Condividi

Def, il Governo corregge il deficit nel triennio

Confermato il deficit al 2,4% del Pil nel 2019. Scenderà però al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021. Il governo promette di ridurre lievemente anche il debito – Ma Lega e M5S non rinunciano alle loro pretese immediate su pensioni, tasse e reddito di cittadinanza – Giallo sull’Iva – Stangata sulle banche

Def, il Governo corregge il deficit nel triennio

La nota di aggiornamento al Def prevede un rapporto deficit/Pil “al 2,4% nel 2019, al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021”. Lo ha confermato mercoledì sera il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al termine del vertice a Palazzo Chigi in cui è stato trovato l’accordo sulla cornice della prossima legge di Bilancio.

“Invieremo la Nota aggiuntiva a Bruxelles e al Parlamento”, ha aggiunto Conte, precisando che sul rapporto debito/Pil le previsioni parlano di un calo “dall’attuale 130,9% a sotto il 130% nel 2019 e al 126,5% nel 2021”.

Il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, ha confermato: “Per quanto riguarda il debito prevediamo una riduzione nel triennio di quattro punti percentuali. Negli ultimi tre anni la diminuzione cumulata del rapporto debito/Pil è stata di 0,6 punti”.

Il capo del Governo ha poi aggiunto: “Tutti questi risultati li conseguiremo non rinunciando a quello che abbiamo scritto nel Contratto di Governo: riteniamo che quelle clausole che abbiamo scritto non fossero solo promesse elettorali. È una manovra coraggiosa e seria. Il Paese riparte”.

Purtroppo, al termine della conferenza stampa di mercoledì sera, Conte e Tria non hanno accettato domande da parte dei giornalisti. Il Governo non ha quindi fornito alcuna spiegazione sul perché il Def non contenga – a quanto pare – né le previsioni sull’andamento del Pil, né i dettagli sulle coperture finanziarie delle singole misure previste dal contratto gialloverde.

Il vicepresidente del Consiglio pentastellato, Luigi Di Maio, ha però annunciato che le novità su pensioni e reddito di cittadinanza arriveranno entro marzo 2019: “Tutto parte nei primi tre mesi del 2019, datemi il tempo di mettere a posto i centri per l’impiego e un software per gestirli. Con il 2,4% di deficit/Pil riusciamo a finanziare tutto, non per finta, abbiamo trovato le coperture. Ci sono 10 miliardi, che sono 9 per il reddito e le pensioni di cittadinanza e uno per i centri per l’impiego, ogni anno per tre anni”.

Di Maio ha poi fornito alcuni dettagli sui contenuti della manovra: “L’Iva non aumenterà: si era parlato di una rimodulazione dell’Iva, ma non c’è. L’Iva non aumenterà su nulla. Tagliamo le agevolazioni delle banche che ne hanno avute troppe e ora cominceranno ad averne un po’ di meno. Rifinanziamo l’iperammortamento, il superammortamento e Industria 4.0 che sono misure che aiuteranno le imprese, oltre all’abbassamento dell’Ires per chi investe e chi assume; e più sarà stabile il contratto più sarà bassa l’Ires”.

Tuttavia proprio sull’Iva si è aperto un piccolo giallo. Nelle indicazioni del governo sul deficit/Pil per il triennio – contenute nella Nota di aggiornamento al Def – lo stop all’aumento dell’Iva (clausola di salvaguardia) sarebbe previsto solo per il 2019. Nonostante le ripetute affermazione del vicepremier Di Maio sul fatto che la clausola di salvaguardia sarebbe stata disinnescata “per sempre”, la Nota di aggiornamento la lascia invariata per il 2020 e il 2021 con un costo complessivo di circa 20 miliardi; si tratta cioè di entrate che rimangono conteggiate ai fini della discesa del deficit dal 2,4% del 2019 al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021. Il problema di come finanziare l’abolizione si riproporrà dunque nelle Leggi di Bilancio successive.

Infine le banche. Le dichiarazioni del governo, come si è visto, vanno verso una penalizzazione degli istituti di credito ai quali verrebbero tagliate le detrazioni sugli interessi passivi. Di quanto il governo non lo dice ufficialmente ma secondo fonti governative riportate dalla stampa il costo per le banche sarebbe quantificabile in circa 1 miliardo. Le risorse verrebbero così spostate sul Fondo di ristoro per i risparmiatori colpiti dalle crisi bancarie.

Mancando le cifre, il direttore generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi – interpellato a margine di un convegno – si è astenuto da commenti  “I numeri non ci sono, aspettiamo quelli e le tabelle” ha detto Rossi aggiungendo che lunedì ci sarà un’audizione della Banca d’Italia in Parlamento e in quella sede la banca esprimerà “il suo giudizio”.

Aggiornato alle 11:33 di giovedì 4 ottobre 2018

Commenta