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Commercialisti Palermo, Escheri: “Il nostro ruolo dovrebbe essere più rilevante”

“L’attività dei commercialisti è spesso erroneamente percepita come quella di complici dell’evasione fiscale, del riciclaggio e di altre forme di criminalità economica. Tutto questo scoraggia i giovani e demotiva i colleghi più anziani”. Sono le parole del Presidente dell’Ordine dei commercialisti di Palermo, Fabrizio Escheri.

Commercialisti Palermo, Escheri: “Il nostro ruolo dovrebbe essere più rilevante”

“L’attività dei commercialisti è spesso erroneamente percepita come quella di complici dell’evasione fiscale, del riciclaggio e di altre forme di criminalità economica. Tutto questo scoraggia i giovani ad aprire il proprio studio professionale e demotiva i colleghi più anziani”.Sono le parole del Presidente dell’Ordine dei commercialisti di Palermo, Fabrizio Escheri, che sottolinea la necessità di un maggiore riconoscimento dell’identità professionale della categoria.

La terza tappa tra gli Ordini territoriali dei commercialisti dello stivale vede protagonista Palermo, nella figura del Presidente Fabrizio Escheri, che affronta le varie problematiche legate alla categoria e spiega come nella regione Sicilia sia crescente il numero di colleghi impegnati in collaborazioni professionali con studi dei paesi del Nord Africa, al fine di supportare le imprese siciliane operanti in quel mercato.

Cosa pensa dell’equipollenza tra revisori contabili e commercialisti?

“L’attività di revisore contabile è tradizionalmente appannaggio dei commercialisti che, tra l’altro, ne hanno per lungo tempo determinato i principi. Essa è quindi una funzione professionale che rientra appieno tra quelle svolte dai commercialisti. Pertanto penso che si debba parlare di equipollenza monodirezionale, nel senso che tutti i commercialisti sono certamente revisori contabili, mentre non tutti i revisori contabili possono essere considerati commercialisti. Ovviamente ritengo che si possa e debba prevedere una specifica formazione per i commercialisti impegnati anche in tale delicata funzione, con corsi e attività mirate, come quanto già accade per i commercialisti-revisori di enti locali”.

Stiamo assistendo ad una diminuzione degli studi professionali a causa della crisi e del timore della crisi, dunque rispettivamente chiusura degli studi professionali e difficoltà o paura di aprirne nuovi. Cosa sta succedendo?

“La crisi economica generale e diffusa che il nostro Paese sta attraversando da oltre cinque anni ha colpito il cuore del mercato di riferimento dei commercialisti, determinando un calo dei fatturati e, soprattutto, degli incassi degli studi. Essendo tra le categorie con il maggior valore dei costi di struttura (personale, software, costi generali) spesso ciò ha determinato la chiusura degli studi professionali. Tuttavia, credo che il vero motivo della diminuzione del numero dei commercialisti non dipenda solo dalla crisi ma, soprattutto, dal mancato riconoscimento del rilevante ruolo svolto da questa categoria professionale nei molteplici ambiti in cui opera. Senza i commercialisti lo stato non riuscirebbe, in gran parte, a riscuotere efficacemente le imposte da imprese e contribuenti, non riuscirebbe ad amministrare efficientemente le aziende sottoposte a misure di prevenzione, non riuscirebbe a tenere sotto controllo i conti degli enti pubblici territoriali, non potrebbe garantire un corretto svolgimento delle funzioni giudiziarie e delle procedure concorsuali, che si avvalgono del prezioso lavoro di tanti colleghi. Eppure, nonostante ciò, nel sentire comune, sui media o nell’opinione pubblica, il ruolo dei commercialisti è spesso relegato a quello di complici dell’evasione fiscale, del riciclaggio e di altre forme di criminalità economica, senza parlare della selva normativa nella quale siamo costretti a districarci, con scadenze continue e poche certezze sulle procedure. Tutto questo scoraggia i giovani ad aprire il proprio studio professionale e demotiva i colleghi più anziani. Inoltre, non di poco conto è l’effetto di quelle cosiddette professioni “non ordinistiche” che solo nel nostro campo professionale hanno attecchito, producendo una concorrenza fortissima e a volte sleale. Credo che sia necessario un maggiore riconoscimento dell’identità professionale dei commercialisti per invertire questa tendenza, ad esempio attraverso il riconoscimento di competenze esclusive in alcuni ambiti di pertinenza”.

Il mercato è sempre più globalizzato. Quali sono le nuove opportunità per i commercialisti nei mercati esteri? E in Italia?

“La nostra professione è ancora poco globalizzata a causa della complessità normativa che ancora caratterizza ciascun paese in campo tributario, societario e commerciale. Tuttavia vi sono grandi spazi di crescita in quanto le imprese, che sempre più si affacciano sui mercati esteri per compensare la crisi del mercato interno, hanno bisogno di essere “accompagnate” dal proprio professionista di fiducia. Penso dunque, che sarà la domanda a guidare l’offerta di servizi professionali sempre più aperti all’internazionalizzazione. In particolare, nella nostra regione, noto come sia crescente il numero di colleghi che ha avviato collaborazioni professionali con studi dei paesi del Nord Africa, al fine di supportare le imprese siciliane che operano in quel mercato”.

Come si presenterà l’Ordine dei commercialisti di Palermo in vista delle prossime elezioni? Cosa vi aspettate?

“Dopo oltre un anno di commissariamento è necessario ed urgente dotare la categoria di un governo politico nazionale. La pur meritoria attività svolta dal Professore Laurini non ha impedito, infatti, che venissero realizzati una serie di “attacchi” da parte di lobbies interessate al campo professionale dei commercialisti italiani. I limiti di azione della gestione commissariale hanno, infatti, impedito di difendere appieno le nostre prerogative, consentendo che si adottassero provvedimenti, legislativi e/o amministrativi, a mio avviso, lesivi della nostra categoria. Per questo motivo, siamo stati subito favorevoli all’ipotesi di nuove elezioni che consentissero la scelta del nuovo Consiglio nazionale. Siamo consapevoli che le scorie del lungo confronto tra le varie parti in causa non siano del tutto superate, ma riteniamo al contempo che la formazione di una lista che vede coinvolti gran parte dei protagonisti dei precedenti schieramenti consentirà di trovare il giusto equilibrio per individuare le linee d’azione del nuovo Consiglio. Abbiamo preso pubblicamente una posizione forte, minacciando addirittura l’eventuale astensione del nostro Ordine, sull’individuazione dei candidati e dei temi programmatici. In tal senso, avevamo anche auspicato l’individuazione di una leadership terza, rispetto ai precedenti candidati alla presidenza, che garantisse tutte le parti in causa. Confidiamo, comunque, nella capacità di Gerardo Longobardi di essere garante e rappresentante di tutti i commercialisti italiani e, in tal senso, abbiamo deliberato di appoggiare la sua candidatura votando la lista che lo individua come futuro presidente. Crediamo fermamente che, superata la data del 16 luglio, sia necessario passare ai temi rilevanti per la categoria, coinvolgendo anche gli Ordini territoriali che, essendo collegati con la base, possono rappresentare una forza notevole di pressione sulla politica, sulle istituzioni e su tutti coloro che influiscono direttamente sulle condizioni di operatività dei commercialisti”.

E’ favorevole all’introduzione del POS negli studi professionali?

“Come tutte le innovazioni, sono consapevole che anche questa troverà non poche resistenze. Sono convinto che i cambiamenti siano necessari e che, a volte, le norme “impositive” servano ad accelerarli. Come categoria siamo fortemente “tecnologizzati” e, pertanto, credo che il problema non sarà tanto nostro quanto dei nostri clienti che, a volte, potrebbero avere difficoltà in tal senso. Viviamo in un periodo in cui la moneta elettronica è ormai diffusa in tutte le attività economiche. Dobbiamo, però, considerare che vi sono strati della società che, per età o per condizioni socio-economiche, possono essere fuori da tali circuiti. Inoltre vi sarà un aggravio dei già rilevanti costi di struttura che gli studi dei commercialisti devono sostenere. Mi piacerebbe che, ogni tanto, considerando quanti costi siamo costretti a sostenere per favorire il lavoro delle amministrazioni pubbliche (erario, camere di commercio, comuni etc.) ci venissero riconosciuti dei risarcimenti anche simbolici. Ma questo, forse, è un sogno che potrò riporre nel cassetto”.

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