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Cardani: Italia in ritardo sul Web, sì accordi pubblico-privati

Il presidente dell’Autorità per le Comunicazioni, nella relazione annuale in Parlamento, sollecita le sinergie per recuperare i ritardi accumulati. Solo il 60% degli italiani naviga su Internet. E sulla Rai: vanno separate in modo chiaro le attività da canone e quelle sul libero mercato.

Cardani: Italia in ritardo sul Web, sì accordi pubblico-privati

Ritardi nella banda ultralarga e ritardi nell’utilizzo di Internet da parte degli italiani. Talmente in ritardo – siamo agli ultimi posti nella Ue – da rischiare di perdere il treno dei ricavi sul Web. E’ questa l’amara constatazione che emerge dalla relazione annuale in Parlamento di Angelo Cardani, presidente dell’Autorità per le comunicazioni (Agcom). Il numero di italiani che utilizzano Internet è infatti cresciuto solo di 3 punti, al 60%, quota ai margini della classifica europea.

“La sinergia pubblico-privata rappresenta un’opportunità per recuperare il ritardo rispetto ad altri Paesi europei nella realizzazione delle reti e, di conseguenza, nell’uso di servizi di accesso ad alta qualità (almeno 30 megabit al secondo di capacità di download) da parte degli abbonati”, ha detto Cardani.  E ancora:”La garanzia dell’accesso ad Internet di alta qualità per tutti è ancora lontana, anche se, anche per effetto della regolazione, la situazione è nettamente migliorata negli ultimi tre anni”. L’accesso a internet oltre i 30 megabit al secondo è passato dall’1% del 2013 al 15% nel 2016.

“Occorrerà lavorare per colmare il divario geografico in termini di disponibilità delle reti a banda larga e garantire la coesione territoriale – ha affermato il Garante – ma anche per evitare il paradosso che in aree non dotate delle nuove infrastrutture i consumatori siano danneggiati anche sotto il profilo dei prezzi dei servizi tradizionali offerti”. “La concorrenza aggressiva – ha aggiunto – per la conquista dei clienti sulle nuove reti non deve, inoltre, avvenire a scapito degli investimenti addizionali in innovazione e maggiore copertura, così come non dovrebbe essere ostacolata la concorrenza dinamica e potenziale. A questi obiettivi daremo la priorità con il nuovo ciclo della regolamentazione 2018-2020”.

Infine la tv. Il 2016 “sarà ricordato anche per il rinnovo della Convenzione Stato-Rai, che delinea la cornice in cui si collocano missione e obblighi del servizio pubblico” ha sottolineato il presidente Agcom, spiegando che secondo il modello pubblico-privato prescelto, la Rai può svolgere attività commerciali nel mercato in concorrenza, sebbene in misura contenuta e tale da non generare distorsioni sul mercato. Sui principi, criteri e condizioni della Convenzione dovrà incardinarsi il contratto di servizio quinquennale. “Anche attraverso l’iniziativa dell’Autorità, sarà importante definire con chiarezza la base sui cui la Rai dovrà operare, sia nei servizi-prodotti verso i consumatori che pagano il canone sia rispetto alle attività commerciali ed editoriali svolte nel mercato libero. Un ruolo più difficile in un sistema ‘misto’ senza una scelta legislativa chiara sulla separazione (per canale, per fascia oraria, per contenuto della programmazione, come avviene in altri servizi pubblici europei) delle attività coperte da canone del servizio pubblico, che rappresenta il 74% delle risorse complessive”.

Il settore TV conferma il primato di Sky, che resta la prima TV italiana per ricavi nel 2016. Nell’ambito del mercato che vale 8,36 miliardi di fatturato, Sky mantiene la quota maggiore con il 32%). Segue la RAI che sale al secondo posto con una quota prossima al 30% e arretra Fininvest/Mediaset, con una quota del 28%

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