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Dazi, Wto approva la stangata Usa alla Ue e affonda le Borse

Il Wto approva i nuovi dazi Usa per 7,5 miliardi contro gli aiuti Ue per Airbus: Piazza Affari perde il 2,8% e lo spread risale – Sprofondano le altre Borse che pagano anche l’effetto Brexit

Dazi, Wto approva la stangata Usa alla Ue e affonda le Borse

Si chiude un mercoledì nero per i mercati europei, già nervosi in mattinata per il rischio recessione e per la Brexit. Nel pomeriggio arriva la stangata finale firmata Wto, con il verdetto sul contenzioso Usa-Ue per l’Airbus. I giudici hanno stimato in 7,5 miliardi di dollari le contromisure adottabili per il danno causato dai sussidi erogati e gli Stati Uniti potranno imporre dazi per un ammontare equivalente sull’export dell’Unione. Secondo Coldiretti la bolletta per l’Italia potrebbe arrivare a un miliardo di euro. 

Intanto per Piazza Affari il conto di giornata è -2,87%, una discesa a 21.298 punti. Più stabile l’obbligazionario, che chiude comunque in rosso. Lo spread fra decennale italiano e tedesco sale a 143 punti base (+1,56%) e il rendimento del Btp cresce a 0,89%.

Non è molto diversa la situazione a Francoforte -2,78%; Parigi -3,12%; Madrid -2,77%; Londra -3,31%. Paga pegno anche Wall Street, che dopo un’apertura negativa, sta accelerando al ribasso. 

La sentenza del Wto arriva d’altra parte in una situazione in cui la recessione globale fa paura, dopo il calo della manifattura segnalato ieri dagli indici della zona euro e degli Stati Unit e con i nuovi segnali di debolezza di oggi, a partire dalla Germania su cui sono state tagliate le stime di crescita dai principali 5 istituti economici tedeschi sia nel 2019, +0,5%, da +0,8%, sia nel 2020 +1,1% da +1,8%. Negli Usa l’incremento dei posti di lavoro nel settore privato è risultato inferiore alle attese (135mila contro attese superiori a 150mila). Sullo sfondo restano inoltre le preoccupazioni sulle tariffe commerciali fra Stati Uniti e Cina, con le trattative che dovrebbero ripartire la settimana prossima. Fra i problemi in primo piano c’è la Brexit, il cui conto potrebbe risultare molto salato se si proseguirà sulla strada di un non accordo, deriva sempre più probabile dopo l’ultimatum di Boris Johnson alla Ue e il suo ribadire “il 31 ottobre usciremo comunque”. La proposta del primo ministro per l’Irlanda del Nord è che rimarrà sotto i regolamenti del mercato unico per i prodotti agroalimentari e i manufatti fino al 2025, senza controlli al confine o nei pressi del confine.

Completano il fosco quadro odierno le tensioni geopolitiche, dalle proteste a Hong Kong al lancio di un missile da parte della Corea del Nord.

In questo contesto l’oro, come bene rifugio, riprende colore e sale di oltre un punto percentuale, muovendosi intorno a 1506,90 dollari l’oncia. L’euro-dollaro è moderatamente favorevole alla moneta unica, con il cambio a 1,0957. La divisa europea prevale sulla sterlina, con il cross in zona 0,89. 

Il petrolio invece viaggia in discesa, intimorito dalla prospettiva di una congiuntura stagnante. A maggior carico arriva anche un incremento delle scorte settimanali Usa superiore alle attese, il terzo di fila dopo 5 settimane in calo. Brent -2,4%, 57,48 dollari al barile.

In Piazza Affari, come sugli altri listini europei, si contano feriti a decine. Fra le blue chip solo Banco Bpm resiste alle vendite quasi fino alla fine, sostenuta dalla possibilità di un nuovo risico bankario. Negli ultimi minuti però cede e lascia sul campo lo 0,24%, cosicché tutte le big cap risultano negative.

La fuga dalle azioni penalizza soprattutto Telecom, -5,38%; Buzzi -4,92%; Atlantia -4,34%; Amplifon -4,34%; Tenaris -4,17%; Unicredit -4,06%; Ferrari -3,93%; Recordati -3,88%; Diasorin -3,7%; Prysmian -3,69%.

Fuori dal listino principale Bio on perde un altro 10,5% e scende a 8,95 euro per azione, dopo il tonfo di ieri dovuto ai risultati semestrali su cui la Consob ha richiesto ulteriori precisazioni. La società, attiva nel settore delle bioplastiche, ha reso noto fra l’altro che la relazione semestrale consolidata riporta la disponibilità degli azionisti fondatori a supportare finanziariamente la società per un importo pari a 10 milioni di euro in 12 mesi.

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