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Dalla California al Politecnico di Milano: quando lo smartphone ti salva la vita

Spopolano le app della salute sulla scia del movimento Quantified self nato in California – Ma anche i giovani start upper italiani scendono nell’arena con idee vincenti – iHearty: la cover che “entra in azione” in caso di “emergenza” – iDon’t, l’app per disintossicarsi da internet

Dalla California al Politecnico di Milano: quando lo smartphone ti salva la vita

C’è la app che sforna la dieta personalizzata, quella che monitora il sonno e quella che rileva il battito cardiaco. Le app della salute sono ormai una realtà in rapida espansione:  da nicchia per sportivi a nuova frontiera per il “digitalizzato” medio. Un trend nato in California sulla scia del movimento Quantified Self che punta a far accrescere la consapevolezza sul proprio stile di vita attraverso la misurazione delle attività quotidiane che incidono sul benessere. La californiana Jawbone ha per esempio lanciato il famoso braccialetto Up, che  attraverso dei sensori monitora la nostra attività quotidiana (numero dei passi fatti nella giornata, l’obiettivo è 10mila secondo le indicazioni Oms; e qualità del sonno) e ci avvisa se stiamo troppo fermi.  La società Azumio, indirizzo Palo Alto, ha inventato Argus che raccoglie in una unica applicazione per smartphone il monitoraggio su sonno, dieta, dati biologici (come la pressione e il battito cardiaco).  Ma anche i giovani start upper italiani sono entrati nella partita. Nata dall’incubatore del Politecnico di Milano PoliHub, la start up Empatica produce un bracciale che misura, tra le altre cose,  la frequenza cardiaca e la temperatura della pelle e ambientale, interpretando  i parametri fisiologici per ricavarne gli stati emotivi dell’utente. Obiettivo: misurare le emozioni delle persone durante ogni istante della vita per  migliorarne la qualità di vita.

Smartphone e applicazioni,  grazie ai sensori  integrati, si sono ormai trasformati in medici e personal trainer e stanno rivoluzionando il rapporto delle persone con la salute(oltre ad aver aperto nuove possibilità nel mondo delle tecnologie a supporto della disabilità, l’incubatore Make a Cube ne discute nel convegno Tech4ability il prossimo 6 maggio, Milano, via Ampère 61/a alle 16). Non mancano, tuttavia, i rischi di questa nuova frontiera: dalle cure fai-da-te a  chi, dopo la dipendenza da Facebook eTwitter, passa alla dipendenza dell’”ipocondriaco”, consultando forsennatamente parametri e diagnosi. Che sia un Like su Facebook o la messa a punto della propria dieta, lo stress da troppa tecnologia rischia di minare i tempi del nostro benessere invece che migliorarci la vita. Ecco perché il trentaseienne Tommaso Martelli, professionista nel mondo della comunicazione digitale, ha invece pensato a un’app per disintossicarsi da internet. In altre parole un sistema che “obbliga” a sconnettersi dalla rete. Così nasce iDon’t: un’app che, complice un questionario di valutazione sul nostro grado di dipendenza,  a un certo punto blocca tutte le applicazioni del nostro telefono, lasciandoci liberi di usare solo mail, telefono ed sms, fino allo scoccare della mezzanotte.

E c’è chi invece ha trasformato il continuo e frenetico contatto con i telefoni cellulari in qualcosa di utile. “Smanettare” tutto il giorno su Fecebook, Candy Crush e Whatsapp, potrebbe in questo caso salvarci persino la vita. Un giovane designer monzese, Ettore Giordano, anch’egli laureatosi al Politecnico di Milano, ha lanciato i Hearty: una cover per smarphone in grado di “dialogare” con il nostro corpo e con lo smartphone “entrando in azione” in caso di emergenza. Sviluppata insieme alla start up Biocubica (di tre giovani ingegneri biomedici: Caterina Salito, Dario Bovio, Barbara Uva), la cover riesce a capire grazie a dei sensori integrati se si sta verificando un infarto o una crisi epilettica ed è in grado di far partire una chiamata al centro emergenza comunicando posizione e stato fisico. La cover è anche in grado di avvisarci dopo una lunga esposizione ai raggi solari o se l’ambiente in cui vive è troppo secco o troppo umido. Oggi esistono dei prototipi funzionanti e l’obiettivo è trovare i finanziamenti per arrivare alla produzione dei dispositivi. Giordano, che è già stato contattato da diverse aziende, ha lanciato una campagna di crowdfunding su Indiegogo: target 125mila dollari secondo la formula “all or nothing”, se non si dovesse raggiungere il budget prefissato i fondi torneranno automaticamente ai finanziatori (c’è tempo fino a 6 maggio per aderire).

Un’idea che strizza l’occhio anche alla sostenibilità, che ha fatto in buona parte la fortuna per esempio anche del progetto Phonebloks, lo smartphone che si può assemblare come i Lego a seconda delle proprie necessità ideato dal designer Dave Hakkens il cui video su Youtube lo scorso settembre è diventato un fenomeno virale sulla rete: il telefonino non viene buttato via ma viene ricomposto ogni volta con moduli diversi s a seconda delle esigenze individuali . Di fronte al proliferare di smartphone con sensori integrati e app, l’idea di Giordano di una cover per cellulare vuole invece rispondere anche la necessità sempre più sentita nel mondo hitech di soluzioni “sostenibili”, riciclabili, per ridurre l’ammontare di rifiuti tecnologici che il consumo sempre più veloce di tecnologi a sta creando (i sensori della cover non muoiono con lo smartphone ma possono essere trasferiti al nuovo telefono).

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