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Economia e letteratura, connubio vincente per l’educazione finanziaria

La letteratura è spesso una miniera preziosissima per l’educazione finanziaria e il brillante saggio “La ricchezza delle emozioni. Economia e Finanza nei capolavori della lettura” scritto da Giandomenico Scarpelli (dirigente della Banca d’Italia) e edito da Carocci ne è la dimostrazione

Economia e letteratura, connubio vincente per l’educazione finanziaria

Quando, nell’opera teatrale “Importanza di essere Ernesto”, Oscar Wilde volle rappresentare i tratti della società inglese di fine Ottocento tra ipocrisie della morale vittoriana e senso di trionfo per le conquiste imperiali, trovò che riferimenti al tema economico potessero servire più di altri.

Così fece rivolgere da Miss Prim un accorato suggerimento alla sua pupilla: “Cecilia, durante la mia assenza porterai avanti la lettura del manuale di Economia Politica. Ma quando arriverai al capitolo sulla caduta della rupia, tralascialo. È troppo emozionante per una giovane fanciulla”.

E nei fatti la giovinetta, da preservare da emozioni particolarmente forti, vi avrebbe letto delle devastanti conseguenze economico-sociali del crollo del potere di acquisto della moneta indiana, legata al tallone d’argento, a seguito della scoperta di grandi miniere di quel metallo e della imposizione all’economia globale del gold standard di marca anglosassone. Ciò dette il colpo di grazia all’economia indiana, decretandone il definitivo assoggettamento a quella britannica.

I testi letterari abbondano di riferimenti a leggi dell’economia, come in questo caso a quella della domanda e dell’offerta di moneta, argomento tra l’altro centrale nelle vicissitudini di altri periodi storici, compreso l’attuale. Presi dalla lettura degli eventi principali, delle storie dei protagonisti o da altre chiavi interpretative, siamo tuttavia portati a non dare ad essi sufficiente attenzione. Eppure questi, talvolta brevi, richiami contengono elementi di contesto, che gli autori spesso sintetizzano, collegandosi proprio al pensiero economico dominante nei tempi di cui scrivono e che si dimostrano estremamente efficaci.

Andarne alla ricerca, commentandone e riclassificandone i contenuti in ragione dei maggiori filoni dell’analisi economica, è l’obiettivo de La ricchezza delle emozioni, Economia e Finanza nei capolavori della letteratura, uscito per i tipi di Carocci Editore (2015, pagg. 311,€. 31), ad opera di Giandomenico Scarpelli, dirigente di Banca d’Italia.

Prima di esporre qualche riflessione sull’utilità di un saggio del genere, si deve premettere che esso è suddiviso, con qualche “pretesa di completezza”, come dice l’autore stesso, in dodici capitoli che raccolgono riferimenti che vanno dalle leggi del valore e della produzione ai temi del liberismo e del protezionismo, dalla imposizione fiscale all’economia dell’ambiente, con una parte assolutamente rilevante (i tre capitoli centrali) riguardanti i richiami letterari ai temi del denaro, del risparmio, degli investimenti finanziari, della speculazione e delle banche.

Sarebbe riduttivo considerare il lavoro una per quanto copiosa, colta e articolata rassegna, contraddistinta dalla felice scelta (per capacità esplicative) di oltre trecento citazioni dalle grandi opere della letteratura occidentale degli ultimi tre secoli e da altrettanto importanti testi di economia

Se nel titolo si coglie l’assonanza con la Ricchezza delle Nazioni di Adam Smith, prima opera del pensiero economico moderno, il senso dell’opera di Scarpelli è quello di creare suggestive trasversalità, avvicinando materie diverse tra di loro come letteratura ed economia, e tuttavia in grado di suscitare emozioni attraverso la capacita’ di disvelare i tratti dell’animo umano nel rapporto con le ricchezze materiali.

Una sfida riuscita alla ben nota definizione di Scienza triste, con cui viene denominata l’Economia Politica. Cosi, per citare qualche esempio, nel “Denaro” di Emile Zola si parla della creazione di una ‘banca universale”, che doveva trattare tutti gli affari di banca, ma sopratutto svilupparsi mediante il finanziamento di grandi progetti internazionali, a sostegno dei quali era posta la rapida crescita dei valori azionari per attirare sempre nuovi investitori. Le abilità finanziarie sfociano in conflitti di interesse degli amministratori, manipolazione della buona fede dei risparmiatori e una governance concentrate nelle mani di pochi, con la compiacenza delle funzioni di controllo e l’insofferenza per ogni azione di contrasto al famelico appetito per il rischio del protagonista, che rievoca i caratteri delle speculazioni dei moderni “lupi della finanza” (ed anche di qualche più nostrano banchiere). Dopo i primi successi, la fiducia senza riserve dei sovventori si trasforma in dubbi e sospetti sull’esito dell’impresa, fino al tracollo finale, preceduto dal panico e dal tentativo di scaricare l’insuccesso su presunte trame dei concorrenti…

Ne “I Viceré” di Federico De Roberto, Don Blasco, esponente religioso della famiglia siciliana degli Uzeda, nonché fervente borbonico si lascia attirare dalla prospettiva di speculare sulla Rendita Italiana 5% dell’odiato neo-stato italiano, i cui titoli, scambiati alla Borsa di Parigi, consentono anche di riscuotere la cedola in franchi, valuta convertibile in oro, e quindi di beneficiare non solo del rialzo dei corsi, ma anche dell’esportazione “legittima” di capitali. È un pezzo insuperabile di letteratura nel quale l’autore mostra di padroneggiare completamente il calcolo del rendimento effettivo delle obbligazioni e di anticipare tendenze mai sopite nella successiva storia italica delle pressoché endemiche fughe di capitali.

Ne “L’obelisco nero” di Eric M. Remarque si rievoca la morte della moneta nella iperinflazione tedesca dei primi Anni Venti del Novecento, descrivendo le tragiche condizioni delle sue vittime e le “idee bislacche” della Reichsbank sul modo di contrastarla. Il paradosso è che lo Stato, vedendo annullarsi, grazie all’inflazione, il valore dei propri debiti, si trova schierato dalla stessa parte degli speculatori che aumentano le proprie ricchezze reali, grazie agli iperbolici segni monetari di banconote ormai diventate carta straccia.
L’opera di Scarpelli, di cui vanno messe in evidenza originalità e forse anche unicità, si dimostra efficace nella ricostruzione di molte emblematiche vicende.

Ma il valore di questo approccio può superare quello di essere un interessante saggio, potendo contribuire al miglioramento dei processi cognitivi in materia di economia e finanza, la cui scarsa predisposizione da parte del grande pubblico viene oggi additata come concausa del diffondersi di speculazioni, frodi e truffe.

Senza mai sminuire le responsabilità degli autori delle malefatte e di chi è deputato ai controlli, il libro può essere un ottimo strumento “di produzione” di educazione finanziaria, da suggerire per l’età scolastica in cui ci si avvicina ai testi della letteratura in maniera più complessa e critica. Rileggerne in seguito i contenuti può mantenerne intatto lo scopo formativo, per costruire generazioni con una più attenta cultura finanziaria.

Siamo infatti dell’avviso che la capacità di colmare i gap conoscitivi dei risparmiatori italiani non possa essere frutto soltanto di una serie di aride cognizioni tecniche, che rischiano di lasciare il tempo che trovano, ma di modalità che, oltre a puntare su un’informazione più trasparente, possano fissare nella mente il valore di più profonde e coinvolgenti riflessioni. Per evitare quindi che l’educazione finanziaria si affermi come moda del momento (e magari anche come lucrosa opportunità di business), non bisogna, come si diceva una volta della guerra, lasciarla ad esclusivo appannaggio dei tecnici; penetrarla mediante strumenti culturali, propri di altre discipline che acuiscono i profili della sensibilità umana, può infatti aumentare capacità di giudizio e spirito di discernimento. Oggi è soprattutto l’arte cinematografica che ha tentato di rappresentare i caratteri di un’epoca di particolare aggressività finanziaria, i cui eccessi stiamo ancora pagando, suscitando emozioni per temi comunque difficili da trattare sotto profili meno tecnici.

Potremmo fare anche altre considerazioni, come quella che un dato periodo storico si possa identificare soltanto attraverso la sublimazione dei propri caratteri in manifestazioni artistico-letterarie. Le citazioni contenute nel libro contribuiscono, per esempio, a dissipare questo dubbio relativamente ad alcuni periodi che la letteratura fa addirittura apparire più netti ed emblematici rispetto a talune ricostruzioni storiche. Ma non ci sembra il caso di addentrarci in argomenti tanto complessi.

Vorremmo più semplicemente concludere che, per quegli opinionisti a cui piace chiudere le proprie riflessioni con qualche richiamo letterario congruente con le tecnicalità di volta in volta commentate, la possibilità di fare ricorso al ricchissimo lavoro di Scarpelli si dimostra davvero allettante.

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