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Camusso: “Ripensare il Paese per ripensare il lavoro”

“Se la direzione verso cui stiamo andando è una competizione a minori costi possibili e la variabile lavoro diventa quella su cui risparmiare” si osserveranno solo “precarietà e riduzione del reddito” – Il segretario generale della Cgil al Festival dell’Economia di Trento mostra preoccupazione anche per i giovani laureati, tra i più danneggiati dalla crisi.

Camusso: “Ripensare il Paese per ripensare il lavoro”

“Non si può costruire una dinamica del mercato del lavoro senza avere un’idea del Paese stesso”. Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, al Festival dell’Economia di Trento iniziato ieri sera. “Se la direzione verso cui stiamo andando è una competizione a minori costi possibili e la variabile lavoro diventa quella su cui risparmiare” si continuerà a tendere verso “precarietà e riduzione del reddito”.

Bisogna invece vedere il lavoro con un’ottica di investimento e non di risparmio, ha detto la Camusso. Ritrovare la qualità del lavoro, puntare sulle competenze e sulle relazioni tra le persone e il percorso formativo. Se la flessibilità la intendiamo come la possibilità di mettere in gioco le proprie competenze su un mercato aperto e costruirsi un futuro, siamo tutti d’accordo. “Ma la flessibilità italiana è questo?”, si domanda la Camusso. “I laureati sono quelli che comunque dimostrano maggiori attese per il loro futuro e oggi sono quelli più danneggiati, sono loro che avranno una retribuzione inferiore.” 

In Italia, “la disuguaglianza tra nord e sud del Paese è cresciuta”, ha detto la Camusso a margine dell’intervento commentando i drammatici dati sulla disoccupazione resi noti stamani dall’Istat, “perché la scelta di non investire e di non innovare per creare lavoro ha determinato un’ulteriore diseguaglianza. Continua a esserci un grande pregiudizio rispetto all’occupazione femminile. Colpisce in particolare il dato del Mezzogiorno delle giovani donne, ma in realtà nel Paese sta diminuendo l’occupazione femminile, come se una delle ricette difensive che si autoproducono fosse esattamente quella di tornare all’idea che il mercato del lavoro è fatto dagli uomini, da un reddito unico nelle famiglie”. 

 

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