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Embargo petrolio russo, la sola ipotesi lanciata dagli Usa fa volare i prezzi ai massimi dal 2008

L’ipotesi avanzata dagli Usa di un embargo del petrolio russo fa schizzare il prezzo del greggio a massimi non più visti dalla crisi finanziaria del 2008: 124 dollari per il Brent e 140 per il Wti

Embargo petrolio russo, la sola ipotesi lanciata dagli Usa fa volare i prezzi ai massimi dal 2008

La sola paura dell’embargo contro la Russia fa 200. Sono i dollari al barile a cui sono stati quotati i contratti di opzione per le consegne a maggio e in scadenza il 28 marzo dopo la devastante ipotesi di un embargo del greggio russo fatta ieri dal Segretario di Stato USA Antony Blinken.
Stamane il Brent ha toccato i 124 dollari il barile, con un massimo toccato invece al Wti a 140 dollari, un livello che ricorda i massimi visti nel 2008 nel pieno delle crisi finanziarie.
“Non è concepibile un ammanco del petrolio dalla Russia, sarebbe un cataclisma” dice senza mezze misure Davide Tabarelli presidente di Nomisma Energia a Fisrtonline. “Non ci sono altre strade da seguire per l’Occidente in alternativa alla fornitura russa, se non smettere di di consumare e razionare”. Alcuni analista paragonano questa cris a quella defli anni Settanta.
L’Europa nicchia: per Germania e Italia in particolare, una misura del genere si trasformerebbe in un boomerang che colpirebbe le rispettive produzioni industriali.

Che cosa significherebbe per l’Occidente l’embargo del greggio russo

L’ipotesi di embargo dunque metterebbe in scacco la Russia già gravata da svariate sanzioni, ma anche per l’Occidente sarebbe una situazione molto pesante.

L’economia russa si sta avvitando molto rapidamente in una spirale depressiva senza precedenti. In pochi giorni, il sistema finanziario russo si e’ polverizzato: gran parte del sistema bancario non puo’ operare con l’estero, la borsa di Mosca e’ chiusa indefinitivamente, gran parte dei fondi occidentali hanno liquidato le loro esposizioni a securities, azioni e bond, russe.
Ma la Russia esporta 7,8 milioni di barili al giorno e uno studio australiano stima che lo spettro dell’embargo starebbe facendo collassare le sue vendite all’estero di 5 milioni di barili al giorno, qualcosa come il 5% dell’offerta globale
“La sola prospettiva sta tenendo alla larga il mercato dalla Russia, con le navi-cisterna che girano a vuoto attorno alle sue coste senza caricare i barili” dice un dealer del mercato petrolifero.

“La situazione del petrolio è molto diversa da quella del gas. Per quest’ultimo è soprattutto un problema di approvigionamento, ma non lo è per il greggio” dice Roberto Bianchini, partner di Ref. “Le tensioni sul prezzo del greggio quindi le attribuisco più alle tensioni geopolitiche in generale e mi aspetto mola volatilità. Teniamo conto che gli Usa possono dare una buona fornitura di greggio,ance se più caro. Del resto il petrolio russo è molto “pesante” nel senso che necessita di un lungo processo di raffinazione prima di essere messo sul mercato.”

Quale alternativa al petrolio russo ?

In questa situazione tutti gli occhi vanno all’OPEC+, la coalizione di 23 nazioni guidata dall’Arabia Saudita, nella speranza di un aumento della produzione di greggio.

Tuttavia lo scorso 2 marzo – a guerra già iniziata- in occasione della sua riunione mensile l’Opec ha concordato di attenersi ai piani, con un piccolo aumento della produzione ad aprile, di 400.000 barili al giorno, continuando il graduale ripristino della produzione interrotta durante la pandemia e sfidando le richieste di un aumento del greggio. L’accordo circa questo livello di produzione era stato raggiunto la scorsa estate e andranno avanti con questo ritmo ogni mese, fino al prossimo agosto.

La Russia è il secondo membro più grande dell’alleanza OPEC+.
D’altro canto c’è anche il problema che alcuni dei membri Opec -come Nigeria e Libia- non riescono a fornire pienamente per vari limiti di capacità. Anche Abdul Aziz Bin Salman, ministro dell’energia dellArabia Saudita lo ha riconosciuto, dicendo che le nazioni produttrici di petrolio del mondo potrebbero non essere in grado di fornire l’offerta necessaria, facendo ancora riferimento alla ripresa dopo la pandemia e attribuendo la colpa ad anni di mancati investimenti nell’esplorazione del petrolio.

Gli unici due produttori di peso che potrebbero aumentare significativamente l’output, e in tempi relativamente brevi, sono l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. L’eventuale contributo di Iran e Venezuela sarebbe minimo
Altro fronte da osservare è quello nucleare con l’Iran: l’accordo tra USA e Iran appare in stallo, mentre il suo eventuale raggiungimento porrebbe fine all’embargo americano contro Teheran.
Sotto pressione anche il mercato del gas europeo, dove il prezzo è salito a 216 euro per megawatt-ora, segnando un nuovo record storico e più che triplicando rispetto ai livelli di apertura di quest’anno.

Lo spettro di una nuova recessione economica

Putroppo c’è un elemento che potrebbe calmierare questa crisi -che molti analisti paragonano a quella degli anni 70- ed è quella della diminuzione della domanda e un rirorno alla recessione per le economie europee. “I prezzi del greggio possono salire, ma se –a causa di una feroce recessione che potrebbe arrivare- imprese e famiglie ridocessewro la domanda anche i prezzi potrebbero ritornare a scendere. Ma si tratta di un rimedio che non avremmo voluto vedere” dice un altro analista.

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