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Elezioni in Spagna, il caso Puigdemont mette a rischio il ritorno di Sanchez. Cosa succede ora?

Il mandato di arresto per il leader indipendentista catalano mette a rischio un eventuale accordo tra indipendentisti e socialisti dopo le elezioni. E si rafforza lo scenario di un nuovo ritorno alle urne

Elezioni in Spagna, il caso Puigdemont mette a rischio il ritorno di Sanchez. Cosa succede ora?

Le elezioni spagnole si sono chiuse senza un “vincitore assoluto”. Con il Partito Popolare che ottiene il maggior numero di voti ma a spese del possibile alleato Vox, che dimezza i suoi seggi. La rimonta dei socialisti del premier uscente Pedro Sanchez – a dispetto di sondaggi ed exit poll – è sorprendente ma non sufficiente: hanno bisogno di un’alleanza anche con le forze politiche minori per spuntarla. E sono gli indipendentisti catalani di Junts ad avere in mano la chiave della governabilità: senza il loro apporto, si ritorna alle urne. L’ipotesi è ulteriormente complicata dal destino dello stesso leader catalano, Carles Puigdemont, dopo che la Corte suprema ne ha chiesto il mandato d’arresto, esteso all’ex assessore Toni Comín. Ma se il quadro politico spagnolo è incerto e confuso emergono due certezze da queste elezioni: nessuno ha raggiunto la maggioranza assoluta di 176 seggi necessari per governare da solo e la debacle di Vox che ha perso oltre 600mila voti e 19 deputati rispetto alle politiche del 2019. La domanda a questo punto è: che cosa succede ora in Spagna? Analisti e politici a fare ogni tipo di calcolo, in gioco non c’è solo il futuro politico spagnolo ma anche gli equilibri nel prossimo Parlamento europeo. Anche se Bruxelles può tirare un sospiro di sollievo: con Madrid impegnata nella presidenza del Consiglio dell’Ue il timore era per un possibile ingresso dei sovranisti al governo. Adesso però si teme che per sbloccare lo stallo si possa tornare alle urne. E con il mandato d’arresto di Puigdemont non è un’ipotesi così remota.

Elezioni in Spagna, che succede adesso?

I fatti sono chiari: il Partito Popolare (PP) conservatore, guidato da Alberto Núñez Feijóo, ha vinto le elezioni e avrà 136 seggi (33%) nel Congresso dei Deputati. Ma a tradirlo è stata la formazione di estrema destra Vox che ha perso consensi e dai 52 seggi di quattro anni fa è scesa a quota 33 (il 12,4%). Il Partito Socialista (Psoe), guidato dall’attuale primo ministro Pedro Sanchez, ha ottenuto 122 seggi (passato dal 28% del 2019 al 31,7%). Al quarto posto poi c’è la coalizione di sinistra Sumar, guidata da Yolanda Diaz, che comprende Podemos, con 31 seggi. La palla ora passa al re Felipe VI che dovrà decidere a chi affidare per primo l’incarico di formare un nuovo governo: sia Feijoo sia Sanchez recriminano di essere pronti ad aprire negoziati per formare un governo.

Feijóo dovrebbe contare sui seggi di Vox, ma non basterebbero per raggiungere la maggioranza senza le forze progressiste (arriverebbe a 169 seggi). La destra potrebbe chiedere una mano alla Coalición Canaria (CC), un partito nazionalista dell’arcipelago al largo delle coste africane, e all’Unión del Pueblo Navarro (UPN), storico alleato del PP in Navarra. Più probabile che Sánchez resti alla guida del Paese: con il fronte radicale Sumar arriverebbe a 153 seggi, ma deve trasformare l’astensione di baschi ed Esquerra Republicana e dei catalani, compreso di Junts, in un sì per rendere possibile il rilancio di una coalizione di governo “Frankenstein” (con 179 deputati). Ma gli indipendentisti catalani avevano dettato condizioni a dir poco “stringenti” per un eventuale accordo. Come spiegato dal segretario generale del partito, Jordi Trull, non ci sarà alcun appoggio a Sanchez senza “amnistia e autodeterminazione della Catalogna”. Ma sarebbe problematico per il leader socialista acconsentire a un futuro referendum per l’indipendenza della Catalogna con il PP e Vox pronti a raccogliere i voti degli scontenti.

A complicare il tutto la tempesta giudiziaria che coinvolge l’eurodeputato ed ex presidente catalano Carles Puigdemont e il suo assessore Comín per il tentativo secessionista nel 2017 e da allora è ricercato dalla giustizia iberica. I reati contestati sono “disubbidienza” e “malversazione aggravata”.

Spagna verso il voto anticipato: il caso Puigdemont

“Un giorno sei decisivo per formare un governo in Spagna, il giorno dopo la Spagna ordina il tuo arresto”, ha scritto su Twitter Puigdemont, leader di Junts, commentando la decisione della Corte Suprema, che ha chiesto al giudice istruttore Pablo Llarena di emettere mandati di cattura internazionali contro di lui e l’ex ministro Comin. La richiesta del pm arriva dopo che, il 5 luglio, il tribunale dell’Ue ha confermato la revoca dell’immunità parlamentare di cui Puigdemont godeva, assecondando una richiesta del giudice responsabile della causa per cui il l’ex governatore è imputato. Finora Puigdemont è riuscito a evitare la giustizia spagnola rimanendo principalmente in Belgio. E proprio l’eventuale predisposizione della giustizia belga ad autorizzarne l’estradizione è al momento una delle principali incognite del caso.

Puigdemont può sempre presentare ricorso alla Corte di giustizia dell’Ue, cosa che intende fare; tuttavia, una simile mossa non causerebbe la sospensione della sentenza.

E cosa succede ora alla Spagna? Se né Feijóo né Sánchez raggiungono la maggioranza nei prossimi mesi di negoziati, il ritorno alle urne è sempre più probabile.

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