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Calzaturiero: l’export torna ai livelli pre-crisi

I dati forniti dall’associazione di categoria segnalano un incremento dell’export del 12,7% per un controvalore totale che supera i 7,4 miliardi di euro.

L’Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani ha diffuso i dati relativi all’andamento del settore nel 2011 evidenziando una dinamica differente fra mercato interno e mercati esteri. La recessione e le scarse prospettive di crescita del mercato italiano, infatti, si riflettono su un mercato interno asfittico per il settore calzaturiero; mentre i mercati esteri riescono a riportare il settore ai livelli fatti registrare prima della crisi.

Nello specifico l’export è aumentato del 12,7% raggiungendo il valore record di 7,4 miliardi di euro per 229 milioni di paia. La perfomance sarebbe stata ancora migliore se non vi fosse stato il rallentamento fatto registrare nel corso nel corso del quarto trimestre del 2011 (-7% in volume rispetto al resto dell’anno).

La differenza nei tassi di crescita dei volumi e del valore complessivo fa intendere che il driver che traina il settore è senza dubbio quello della qualità del prodotto. Infatti il prezzo medio dei prodotti esportati è cresciuto del 9% dimostrando così lo spostamento della domanda estera verso una produzione Made in Italy di qualità.

Grazie a due anni consecutivi di crescita intorno ai 13 punti percentuali, il settore calzaturiero è uno dei pochi settori italiani che è riuscito nel volgere di due anni a ripristinare i livelli pre-crisi.

I principali mercati di sbocco delle calzature italiane rimangono Francia (+ 10,8 %), Germania (+ 7,8 %) e Stati Uniti (+ 14,7%), tuttavia si sono registrate importanti performances nei mercati asiatici come ad esempio la Russia (+ 20,7%), il Giappone (+ 20,3%), e Cina (+ 88%)

Nonostante la competizione internazionale, l’Italia rimane un esportatore netto con incrementi del saldo commerciale del 10,5% nel 2010 e del 16,4% nel 2011 ripristinando il calo del 26,2% verificatosi nel 2009.

Le indicazioni sui primi mesi del 2012 presentano segni discordanti; ad una crescita in valore di poco meno del 6% si accompagna un arretramento in termini di volume superiore al 7%. Tale dinamica è dovuta principalmente alla diminuzione della domanda europea.

Il discorso relativo alla domanda dei paesi europei è chiaramente valido anche per  l’Italia, dove dopo alcuni anni di stagnazione il settore ha fatto segnare una contrazione del 2% medio.

Per quanto riguarda i consumi delle famiglie italiane, il primo trimestre del 2012 fa segnare una flessione dell’1,6% mitigata solo dall’andamento in controtendenza del mese di marzo; mentre le imprese dichiarano una diminuzione vicina all’8% per quanto riguarda gli ordini raccolti nei primi quattro mesi dell’anno.

Grazie all’effetto trainante dell’export, si sono registrati effetti positivi sui livelli occupazionali con un lieve recupero dopo anni di ridimensionamenti. Il numero di addetti infatti è salito a 80.925 (con un saldo positivo di 772 unità, pari al +1%), a fronte però di una riduzione del numero di imprese, diminuite del 3,4% rispetto al dicembre 2010. I dati relativi ai primi mesi del 2012 tuttavia indicano una contrazione dei posti di lavoro rispetto all’anno precedente.

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