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Cnel: più del salario minimo legale o no il vero problema dell’Italia sono i bassi salari. 5 proposte per affrontarlo

Chiamato in casa dalla premier Meloni sulla controversa questione del salario minimo, il Cnel ha redatto una proposta in 5 punti per aggredire l’emergenza dei salari minimi: ecco quali sono

Cnel: più del salario minimo legale o no il vero problema dell’Italia sono i bassi salari. 5 proposte per affrontarlo

Sul salario minimo scende in campo il Cnel. Dopo l’incontro con le opposizioni a Palazzo Chigi, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha suggerito di coinvolgere il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) presieduto da Renato Brunetta e si è detta “positiva” che entro 60 giorni – tempo per cui è stata sospesa la discussione in Parlamento – si possa arrivare a un testo comune. Le opposizioni, dal canto loro, pur riconoscendo che l’incontro sia stato un primo passo, non sono convinte che si arriverà alla soluzione, visto che da parte della maggioranza non sono arrivate controproposte concrete. Solo la chiamata al Cnel dell’ex forzista Brunetta, che già nei mesi scorsi aveva presentato alla commissione Lavoro della Camera cinque proposte sul tema (principalmente di metodo) con l’obiettivo di creare la base per una proposta concreta. Ecco quali sono.

Salario minimo: le 5 proposte del Cnel

In primo luogo, era indicata la necessità di un profondo e significativo coinvolgimento e confronto con le parti sociali, sindacati e rappresentanti del mondo dell’impresa. “Favorire un pieno sviluppo a tutti i livelli della contrattazione” e contrastare i cosiddetti “contratti pirata”. Necessario, dunque, è che il trattamento economico faccia riferimento al contratto collettivo di riferimento. Una proposta, questa, già avanzata a più riprese dalla maggioranza.

Di salario minimo legale, inoltre, non si fa riferimento all’interno della memoria consegnata da Brunetta. Anzi, si sottolinea la necessità di non limitarsi all’alternativa “sì o no per il salario minimo per legge, ma affrontare, a monte, i problemi che ostacolano la crescita dei salari dei lavoratori, tra cui i ritardi nei rinnovi contrattuali aggravati dalla crescita del costo della vita e dall’elevato cuneo fiscale, dall’impatto della precarietà, del part-time involontario e del ‘lavoro povero’”. Sui bassi salari era poi indicato di intervenire dal lato della riforma fiscale.

Ma soprattutto, l’ex forzista aveva poi consigliato di affrontare il nodo della bassa produttività, responsabile della scarsa se non nulla crescita dei salari in Italia. 

Necessario poi intervenire sul dumping contrattuale, che rischia di impattare negativamente sulla qualità della contrattazione collettiva.

Infine, indicare il Cnel come sede del National Productivity Board per l’Italia, previsto da una raccomandazione della Ue.

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