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Cina, Fmi: crescere meno per crescere meglio

Il Fondo monetario internazionale promuove la scelta di svalutare lo yuan e chiede di renderlo completamente fluttuante entro due-tre anni – Washington suggerisce a Pechino anche di implementare nuove riforme per aprire l’economia al mercato: i primi campi d’azione su cui puntare sono il sistema finanziario e la gestione dei gruppi a controllo statale.

Cina, Fmi: crescere meno per crescere meglio

In futuro la crescita della Cina sarà più lenta, ma anche più sicura e più sostenibile. Lo sostiene il Fondo monetario internazionale, precisando tuttavia che questo cambiamento sarà possibile soltanto se Pechino continuerà ad aprire la propria economia al mercato. E proprio su questa strada, la tripla svalutazione dello yuan realizzata a metà agosto rappresenta una tappa fondamentale. 

Nel suo rapporto annuale sull’economia del Paese, l’Fmi scrive che il Pil cinese dovrebbe crescere quest’anno del 6,8%, contro il +7,4% registrato nel 2014. Secondo il Fondo questo rallentamento, peraltro in linea con il target di crescita fissato dal governo intorno al 7%, “riflette i progressi compiuti nell’affrontare gli elementi di vulnerabilità del sistema economico, soprattutto per quanto riguarda la necessità di ridurre gli investimenti immobiliari”. 

Sul fronte azionario, invece, l’istituzione di Washington ritiene che la recente correzione – per quanto brusca – non comprometterà l’assestamento su un percorso di crescita meno veloce ma più equilibrato: “A questo punto – commenta Markus Rodlauer, capo della missione Fmi in Cina – la vera sfida è compiere ulteriori passi avanti verso un’economia più aperta al mercato”. 

Una metamorfosi che, secondo il Fondo, richiede “coraggiose riforme strutturali”, a cominciare dalla valuta. “Siamo convinti – continua Rodlauer – che la Cina possa e debba fare in modo che il tasso di cambio dello yuan diventi realmente fluttuante entro due-tre anni“. A questo proposito, l’Fmi ribadisce che il nuovo meccanismo annunciato dalla Banca centrale cinese per determinare la parità centrale della valuta “è una mossa da accogliere positivamente, poiché consentirà al mercato di svolgere un ruolo maggiore nella definizione del tasso di cambio”. 

Per gestire nel miglior modo il rallentamento del Pil ed evitare che diventi pericoloso, il Fondo consiglia a Pechino di puntare a una crescita del 6,5-7% per quest’anno e del 6-6,5% per il 2016. La politica monetaria, inoltre, dovrebbe essere improntata alla massima cautela, dal momento che un eccessivo allentamento rischierebbe di aggravare i rischi nei settori del credito e degli investimenti. 

D’altra parte, secondo Washington, la politica fiscale dovrebbe rimanere accomodante per il momento e rafforzarsi gradualmente dal prossimo anno, portando così le finanze pubbliche su una traiettoria di sostenibilità. Per rendere l’economia più aperta al mercato, inoltre, l’Fmi suggerisce di intervenire su due settori chiave: la finanza e le aziende pubbliche. 

Il Fondo riconosce che la Cina ha già implementato alcune riforme per liberalizzare il sistema finanziario, ma sottolinea la necessità di garantire che le banche stabiliscano i tassi sui depositi e sui prestiti in base alle condizioni di mercato. 

Quanto ai gruppi statali, oltre a fare in modo che giochino secondo le stesse regole delle società private – così che queste garantiscano in futuro più ricchezza e posti di lavoro -, l’Fmi raccomanda anche di aumentare il pagamento di dividendi e di rafforzare la governance.

“La Cina è ora la più grande economia del mondo per potere d’acquisto – conclude Rodlauer – e ciò testimonia il successo delle riforme e delle politiche di sviluppo messe in campo fin qui. Più rapidamente si proseguirà lungo questa strada, prima si concretizzeranno i nuovi vantaggi”. 


Allegati: Fonte: FMI

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