Condividi

Deaglio: “L’economia del monopattino ci ridà un po’ di fiducia”

INTERVISTA A MARIO DEAGLIO, economista e autore del Rapporto sul capitalismo del Centro Einaudi – “Il monopattino è un buon esempio della ricerca di nuovi modelli per affrontare l’incertezza dell’economia in un mondo che cambia velocemente – Le nostre imprese stanno cambiando i paradigmi della crescita meglio di altri: ecco perchè, al netto della capacità di farci male e dei cigni neri, possiamo dirci ottimisti”

Deaglio: “L’economia del monopattino ci ridà un po’ di fiducia”

Alluvioni, incendi. E, tanto per non fare mancare niente ad un anno che già prometteva turbolenze in grande quantità, l’incubo dell’epidemia, il cigno nero per eccellenza che nel giro di pochi giorni ha già liquidato le previsioni di fine 2019 dei centri studi dell’economia globale. Non è questione di qualche decimale di crescita, ammonisce Mario Deaglio, l’economista da sempre attento ad intercettare i segnali di cambiamento, nel suo rapporto sul capitalismo curato (edizione numero 24) per il Centro Einaudi, bensì della capacità di adattamento ad una situazione che evolve ad una velocità finora sconosciuta e che propone novità fino a ieri impensabili.

Che dire, ad esempio, della Svezia tradizionale punto di riferimento di un modello sociale inclusivo per eccellenza. La realtà ci propone un quadro ben diverso: sessanta aree del Paese scandinavo sono giudicate ad alto rischio dalla polizia, che evita di avventurarvisi. Intanto l’agenzia per l’alloggio, uno dei fiori all’occhiello del modello svedese, annuncia che i tempi di attesa per l’assegnazione di una casa in affitto a Stoccolma, secondo i canoni previsti dall’ente pubblico, sono saliti in media a dieci anni e cinque mesi. E’ un mondo complicato, insomma, non solo per il coronavirus. Ma che offre anche nuovi modelli per affrontare l’incertezza: l’economia del monopattino.    

“I miei nipotini – spiega Deaglio – usano il monopattino per spostarsi a Torino sulle distanze brevi, senza code o stress da traffico, parcheggio compreso. E non si crea inquinamento. E’ un buon esempio di integrazione di tecnologie tradizionali ed economia digitale. Grazie ad una App loro sanno dove trovare il mezzo e dove lasciarlo a fine uso, protetto da una password. E’ un buon esempio di quel fenomeno, largamente imprevisto, di innovazioni laterali che derivano da innovazioni fondamentali in senso schumpeteriano. Io ne ho individuate sette”. 

Compreso il monopattino? 

“E’ un esempio di innovazione rivisitata alla luce della modernità che è esplosa negli ultimi tempi assieme al fenomeno della condivisione dei beni un tempo di proprietà strettamente personale, oggi aperto ad un’ampia utilizzazione. L’economia dello sharing cresce a velocità esponenziale. Basti pensare ai cambiamenti indotti dal modello Airbnb sulle abitudini degli italiani, a partire dall’affitto breve che è diventato per molti un integratore rilevante del reddito familiare. Ma ci sono altre innovazioni laterali non meno importanti che hanno investito il sistema dei pagamenti o la struttura del commercio investito dall’effetto Amazon che promette un’ulteriore rivoluzione. Ma le novità sono tante. E riguardano un po’ tutti i campi. Anche la medicina”. 

 Sta cambiando anche il modo di curarsi? 

“Cambierà sempre di più. L’uso di sperimentazioni condotte con strumenti elettronici che consentono conoscenze approfondite dei meccanismi cellulari sta portando alla creazione di farmaci progettati per specifici individui. E, probabilmente non a caso, si manifesta un  curioso recupero di metodi del passato: è sempre più frequente il numero di farmacie che realizzano rimedi ad personam”. 

La rivoluzione digitale offre molte possibilità ma è senz’altro al vertice della stagione delle incertezze. Non è così? 

“Assolutamente sì. L’incertezza che deriva da una situazione nuova produce un senso di smarrimento e di frustrazione che è una delle cause dell’incattivimento globale e contribuisce alla discesa degli investimenti netti. La digitalizzazione, accolta all’inizio con entusiasmo, ora fa paura”. 

All’origine c’è la sfiducia che coinvolge consumatori e produttori. Come se ne può venir fuori? 

“Credo che sia decisivo il ruolo del sistema. E’ in momento come questo che diventa essenziale il ruolo dell’educazione continua capace di assicurare ai cittadini gli strumenti per adeguare la propria formazione alle esigenze dell’economia”. 

Periodi sabbatici per tutti ed un forte investimento nella formazione lungo l’intero arco della vita lavorativa. Quale struttura può sopportare un costo simile? 

“Sarà necessario ricorrere alla web tax. Una soluzione equa anche alla luce degli abnormi profitti per giunta in fase di accelerazione. Certi risultati non sarebbero stati possibili senza gli sforzi del sistema pubblico a partire dalla ricerca di base che ha reso possibile la nascita di Internet. E’ giusto che i vincitori restituiscano parte dei guadagni”. 

Ma i risultati, specie in Usa, non son frutto degli investimenti privati? 

“In realtà in questi anni il capitalismo ha investito davvero poco. La Borsa americana non ha svolto da tempo il ruolo di raccolta dei capitali. Semmai, attraverso il meccanismo dei buy back e il fenomeno dei tagli alle imposte praticato da Trump, il mercato azionario ha restituito poco all’economia. Le statistiche dell’economia americana sono impietose: fatto 100 il Pil reale del 2007, prima della crisi, gli Stati Uniti sono saliti a 120,7. Ma nello stesso periodo la capitalizzazione reale del mercato azionario è salita 207,5. Molto di più del reddito reale delle famiglie, fermi a 103,6. I frutti del digitale non hanno beneficiato la massa dei produttori”. 

In questa situazione di incertezza generale l’Italia sembra destinata a non fare notizia. Non si parla più, per fortuna, del rischio di uscita dall’euro. Anche la polemica con Bruxelles sembra tornata su binari più tradizionali. E’ così? 

“E’ così, e speriamo che duri un atteggiamento più costruttivo. L’Italia ha gravi problemi, ma se guarda oltre la porta di casa, si può dire lo stesso di altri Paesi. L’Italia continua a soffrire della tradizionale vulnerabilità del sistema istituzionale. Ma è un handicap con cui siano abituati a convivere da sempre. Entro certi limiti abbiamo sviluppati anticorpi che ci permettono di reagire meglio degli altri nonostante la corsa in salita. Resto sempre meravigliato quando scorro la lista delle pubblicazioni scientifiche. Nonostante risorse inferiori agli altri e non pochi scompensi per lo più provocati dalla burocrazia, l’Italia resta nella top ten delle pubblicazioni scientifiche”.

Ma l’economia segna il passo… 

“Le nostre imprese, a giudicare dai risultati, stanno affrontando un cambiamento dei paradigmi della crescita meglio di altri. Saremo in grado, ad esempio, di sfruttare al meglio la rivoluzione verde che Ursula Von der Leyen intende promuovere a livello europeo”.  

Insomma, vaccinati dalle difficoltà, siamo più adatti di altri a fronteggiare il cambiamento.

“Luca De Meo, chiamato da Renault ad affrontare una situazione complicata per mille ragioni, è un esempio classico le virù che gli altri ci invidiano”. 

Dopo anni di frustrazioni e paure, professore, sento di nuovo una nota di ottimismo. E’ così? 

“Sì, al netto della capacità di farci del male e dei cigni neri, possiamo dirci ottimisti”.  

Commenta