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Debito pubblico, Padoan: “Sale o scende? Ecco la verità”

Il ministro dell’Economia scende in campo nella querelle sul livello record del debito pubblico a 2.194 miliardi. Ricorda che in valore assoluto crescerà fino al 2019, ma scenderà con la ripresa in rapporto al Pil – La spesa è già inferiore alle entrate, al netto degli interessi – La risposta a chi “chiede più deficit e poi si stupisce che il debito sale”

Debito pubblico, Padoan: “Sale o scende? Ecco la verità”

Visco contro Padoan? Sembra, ma non è così. L’apparente contrasto nasce intorno al dibattito (e alle polemiche) sul debito pubblico italiano, che ad aprile ha toccato la vetta dei 2.194,5 miliardi di euro, facendo segnare l’ennesimo record storico in termini assoluti. Il dato, diffuso ieri dalla Banca d’Italia nel suo consueto bollettino statistico, sembra contraddire il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che in più occasioni ha indicato come la programmazione economico-finanziaria abbia posto il debito pubblico su una traiettoria discendente. Ma si è davvero acceso uno scontro fra Via Nazionale e Via XX Settembre? In realtà no, perché il dato più importante non è il valore assoluto del debito, bensì il rapporto fra l’indebitamento e il prodotto interno lordo, che scende se si riduce il debito, ma anche se si aumenta il Pil.  

Per chiarire la questione è intervenuto direttamente il Tesoro, che sulla homepage del proprio sito ha pubblicato in grande evidenza una nota dal titolo “Debito pubblico: ma aumenta o diminuisce?”.

Il ministero cita il Documento di Economia e Finanza 2015, in cui “si può rilevare che la stessa programmazione del Governo prevede che il debito in valore assoluto o in termini monetari cresca in modo continuativo fino al 2019, quando dovrebbe raggiungere il valore di 2.218,2 miliardi di euro (tavola III.9, pag. 60)”.

Nella stessa tabella, prosegue il Tesoro, “viene però indicato l’andamento del valore del debito in relazione al prodotto interno lordo (Pil), che raggiunge il picco nel 2015 (132,5%) e poi declina (120% nel 2019)”. Morale della favola, “il debito monetario aumenta, il rapporto debito/PIL diminuisce”.

A questo punto la spiegazione diventa più tecnica e si concentra diversi aspetti:

1. LE OSCILLAZIONI MENSILI CONTANO POCO: SAPPIAMO GIA’ CHE IL VALORE ASSOLUTO DEL DEBITO CRESCERA’ FINO AL 2019

“Peraltro i supplementi mensili ai bollettini della Banca d’Italia riportano le oscillazioni relative alla gestione del fabbisogno nel corso dell’anno – prosegue la nota –, quindi nella serie mensile è possibile rilevare dei mesi in cui il debito assoluto scende per poi risalire, ma il dato atteso a fine anno è comunque in crescita rispetto al dicembre 2014, e alla fine del 2016 sarà in crescita rispetto al dicembre 2015”, e così via fino al 2019.

2. FINCHE’ C’E’ DEFICIT, IL DEBITO NON PUO’ CHE SALIRE

“L’aumento del debito è ovviamente legato al deficit: poiché i conti pubblici registrano ogni anno una spesa superiore alle entrate, il fabbisogno viene finanziato contraendo debito. Nel dibattito pubblico accade che alcuni commentatori che a volte chiedono maggiore flessibilità nelle finanze pubbliche, cioè una programmazione economica che produca più deficit, si stupiscano dell’aumento del debito. La relazione tra le due grandezze è però molto chiara. Finché c’è un fabbisogno da soddisfare per finanziare il deficit c’è aumento del debito”. Una stoccatina ai rigoristi a parole come il responsabile economico di Fi, Brunetta o ai populismi facili di M5S e Lega.

3. L’ITALIA HA UN AVANZO PRIMARIO: AL NETTO DEGLI INTERESSI SUL DEBITO, LO STATO SPENDE MENO DI QUANTO INCASSA

“Infine è opportuno ricordare che la recente programmazione finanziaria in deficit non è frutto di una logica dissipativa: lo Stato spende meno di quanto incassa, al netto degli interessi sul debito pubblico. Nel 2015 la differenza tra entrate e uscite dello Stato senza tener conto degli interessi sul debito (il cosiddetto avanzo primario) sarà positiva e pari a 1,7% del Pil. Ma poiché gli interessi sul debito ci costeranno 4,2% del Pil, il saldo finale tra entrate e uscite sarà negativo e pari al 2,5% del Pil”.

4. L’OBIETTIVO DEL GOVERNO E’ CONCILIARE LA PROGRESSIVA RIDUZIONE DEL DEFICIT CON MISURE ESPANSIVE CHE FAVORISCANO LA RIPRESA

“Il Governo ha messo in atto una programmazione finanziaria che concilia l’esigenza di ridurre il debito – attraverso una progressiva riduzione del deficit – con l’esigenza di favorire la ripresa, attraverso misure espansive come la riduzione dell’Irap, il bonus fiscale di 80 euro per i lavoratori a basso reddito, la revisione della spesa per ridurne il peso complessivo e migliorare l’allocazione delle risorse pubbliche con l’obiettivo di erogare servizi migliori ai cittadini. La riduzione del deficit è progressiva proprio perché la programmazione finanziaria deve tenere conto dell’esigenza, in questa fase, di sostenere la ripresa”, conclude il ministero.

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