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Danieli scatta in Borsa del 4%. Il suo acciaio resiste alle tariffe di Trump. Prospettive in vista. Ecco i dettagli

Danieli scatta in Borsa del 4%. Il suo acciaio resiste alle tariffe di Trump. Prospettive in vista. Ecco i dettagli

Danieli, colosso italiano dell’acciaio, scatta in borsa oggi per oltre il 4% continuando un trend al rialzo iniziato a metà luglio. L’azienda friulana ha mostrato nei suoi conti una buona resistenza ai dazi di Trump sul settore grazie alla tipologia dei suoi prodotti. Gli analisti vedono una buona espansione, anche grazie all’interesse per l’ex-Ilva di Taranto e del polo di Piombino con gli ucraini di Metinvest.

L’anno fiscale dell’azienda, che chiude a giugno, ha evidenziato ricavi in calo a 2 miliardi (-3%), ma con ebitda stabile a 163 milioni (+2%) e utili in crescita del 27% a 125 milioni. Dai minimi di circa 23 euro di gennaio, il titolo è tornato ben sopra i 36 euro e la capitalizzazione è risalita a 2,63 miliardi.

“Nonostante un primo semestre con volumi stabili, la nostra attenzione all’ottimizzazione operativa e all’efficienza ha dato i suoi frutti” ha detto Camilla Benedetti, vicepresidente di Danieli e presidente della controllata Abs. “Siamo riusciti a migliorare la redditività, anche grazie alla gestione mirata delle quote di Co2, che ha contribuito al nostro risultato complessivo”. Nei mesi passati “abbiamo pagato il costo dell’energia, che ha un impatto del 30% nel processo di trasformazione” aggiunge Benedetti. “Ma con il nuovo Decreto Energy Release, che dovrebbe dimezzare i prezzi, potremmo essere in grado di migliorare ancora il dato sui profitti”.

Dal punto di vista tecnico, il titolo nel breve periodo vede un ampliamento della performance positiva della curva con prima area di resistenza individuata a quota 36,55 euro: giusto stamane ha toccato un massimo a 36,60 euro. Le attese sono per un aumento della trendline rialzista verso l’area di resistenza 37,7, dicono gli analisti. Il rischio di eventuale correzione è fino al target 35,4 euro.

Danieli al riparo dai dazi Usa: i suoi acciai speciali non sono sostituibili

I dazi internazionali, sebbene alti nel settore (50%), incidono poco sul gruppo. Infatti il core business della società non è la produzione di acciaio, bensì la costruzione di impianti siderurgici green e digitalizzati. Per questo motivo il livello delle tariffe per il gruppo friulano oscilla tra il 15-20%, senza contare che solo il 15% dei ricavi della divisione degli impianti arriva dagli Usa.

E’ la controllata Abs, che si occupa della produzione di acciaio, a Cargnacco (Udine) e a Sisak in Croazia. La società genera il 55% del fatturato in Italia, il 35% in Europa e il resto fuori dall’Ue. Gli Usa rappresentano solo il 2% dei ricavi di Abs, che importa acciai speciali: di tratta di materiali realizzati da una manciata di società americane e quindi non sostituibili con prodotti locali. “I nostri clienti americani sono più interessati alla qualità che ai prezzi, di conseguenza sono disposti a riconoscere di più per i nostri prodotti. Per Danieli, quindi, i dazi non dovrebbero rappresentare una criticità“, osserva Benedetti. “Negli Usa, poi, siamo in grado di offrire un servizio completo, che va dalla costruzione dell’impianto fino al suo avviamento, oltre alla successiva manutenzione, grazie ai nostri centri locali. In questo modo i nostri servizi restano competitivi e i clienti riescono a risparmiare”.

Per rinforzarsi ulteriormente, nel 2024 Abs ha investito 41 milioni (il 54,3% dell’ebitda) nell’innovazione del processo e delle tecnologie di produzione. In questo modo la controllata di Danieli, prima azienda siderurgica in Italia, è riuscita a ottenere la certificazione per la Business Continuity. Il merito è anche del piano di de-carbonizzazione per ridurre del 30% le emissioni di Co2 entro il 2030 rispetto al 2023. Questo sforzo richiederà investimenti per 572 milioni e ne godrà a cascata l’intero gruppo.

“È complicato fare previsioni in una situazione di grande incertezza internazionale come quella attuale, ma in linea di principio posso dire che confermeremo le previsioni di una redditività contenuta nella produzione di acciaio e più robusta nell’impiantistica” prevede Benedetti. “I risultati dei due settori si compenseranno e dovremmo chiudere l’anno fiscale con un risultato netto positivo e in crescita. Il buon andamento dell’impiantistica ci permette di ragionare sul futuro con fiducia: resteremo competitivi a livello mondiale”.

L’interesse per l’ex-Ilva di Taranto e il polo di Piombino

In Italia Danieli ha mostrato interesse per Ilva e Piombino. Riguardo al rilancio di Taranto gli analisti di Equita continuano a indicare rating buy su Danieli con target price a 41 euro. “Il gruppo è leader globale nella tecnologia dei forni arco elettrici e con Midrex si contende larghissima parte del mercato globale degli impianti di Dri (preridotto). L’evoluzione a Taranto rimane quindi da monitorare visti i potenziali investimenti di grandi dimensioni: pensiamo sul piano attuale oltre 5 miliardi”

Un’altra opportunità, più concreta, arriverà invece dalla joint venture con gli ucraini di Metinvest per rilanciare il polo di Piombino, dove sorgerà un impianto green da 2,7 milioni di tonnellate di acciaio. In questo caso l’investimento complessivo ammonta a circa 3 miliardi e per il 50% sarà realizzato da Danieli. “È l’ordine più importante della storia del gruppo” dice ancora Equita. “Il contratto vale quasi il 50% dell’acquisizione ordini attesa per il 2026 e può avere una solida marginalità superiore al 10%. L’accordo con Metinvest, principale produttore siderurgico ucraino, rafforza le relazioni tra Danieli e Kiev, e apre evidenti opportunità nella ricostruzione del Paese”.

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