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Emergenti: Cina giù, India su ma è Mosca la Borsa migliore

Il crack Evergrande e le incertezze dalla Cina oltre ad altri segnali di incertezza spingono i gestori a guardare verso i mercati emergenti in vista di una correzione stagionale. Ecco dove orientarsi

Emergenti: Cina giù, India su ma è Mosca la Borsa migliore

Prendi i soldi e scappa. E’ il consiglio che da sempre arriva dai “saggi” dei mercati assieme alla caduta delle foglie d’autunno. Il 2021 non fa eccezione. I report delle grandi case suggeriscono di alleggerire, con prudenza, i portafogli azionari, specie quelli Usa, in vista di una correzione stagionale. Ci sarà tempo, poi, per approfittare di un eventuale rally natalizio. Può essere il momento giusto per guardare ai mercati emergenti. Almeno a quelli più solidi che, memori della lezione del 2013, hanno limitato l’esposizione sul dollaro, o possono contare sull’incremento delle materie prime.  A favorire un cambio di rotta, poi, potrebbe essere la logica dei grandi numeri. Negli ultimi dieci anni le blue chips di Wall Street hanno  garantito un ritorno del 356 per cento contro il 188 di quell europee. Ma l’indice dei mercati emergenti di Morgan Stanley è salito solo del 66 per cento, deludendo le attese al punto che c’è chi parla di “decennio perduto”. Oggi, a fronte dell’impennata delle materie prime, la tendenza potrebbe cambiare. Ma il condizionale è d’obbligo, quando si affrontano le grandi tematiche globali:  anche i guru, infatti,  sbagliano. 

LA TEGOLA CINESE. E’ la lezione in arrivo dalla grande delusione dell’anno in corso: la Borsa cinese. Ad inizio 2021 era opinione comune che la Cina avrebbe guidato la ripresa dei mercati post Covid-19. Al contrario, complice il ritorno della variante Delta, sua l’indice Csi 300 di Shanghai e Shenzhen che, soprattutto, Hong Kong, da febbraio in poi si sono tinti di rosso. E sugli investitori, sia quelli domestici che i gestori occidentali è caduta in testa la tegola di Evergrande, l’immobiliare indebitata per306 miliardi di dollari che, strozzata dalla crisi di liquidità, lunedì non pagherà gli interessi su diversi bond.  Un infortunio, segnala Reuters, che costerà non poco ai fondi di Amundi o di Ubs (esposti sui bond rispettivamente per 93 e 83 milioni di dollari) e ad altre primarie case. Anche perché, per ora, le autorità sembrano inflessibili: un editoriale di Hu Xijin, direttore del Global Times, il tabloid quotidiano del Partito Comunista Cinese, ha scritto stamane che la società immobiliare non dovrebbe scommettere sul salvataggio del governo ritenendosi “troppo grande per fallire”.  Insomma, una buona occasione per punire i ricchi secondo il principio della “prosperità comune” del presidente Xi. Ma, guardano alla Borsa cinese, non tutto è perduto, ammonisce stamane un report di Generali Investment: la reazione del mercato, si legge, è esagerata. Le A-shares cinesi cominciano a tornare attraenti nell’universo azionario globale.

I BUONI FRUTTI DELL’INDIA. Situazione opposta per l’altra grande potenza asiatica: l’India. Il listino di Mumbai ha vissuto finora un altro anno eccezionale dopo i buoni risultato del biennio 2019/20.   E così, a fronte di un calo del 18% cica delle Borse cinesi, da febbraio l’indice indiano registra un guadagno superiore al 20%. A favorire il rialzo è stato l’afflusso di capitali dall’estero, in buona parte collegato all’esodo parallelo dalla Cina e da altre piazze del Far East. Secondo Goldman Sachs al 31 agosto scorso i fondi per 42,8 miliardi di dollari che avevano lasciato Shanghai (ma anche Hong Kong e Taiwan) hanno fatto rotta verso il listino indiano, favorendo il boom di utilities, beni di consumo e software. Ma il rialzo ha contagiato anche la classe media: nel corso del 2021 la Borsa conta 55 milioni di nuovi azionisti i quali hanno reso possibile l’esordio trionfale in Borsa di Zomato, l’Alibaba indiana cresciuta il giorno del debutto dell’80%. Ma c’è da fidarsi? Oggi il rapporto prezzi/utili della Borsa indiana è di trenta volte e, fa notare BlackRock, i prestiti garantiti dall’oro presso la Bank of India sono cresciuti del 300 per cento.

 MOSCA A TUTTO GAS. La Banca di Russia ha fatto sapere che “non è da escludere” un nuovo aumento dei tassi, necessario per combattere l’inflazione e imbrigliare l’euforia scatenata dal boom delle matrie prime. La Borsa moscovita è oggi al primo posto tra le piazze mondiali con una performance superiore al 25%. Certo, alla base del fenomeno c’è stato il robusto recupero del petrolio e di altre materie prime. La prospettiva della prossima apertura del gasdotto North Stream verso la Germania, mossa quasi obbligata per fornire all’Europa il gas naturale richiesto, è una buona garanzia per la tenuta di un’economia che oggi può contare fondamentali solidi sia sul fronte della bilancia commerciale che della finanza interna. E, grazie ai profitti del petrolio, la media dei dividendi è pari al 4,6 per cento. 

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