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Capocollo di Martina Franca, una antica storia di sapori

Quando si parla di saluimi si pensa ai prodotti del Nord o del Centro d’Italia ma il capocollo di Martina Franca in Puglia è una gradevole eccezione

Capocollo di Martina Franca, una antica  storia di sapori

Quando si parla di salumi di qualità il pensiero va subito al nord o anche all’Italia centrale. Ma ci sono le eccezioni. E una di queste si chiama Capocollo di Martina Franca, un insaccato dal sapore unico, delicatamente profumato, dalle carni sapide e dolci al tempo stesso, che si produce esclusivamente nelle aree comprese fra Martina Franca, Locorotondo e Cisternino nelle Puglie.

Per capire come si sia sviluppata la peculiarità (e la bontà) di questo salume bisogna fare un salto molto indietro nel tempo. Alla glaciazione che separò la Puglia dall’area Balcanica. Una quercia particolare, il cui nome scientifico è “Quercus trojana” perché originaria dell’area in cui gravita la città celebrata da Omero sulla costa egea della Turchia, sopravvisse sull’altipiano murgese nell’area attorno a Martina Franca. La città, infatti, si trova a 400 metri d’altezza sul mare, con una singolare caratteristica è come un’isola fra due mari, lo Ionio distante 30 km in linea d’aria, e l’Adriatico distante 25 chilometri. Per questo è ventilata per 300 giorni all’anno, inoltre si caratterizza per inverni freddi e secchi, sovente imbiancati da nevicate. Un microclima del tutto particolare in cui il Fragno, ovvero la quercus trojana si è sviluppata con le sue ghiande di particolare dolcezza che richiamano il sapore delle ghiande iberiche di cui si cibano i maiali che danno vita al più celebre ( e più caro ) dei prosciutti, il Patanegra.

E questo è il primo punto. Parliamo del secondo: andando un po’ meno addietro nel tempo dobbiamo poi riportarci alla fondazione di Martina Franca, intorno al 1300. All’epoca nella zona c’era una enorme foresta, ancora oggi la città è contornata da 18.000 ettari di bosco, formato principalmente da alberi di Fragno, che si trova solo in quest’area in Italia, di Roverella, Lecci, Quercia spinosa, Cerro e una variegata e profumata macchia mediterranea dove pascolavano liberamente asini, famoso quello di Martina Franca, il più grande che ci sia in Italia e cavalli da cui è derivata la razza Murgese che da questo territorio inospitale, derivò una grande rusticità e frugalità cavalli di mole imponente che per la loro eleganza di portamento sono entrati a far parte alle scuderie dei corazzieri del Quirinale.

Martina Franca nacque per una ragione strategica si collocava a metà strada fra gli angioini che erano Principi di Taranto gli Aragonesi che erano appena arrivati e avevano bisogno di espandersi. Per cui si avvertiva prudenzialmente la necessità di un comune cuscinetto. C’era il problema di invogliare le popolazioni delle aree pugliesi circostanti a trasferirsi a Martina Franca. In realtà la città all’epoca, abitata essenzialmente da profughi tarantini che si erano rifugiati sul monte San Martino per fuggire dalle continue invasioni e alle devastazioni dei saraceni, si chiamava solo Martina. Ma proprio per attirare nuove forze vitali, nell’atto di costituzione della città, fu previsto di affrancare gli abitanti, da cui la parola “Franca” che entrò nel nome, da qualsiasi gabella per essere liberi di raccogliere legname, portare le bestie al pascolo, e di ghiandare, di raccogliere cioè ghiande per il pasto degli animali.

E arriviamo al punto tre. I longobardi che avevano dominato l’Italia fino al sesto secolo si erano ritirati da tempo dal sud d’Italia, ma alcuni nuclei piuttosto consistenti numericamente , avevano preferito le miti temperature della Puglia ai climi rigidi del nord e erano rimasti in queste zone. I Longobardi erano allevatori provetti. Ai tempi della loro invasione avevano portato tra l’altro le bufale, poi acclimatatesi in Campania e nel Lazio, e maiali. Erano soprattutto esperti nei metodi di conservazioni delle carni ( ed al loro dominio nella pianura emiliano- padano-veneta si deve l’eredità del confezionamento degli insaccati) e quindi si diedero all’allevamento.

Per questa ragione Martina Franca si specializzò nella lavorazione delle carni e la sua fama crebbe a tal punto che nel tarantino o nel Salento, al momento della macellazione del maiale, si ricorreva a manodopera proveniente da Martina Franca.

La lavorazione del Capocollo prevede un rituale complesso. La carne – il nome fa capire quale parte del maiale venga usato – dopo essere stata sagomata e massaggiata viene messa in salamoia per circa 10-12 giorni. Successivamente il Capocollo viene lavato e marinato e immerso per alcune ore nel vincotto secondo l’antica usanza locale insieme a erbe aromatiche della Murgia dei Trulli. A questo punto si procede all’insaccatura in un budello naturale e alla fasciatura con tela naturale o equivalente per una graduale asciugatura di circa 10-15 giorni in locali in pietra ben ventilati. Importante per conferire al Capocollo quell’inconfondibile aroma che lo contraddistingue è la fase dell’affumicatura che viene effettuata con corteccia di fragno, bucce di mandorlo e arbusti della macchia mediterranea. La tecnica tradizionale prevedeva di ricoprire il pavimento con rametti di timo, mortella, alloro (piante molto diffuse nei circa 15 mila ettari di bosco e macchia mediterranea della zona) a cui si appiccava il fuoco, badando che bruciassero senza fiamma.

Oggi si procede bruciando in appositi camini le essenze e le cortecce degli alberi e degli arbusti. Terminata questa operazione il Capocollo viene messo a stagionare per almeno 120 giorni in locali freschi e asciutti. Alcuni produttori prolungano oltre questo tempo la stagionatura ma normalmente non si supera l’anno. Il Capocollo si contraddistingue alla vista per un bel colore vinoso, e al naso per sentori leggermente minerali. Assaggiandolo si avverte immediatamente il forte impatto della fumigatura ma la dolcezza delle carni vince poi su tutto. Per la cronaca la produzione del Capocollo di Martina Franca e ancora oggi effettuata nei piccoli laboratori artigianali delle macellerie della zona. Attualmente i produttori associati producono circa 500 quintali di prodotto l’anno per un controvalore intorno a 1.000.000 di euro.

Il Capocollo di Martina Franca è entrato a far parte dei Presidi SLOW FOOD la qualcosa prevede un rigido disciplinare di produzione. Un opera importante per il presente e il futuro della produzione del Capocollo è svolta dal Consorzio dei produttori, che sotto la guida appassionata e infaticabile di Angelo Costantini svolge una incisiva e meritoria azione nel tutelare l’unicità di un salume, conosciuto e apprezzato già nel 18° secolo e nel mantenere viva l’antica tradizione norcina della zona. Ma la funzione che si è data il consorzio è anche di sviluppare una pratica agricola eco-compatibile, rispettosa del benessere degli animali, della biodiversità e delle caratteristiche ambientali del territorio di produzione, tutelando nel contempo il consumatore e promuovendo una serie di iniziative per la diffusione della conoscenza del prodotto non solo in Italia ma anche all’estero.

Il suggerimento di First&Food

Maialini

Masseria “Le Pianelle”
di Martino Cisternino
Via Massafra, zona E 268
74015 MARTINA FRANCA (TA)
Tel. 080 4400948
info@masserialepianelle.it

La Masseria Le Pianelle nasce 40 anni fa per amore della campagna di Martino Cisternino figlio di una famiglia di contadini di Alberobello che a sedici anni ha cominciato a lavorare nell’edilizia fino a diventare a sua volta piccolo imprenditore. Fatale per il suo futuro fu l’incontro con Maria, la donna che diventerà sua moglie che proveniva da una famiglia che possedeva un’azienda zootecnica. I due si parlano a lungo, il richiamo alla vita all’aria aperta in campagna è forte. E alla fine un po’ per amore un po’ per cambiare vita con ritmi meno frenetici si decide a gettare alle ortiche impastatrici, ponteggi, compressori e a dedicarsi alla coltivazione e all’allevamento.

Nel 1987, Martino acquista una vecchia azienda dell’800 nell’entroterra della città di Martina Franca, la ‘’Masseria le Pianelle” che si estende su una superficie di 125 ettari di cui 97 a seminativo e 28 a pascolo e bosco che fa parte di una bellissima riserva naturale denominata ‘’ Bosco delle Pianelle”. Qui Martino con la moglie – e ora aiutato dai figli, Antonella che ha preso un po’ in mano le redini amministrative e commerciali dell’azienda, e da Giuseppe e Gianni – ha avviato una fiorente attività di allevamento e di produzione di prodotti caseari e bovini e carni di maiale. L’azienda con i suoi 20 ettari di seminativo a fieno, mais, orzo, soia, crusca riesce a coprire a km0 l’80% del fabbisogno alimentare degli animali e questo significa controllo di genuinità. E ad aprile e settembre al regime alimentare viene aggiunta erba fresca.

Oggi a Le Pianelle si contano 100 capi in lattazione con 45 manze per la riproduzione, 50 vitelli all’anno per l’ingrasso, 120/130 maiali destinati alla macellazione per Carni fresche e salumi ( Capocollo, salame, soppressata, guanciale, pancetta affumicata, salamini a strappo wurstel ecc.)
Il passaggio dalla fase allevatoriale a quella produttiva risale a una decina d’anni fa grazie ad un progetto nazionale della filiera corta, sposata con la filosofia ‘’ dal produttore al consumatore ‘’. La vendita diretta a km0 partì prima con la trasformazione del latte, che diventò la base di formaggi stagionati di qualità ( caciocavalli, formaggi, caciotte, cacioricotta, ecc.) e, ovviamente, Successivamente Martino e Maria avviarono anche il laboratorio per la macellazione e trasformazione delle carni bovine e suine del loro allevamento.

Per poter fare un buon capocollo occorre primariamente che l’animale viva allo stato brado. E di certo con tutti gli ettari di bosco di querce, di erbe spontanee e di macchia mediterranea che hanno a disposizione si può dire che i maiali allevati a Le Pianelle vivono un habitat ideale e si nutrono di sapori intensi. Inoltre cereali, orzo e stagionati di orzo che costruiscono l’alimento integrativo della loro dieta sono sempre di produzione dell’azienda di Martino Cisternino.
Gli animali per il Capocollo, di Razza Large White vengono fatti crescere fino a 1-2 anni e a 150-160 kg di peso per esere macellati nel momento del massimo rendimento del sapore delle carni. E con queste premesse unitamente alla passione  che Martino, Maria e i loro figli mettono nel loro lavoro, non c’è da meravigliarsi se il suo Capocollo è uno dei più pregiati che si possano trovare sul mercato

Nel tempo l’azienda si è fatta conoscere ben oltre i confini pugliesi per l’eccellenza dei suoi prodotti. E per venire incontro alle numerose richieste la Masseria Le Pianelle ha avviato anche progetti formativi e didattici con visite guidate per scolaresche e gruppi turistici avvicinandoli e affascinandoli ai valori dell’antica arte contadina che, che fa sempre più proseliti.
Ai visitatori è offerta la possibilità di effettuare percorsi in mezzo al verde scoprendo i profumi veri della campagna, percorsi in stalla con spiegazioni tecniche, e poi visita nel’annesso caseificio aziendale. La visita può concludersi con degustazioni e l’acquisto di alimenti prodotti in loco.

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