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Dazi, cosa succede dopo l’accordo Usa-Giappone. Nuovi scenari commerciali: il 10% è il nuovo zero?

Il nuovo accordo Usa-Giappone può servire come modello per altri Paesi: dopo il Vietnam e l’Indonesia, anche Filippine, Thailandia, Corea del Sud e Cina hanno le idee più chiare. Unendo i puntini emerge un certo livello di prevedibilità: un livello di dazi attorno al 10-15% è considerato sostenibile per le economie

Dazi, cosa succede dopo l’accordo Usa-Giappone.  Nuovi scenari commerciali: il 10% è il nuovo zero?

Con gli accordi commerciali di stanotte tra Usa e Giappone, l’intricata matassa dei dazi imposti da Trump sui suoi partner commerciali dopo mesi di incertezza inizia a dipanarsi e gli analisti possono ora intravedere i contorni generali di un nuovo scenario commerciale, a partire dall’Asia. L’intesa più rilevante dal ‘Liberation Day’ di inizio aprile potrebbe servire da punto di riferimento per molti altri accordi attualmente in fase di negoziazione con Washington, mentre secondo gli analisti l‘economia globale potrebbe essere in grado di sostenere il livello del 15% concordato questa notte.

Ieri Trump ha annunciato un accordo con il Giappone che fissa i dazi sulle importazioni del Paese al 15%, (mentre a giorni sarebbero entrati in vigore dazi del 25%), comprese le automobili, che rappresentano di gran lunga la componente più consistente del deficit commerciale tra i due Paesi. In cambio Tokyo si è impegnata a investire in terra Usa 550 miliardi di dollari.

Sempre ieri gli Usa hanno siglato anche un accordo con le Filippine con un tasso fissato al 19%, lo stesso livello concordato dall’Indonesia e un punto percentuale al di sotto del livello di base del 20% del Vietnam, il che indica che è probabile che la maggior parte del Sud-est asiatico riceva un tasso simile.

L’accordo con il Giappone fa ben sperare in accordi anche in altri Paesi, come Corea del Sud e la Thailandia. Quest’ultima spera in un accordo con gli Usa che riduca un dazio minacciato del 36% sulle sue esportazioni prima della scadenza del 1° agosto, secondo il ministro delle Finanze, Pichai Chunhavajira, che spera in una conclusione dei colloqui entro pochi giorni. Il ministro dell’Industria della Corea del Sud ha detto oggi che esaminerà attentamente i termini dell’accordo commerciale tra Stati Uniti e Giappone, prospettando una maggiore cooperazione nei settori energetico e industriale in vista dei principali colloqui commerciali a Washington. Giappone e Corea del Sud competono in settori come l’auto e l’acciaio, quindi l’accordo commerciale di Tokyo aumenterà la pressione su Seul affinché raggiunga un livello simile del 15%, o migliore, entro la scadenza del 1° agosto, per evitare dazi statunitensi reciproci del 25%.

Intanto il Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent ha dichiarato che incontrerà le sue controparti cinesi a Stoccolma la prossima settimana per il terzo round di colloqui per estendere la tregua tariffaria e ampliare le discussioni. Con la Cina gli Usa hanno intrapreso un sentiero di accordi per temi, che ha visto da una parte gli Stati Uniti che hanno recentemente allentato le restrizioni sui chip e la Cina che ha ripreso le esportazioni di terre rare.

“Viviamo in una nuova normalità in cui il 10% è il nuovo zero e quindi il 15% e il 20% non sembrano così male se tutti gli altri li avessero”, ha affermato a Bloomberg Trinh Nguyen , economista senior per l’Asia emergente di Natixis. Con un livello tariffario del 15%-20%, è ancora redditizio per le aziende statunitensi importare dall’estero piuttosto che produrre beni simili in patria, ha aggiunto.

Mettendo insieme tutti questi elementi, finalmente emerge un certo livello di prevedibilità dopo sei mesi di minacce tariffarie che a un certo punto avevano portato i dazi al 145% sulla Cina e a quasi il 50% su alcuni esportatori asiatici minori. Gli investitori hanno accolto con favore la mossa, con le azioni asiatiche in rialzo al massimo in un mese e i contratti future S&P 500 in rialzo. L’indice Nikkei-225 in Giappone è balzato del 3,2%, con Toyota Motor Corp. e altre case automobilistiche a guidare i guadagni. Sempre ieri il presidente Trump ha annunciato che il Giappone formerà una joint venture per sviluppare un progetto di gas naturale liquefatto in Alaska.

Ad aprile, Trump ha premuto il pulsante “pausa” sulle imposte più elevate, dopo che il potente mix di indebolimento di azioni, obbligazioni e dollaro statunitensi ha mostrato che gli investitori erano infastiditi dalle sue incursioni protezionistiche di Trump. Ciò ha dato tempo ai politici di Tokyo, Manila e di tutto il mondo per negoziare accordi più appetibili.

Sebbene gli ultimi accordi portino un po’ di sollievo, rimangono ancora interrogativi cruciali. L’amministrazione Trump sta ancora valutando una serie di dazi settoriali su beni come semiconduttori e prodotti farmaceutici, che saranno cruciali per le economie asiatiche, tra cui Taiwan e India, entrambe ancora in attesa di accordi tariffari con gli Stati Uniti. Mentre Trump procede rapidamente nei colloqui con i paesi che rappresentano la maggior parte del deficit commerciale degli Stati Uniti, ha anche detto che potrebbe colpire circa 150 paesi più piccoli con un’aliquota forfettaria compresa tra il 10% e il 15%.

Le aziende asiatiche possono iniziare a riorganizzarsi

Ora che si sta delineando una certa certezza sui livelli tariffari, le aziende con catene di fornitura complesse in tutta l’Asia e che dipendono ancora dai consumatori statunitensi possono iniziare a valutare come riorganizzare le proprie attività per ridurre al minimo l’impatto sulle vendite. Proprio come la prima guerra commerciale del 2018, è probabile che gli ultimi annunci di dazi spingano le aziende a spostare sempre più la produzione al di fuori della Cina. Da mesi, aziende e gruppi industriali segnalano che l’incertezza è peggiore dei dazi sugli investimenti. Il settore manifatturiero nella regione dell’Asia ha registrato il più significativo indebolimento da agosto 2021, secondo l’ indice Pmi S&P, a causa di un netto calo dei nuovi ordini, di ingenti tagli al personale e di un’attività di acquisto più debole. Con l’entrata in vigore delle nuove tariffe, probabilmente segnaerà il passo quella folle corsa alle spedizioni negli Usa prima che scattassero i dazi.

Certo è che, se da una parte i nuovi livelli di tariffe nella fascia del 15-20%, sono inferiori a quelli minacciati, risultano anche molto più alti rispetto a prima dell’insediamento di Trump del 10%”. In una nota gli analisti di Barclays Plc dicono che ciò distorce i rischi per le previsioni di crescita del Pil per l’Asia “verso il basso”.

Per gli Stati Uniti restano i rischi di maggiore inflazione

Per i consumatori statunitensi, finora risparmiati dallo shock dei dazi, gli economisti avvertono che è probabile che ci saranno delle ripercussioni nei prossimi mesi. Gli economisti di Goldman Sachs prevedono ora che l’aliquota tariffaria “reciproca” di base negli Stati Uniti aumenterà dal 10% al 15%, un risultato che minaccia di alimentare l’inflazione e di pesare sulla crescita economica. Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha detto di voler vedere dove finiscono i dazi e come si infiltrano nell’economia prima di tagliare i tassi di interesse, con grande disappunto di Trump. “Le tariffe medie per gli Stati Uniti erano intorno al 2,5% per il 2024 (mentre) attualmente le tariffe medie si attestano intorno al 17%”, ha affermato Mohit Kumar di Jefferies, riferendosi all’aumento dei dazi globali dopo l’annuncio di Trump del cosiddetto “Giorno della Liberazione” del 2 aprile.

Non solo Asia: le attese per gli accordi con l’Unione europea

Dopo aver definito il contorno degli accordi in Asia, ora si aspettano anche quelli nell’Unione europea. Trump ha detto ieri che oggi arriveranno a Washington i rappresentanti dell’Ue per i negoziati commerciali. Ciò ha alimentato le speranze di un accordo con l’Europa, anche se l’Ue stava, a quanto pare, mettendo a punto contromisure in caso di stallo prima della scadenza del 1° agosto. Tra le a minacce di dazi sulle grandi economie al momento c’è il 30% sull’Ue, il 35% sul Canada e il 50% sul Brasile. Un livello del genere per la Ue sarebbe economicamente debilitante visto che dipende fortemente dal commercio e cancellerebbe intere porzioni del commercio transatlantico, dicono gli economisti. Inizialmente l’Ue sperava di poter ottenere una tariffa di circa il 10%, ma in seguito ha accettato che il risultato sarà probabilmente superiore di almeno diversi punti percentuali.

L’Euro STOXX 600 oggi è balzato dell’1%, con le azioni auto in aumento del 3,6%, mentre le azioni del Regno Unito hanno raggiunto un livello record, salendo dello 0,5%. La notizia dell’accordo commerciale “ha fatto sorgere la speranza che gli Stati Uniti siano sul punto di raggiungere accordi con altri Paesi per evitare i dazi più elevati del 1° agosto”, hanno scritto gli analisti della Deutsche Bank in una nota.

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