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Due vie rapide per aiutare chi perde il reddito

L’economista ed ex ministro del governo Gentiloni indica le strade da percorrere per sostenere lavoratori dipendenti e autonomi-professionisti. Due parole chiave: semplificare e rendere disponibili subito gli aiuti alzando la soglia da 600 a 1.000 euro. Ecco come

Due vie rapide per aiutare chi perde il reddito

L’urgenza di dare risposte concrete al dramma dei lavoratori i cui redditi sono falcidiati dai contraccolpi economici del Coronavirus deve spingere a individuare, al di là di espressioni suggestive ma vaghe come “elicopter money”, canali molto concreti attraverso i quali integrare temporaneamente le loro entrate. Quel che serve è un programma di spesa pubblica dedicato a tamponare con effetti immediati la perdita di reddito convogliando le risorse verso quanti ne hanno realmente bisogno ma con procedure semplici e rapide, e quindi con tempi di attuazione che devono misurarsi in giorni, non in settimane e tantomeno in mesi.  

Partendo dal decreto “Cura Italia” si possono individuare due canali per ottenere questo risultato, che necessitano però di sviluppi e accelerazioni rispetto al decreto. 

Il primo canale riguarda i lavoratori dipendenti e fa leva su strumenti già esistenti come la Cassa integrazione ordinaria e la Cassa in deroga, che il decreto giustamente estende a tutti i lavoratori dipendenti non coperti dalla Cassa ordinaria. Il primo passo da fare rispetto alle misure del Governo consiste nell’eliminare la norma “rubinetto” per la quale raggiunto il limite di stanziamento previsto non si accettano ulteriori domande: le previsioni di spesa sono necessarie a stabilire lo stanziamento da iscrivere in bilancio ma non possono essere impeditive di un uso dello strumento aperto a raggiungere tutti coloro che ne avranno bisogno. Caso mai, vanno previste fin d’ora le modalità di rifinanziamento ove necessario. 

Il secondo passo avanti da fare riguarda specificamente la Cassa in deroga: per garantire il suo utilizzo in misura realmente generalizzata e nei tempi strettissimi imposti dall’attuale emergenza, è necessario saltare il passaggio costituito dalle procedure che ogni Regione dovrebbe seguire per istruire le domande presentate dalle aziende, per disporre invece che l’impresa presenti richiesta direttamente all’INPS. Infine, con riferimento sia alla Cassa ordinaria che alla Cassa in deroga, è essenziale che l’INPS eroghi i trattamenti in via diretta e al momento stesso del recepimento della domanda, spostando a una fase successiva all’emergenza sanitaria la verifica dei requisiti necessari, accompagnata da sanzioni rafforzate e immediatamente esecutive in caso di abuso. 

Il secondo canale riguarda i lavoratori autonomi, per i quali il decreto prevede una indennità INPS di 600 euro per il mese di marzo, e quei professionisti che al momento sono esclusi dall’indennità perché non iscritti a una gestione INPS (in linea di massima, iscritti alle rispettive Casse previdenziali). Anche qui la prima cosa da fare è eliminare la norma “rubinetto”, per i medesimi motivi detti sopra. Poi sarebbe opportuno portare per il mese di aprile l’indennità a 1.000 euro – sostanzialmente in linea con il tetto previsto per i trattamenti di Cassa integrazione nei confronti dei lavoratori dipendenti – ed estenderla anche ai professionisti iscritti alle Casse. Infine, è necessario introdurre una procedura accelerata di concessione ed erogazione. Per gli uni e per gli altri si dovrebbe prevedere che per avere l’indennità si presenta un’autodichiarazione riguardante la riduzione del proprio fatturato in misura superiore a una determinata percentuale nel mese di riferimento (aprile ed eventualmente, ma speriamo di no, altri mesi successivi). Gli autonomi presenterebbero l’autodichiarazione direttamente all’INPS e i professionisti alla propria Cassa previdenziale, che poi la rigira all’INPS. L’erogazione sarebbe in ambedue i casi effettuata dall’INPS direttamente e al momento del recepimento della domanda. Anche qui la verifica della veridicità dell’autodichiarazione va posposta a dopo la conclusione dell’emergenza sanitaria. 

Le obiezioni a questa proposta sono immaginabili: rischi di possibili abusi, trattamento uguale di situazioni probabilmente diseguali. La risposta è che “il meglio è nemico del bene”: la situazione drammatica di chi vede ridursi drasticamente il proprio reddito corrente richiede che non si vada troppo per il sottile, nulla sarebbe più ingiusto che lasciare da soli quanti non per loro responsabilità stanno subendo perdite di reddito pesanti. In ogni caso, si tenga a mente che le misure ora proposte, essendo basate sulle iscrizioni all’INPS o alle Casse professionali, vanno a sostegno di persone che sono oggi lavoratori attivi ed emersi, il cuore produttivo del Paese. 

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