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Embraco, Calenda furioso: “Chiederemo intervento Ue”

Il ministro, che incontrerà la commissaria europea alla Concorrenza Vestager, ha definito “gentaglia” il management di Embraco – Il 25 marzo scatterà il licenziamento collettivo di 497 dipendenti senza cassa integrazione: “Ci vuole un fondo di reindustrializzazione che prevenga le delocalizzazioni”

“Incontrerò oggi la commissaria europea alla Concorrenza, Margrethe Vestager, per verificare che non ci siano stati aiuti di Stato alla Slovacchia per le aziende di Honeywell ed Embraco e trovare un modo per correggere quella che è una stortura”. Lo ha detto martedì a Radio Anch’io il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, sottolineando di essere “furioso” per il caso Embraco, la multinazionale produttrice di strumenti di refrigerazione che pochi giorni fa ha annunciato la chiusura della sede di Riva di Chieri, con annesso licenziamento senza cassa integrazione di 497 dipendenti.

Il ministro – che ha definito “gentaglia” il management dell’azienda oggi controllata dal gruppo Whirpool – chiederà a Vestager anche una deroga ai trattati per singoli casi come quello di Embraco. “Io – ha affermato Calenda – penso che quando abbiamo fatto valere le nostre ragioni siamo riusciti a prevalere. Questo è il lavoro che va fatto seriamente, continuare a costruire le condizioni in cui ci sia un pezzo di paese che vola. Le eccellenze sono fondamentali, ma nessun Paese è fatto solo di eccellenze. Benissimo il Paese che va, ma bisogna prendersi cura del pezzo che perde, vanno protette le persone altrimenti non se ne esce”.

Già da ottobre Embraco aveva annunciato di voler ridurre i volumi produttivi dello stabilimento piemontese, demoralizzando la produzione nelle strutture slovacche. Nessuno però si aspettava lo scenario odierno, con la chiusura definitiva dell’intero stabilimento, divenuta ufficiale con la comunicazione da parte dell’aziende – che è statunitense – alla Sec, la Consob Usa (si tratta di un obbligo di legge essendo Embraco quotata in borsa).

Il ministro, in una intervista al Corriere della Sera, ha lanciato una proposta. “Ci vuole un globalization adjustment fund, un fondo di reindustrializzazione che – ha spiegato – prevenga le delocalizzazioni e metta pacchetti che vadano oltre la normativa sugli aiuti di stato per chi vuole andare a produrre altrove in Europa in condizioni di vantaggio legate al diverso grado di sviluppo dei Paesi. Siamo economie in continua transizione, gestirle sarà sempre più fondamentale, quindi abbiamo bisogno di strumenti più forti”.

“L’azienda – ha continuato Calenda -ha la nostra proposta, se tornano indietro siamo disponibili a prenderli in considerazione, ma io altre riunioni che si chiudono con ‘forse’, ‘ma’ non ne faccio più. Preferisco partire in quarta con Invitalia per capire se ci sono proposte e supportarle”. Il tempo limite, ha aggiunto, “è dato dalla procedura di mobilità, quindi fino a fine marzo. Il 25 marzo per l’esattezza, data a partire dalla quale scatteranno i licenziamenti collettivi.

Lo scorso 19 febbraio Embraco ha respinto ogni ipotesi di cassa integrazione mostrando, stando alle parole di Calenda, “un comportamento assurdo e da irresponsabili. L`accordo per fare una cassa integrazione e lavorare alla reindustrializzazione del sito l`ho proposto un mese fa, l`azienda era d`accordo e lo abbiamo presentato assieme ai sindacati. Poi è cominciato un disdicevole balletto. Ho deciso di tagliare la testa al toro”.

Tuttavia ai lavoratori di Embraco il ministro ha assicurato che si continuerà a combattere. “Il mio impegno è in prima persona, tutto quello che potrà essere fatto lo faremo”.

Ma da dove deriva la decisione della multinazionale? Molti la accusano di aver beneficiato di agevolazioni fiscali e fondi pubblici. Bisogna essere chiari, Embraco non chiuderà per fallimento, ma ha semplicemente di spostare la produzione dove conviene di più.

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