceo e importatori – segnalano che il “Counterfeit device” è presente negli apparecchi entry level di molti brand, in particolare per quanto riguarda la costosa norma sui decibel. Ma grazie al Principe delle Tenebre e ai paesi del Nord Europa, i controlli sono a zero.