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Elezioni Francia 2022: Macron è il grande favorito ma la partita si gioca su indecisi e astensione

Il 10 aprile si vota per il primo turno delle elezioni presidenziali 2022 in Francia. Macron nettamente favorito ma non mancano le incognite. La sfida, i candidati, i temi della campagna

Elezioni Francia 2022: Macron è il grande favorito ma la partita si gioca su indecisi e astensione

Per il 72% dei francesi, come riportano gli analisti della Fondazione Jean Jaurès, uno dei think tank più accreditati del Paese,  Emmanuel Macron il 24 aprile sarà rieletto presidente. 

E questa che dovrebbe essere una buona notizia per il campo di gioco del leader in carica invece preoccupa moltissimo i suoi sostenitori. Per quale motivo? Perché la partita sembra finita in partenza e quindi i francesi potrebbero non trovare di nessuna utilità recarsi a votare. E quando le urne vengono disertate le brutte sorprese sono dietro l’angolo, come accadde nel 2002 quando Lionel Jospin, il leader socialista dato per certo come antagonista di Jacques Chirac, fu espulso al primo turno, lasciando passare al secondo il capo dell’estrema destra Jean-Marie Le Pen. E anche lì fu colpa delle astensioni, la più alta in assoluto nella storia delle presidenziali, il 28%. Stavolta i sondaggi vanno anche oltre registrando una partecipazione al voto del 67%: un francese su tre resterebbe a casa, come rivela il barometro quotidiano di Le Parisien, realizzato dai centri ricerche Ipsos -Soprasteria.  

Elezioni Francia 2022: la guerra oscura la campagna elettorale

La verità è che la guerra scatenata dalla Russia all’Ucraina, oltre al disastro economico e umanitario che ha provocato,  ha messo sotto sopra la vita politica di ogni Paese sconvolgendo tutte le agende. Così la Francia, che domenica 10 aprile affronta il primo dei due appuntamenti più importanti per il Paese, le elezioni del presidente della Repubblica, è entrata in campagna elettorale solo negli ultimi giorni, a tentoni e annebbiata dalle immagini delle distruzioni di vite umane e di intere città che provengono dal cuore dell’Europa.  

Lo stesso Macron si è concesso al pubblico, in un grande incontro popolare a Digione, solamente nel fine settimana scorsa. Mentre solo per oggi, sabato 2 aprile, a otto giorni dal primo turno, ha annunciato un meeting a Parigi, alla Defense, che i macronisti promettono sarà “un momento di grande entusiasmo”, con un “happening  di ispirazione americana, tipo super Bowl”. 

Dicono che Macron ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma ha capito che la campagna “en surplomb”, troppo dall’alto, non poteva continuare, e che anche il corpo del candidato deve scendere in campo. Da qui il piede sull’acceleratore.

Elezioni Francia 2022: astensione, indecisi e riforme 

Sarà sufficiente? I dubbi degli analisti sono forti. Jérome Jaffré, direttore del Centro studi e conoscenza dell’opinione pubblica (Cecop), per esempio, parlandone in una intervista a Le Figaro, si è dimostrato scettico. “La rottura di fiducia fra i cittadini e il voto è avvenuta già alle municipali e alle regionali. Vorrebbe dire che ora tocca anche le presidenziali. La cosa certa è che un’astensione così alta, se rappresenta un rischio elettorale per Marine Le Pen, perché la sua base è quella più volatile, per Macron sarebbe molto di più di questo, sarebbe un rischio politico, perché una forte astensione mutilerebbe la sua capacità di riformare il Paese”.

E tuttavia si è più ottimisti se si leggono i sondaggi proposti da Le Monde che si avvale oltre che di Ispos- Soprasteria anche della collaborazione della citata Fondazione Jean Jaurès e del prestigioso Cevipof, il più noto centro di ricerche politiche. I numeri approfondiscono anche il ruolo degli indecisi e facendo la somma dei vari segmenti – i probabili, i potenziali e i quasi certi – si arriva a un bel 26% di persone che alla fine  potrebbero recarsi alle urne, riportando il voto presidenziale agli onori popolari di cui ha goduto nel passato. Ai francesi non resta che incrociare le dita. 

Per quel che riguarda il risultato del primo turno, Macron viene dato al 27,5%, cioè supererebbe di quattro punti quello del 2017, non male se si pensa alle turbolenze che il giovane presidente ha attraversato nel viaggio dei cinque anni di governo: dalla crisi sociale dei gilet gialli, alla pandemia e ora la guerra.  

La principale forza del candidato di En Marche! – secondo i ricercatori  – viene dalla coerenza tra lui, i suoi elettori e il momento politico.  Chi lo sceglie appartiene alla Francia ottimista, di quelli che sono soddisfatti della loro vita. Sono convinti che ha “la stoffa di un presidente della Repubblica”, ma che è anche “simpatico” senza contare che di fronte alla guerra si è comportato come un “vero capo”. 

Macron favorito, chi sono gli sfidanti?

E gli altri protagonisti?  Intanto i candidati sono  12, ma solo 3 di essi superano il 15% dei voti nei sondaggi: il presidente uscente Macron, come si detto; l’antagonista di estrema destra Marine Le Pen, (18,5%);  e quello di estrema sinistra Jean-Luc Mélenchon, (15,5%).  Proprio quest’ultimo è stato oggetto di una ricerca di Goldman Sachs, una delle più grandi banche di affari americane, secondo la quale potrebbe essere la sorpresa di queste elezioni. Analizzando i sondaggi questi  ricercatori hanno avanzato  addirittura l’ipotesi che Mélenchon potrebbe superare Marine Le Pen e arrivare al secondo turno perché lo slancio dei suoi sostenitori risulta più ampio di quello della candidata di estrema destra. 

Tre temi sensibili: pensioni, insegnanti e reddito solidarietà

Quanto ai temi della campagna, tre sono stati percepiti dall’elettorato come i più sensibili, e sono stati tutti dettati da Macron nel discorso di candidatura: riforma delle pensioni, revisione delle regole per avere  il reddito di solidarietà, rilancio della scuola con premi per gli insegnanti meritevoli. Tutti e tre fortemente criticati sia a destra sia a sinistra. Le pensioni: oggi i francesi si ritirano dal lavoro a 62 anni, Macron propone l’uscita a 65; il reddito di solidarietà  (Revenu de Solidarité Active), come il reddito di cittadinanza da noi, è concesso senza chiedere nulla in cambio; la proposta del presidente è di accordarlo solo se si lavora almeno 15/20 ore a settimana; la scuola: previsti 12 miliardi per lo sviluppo di cui 6 da destinare ai prof che lavorano di più e meglio. 

Nessuna di queste tre proposte è piaciuta agli interessati e forse non c’è bisogno di spiegare perché visto che anche alle nostre latitudini abbiamo avuto, e abbiamo, più o meno gli stessi problemi. 

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