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Calciomercato, così non va: è troppo lungo e destabilizza club e giocatori

Ecco i difetti di quello che ormai è diventato un vero e proprio passatempo estivo. Esagerato il tempo messo a disposizione dei club per portare avanti le trattative, che spesso e volentieri danneggiano in maniera irreversibile alcune squadre, soprattutto quelle meno forti economicamente che non possono difendersi dai milioni delle big. Perché non ridurre l’arco temporale?

Calciomercato, così non va: è troppo lungo e destabilizza club e giocatori

In ordine di tempo, l’ultimo personaggio del mondo del calcio a schierarsi apertamente contro le dinamiche del calciomercato è stato Beppe Marotta, ad e ds della Juve, uomo di calcio e dirigente lungimirante: “Il mercato è davvero troppo lungo e logorante, dovrebbe chiudersi quando inizia il primo grande campionato europeo”. 

Se a dirlo è uno che ha costruito una vera e propria macchina da guerra, pensata per vincere titoli su titoli, beh, allora significa che qualcosa di vero c’è. 

Vero è però che il calciomercato riempie le bocche di tutti noi durante i bollenti mesi estivi, in cui di partite ce ne sono poche, e a fare da protagonisti sono i grandi titoli dei quotidiani sportivi, che accendono i cuori dei tifosi, anche solo per pochi giorni. Tutto ciò non basta però affinchè il calciomercato possa essere accettato nelle sue attuali pratiche. 

In Italia, la Lega Calcio ha stabilito ormai da anni l’arco temporale in cui è possibile depositare nuovi contratti: 1 luglio – 31 agosto. Il periodo è lo stesso per i principali campionati europei, con qualche piccola eccezione: in Inghilterra il calciomercato comincia ancora prima, il 9 giugno, e termina anch’esso il 31 agosto, mentre in Portogallo finisce addirittura a metà settembre. Primo grande ostacolo: perchè non uniformare le date di inizio e fine in tutti i campionati Europei? 

Non è poi da sottovalutare la recente ascesa dei campionati asiatici, che attirano le stelle non più brillanti del calcio europeo offrendo contratti milionari e benefici di ogni tipo, in cui il mercato invernale, ad esempio, si conclude a marzo inoltrato, mentre quello italiano chiude i battenti il 31 gennaio. 

Il calciomercato “italiano” nasce a metà anni ’50, quando Raimondo Lanza di Trabia, un nobile che vuole portare il Palermo nell’Olimpo del calcio italiano, inizia a ricevere presidenti e dirigenti nelle migliori suite degli alberghi milanesi, tra divani di broccato e bottiglie di champagne. Da lì nasce l’idea di una sede fissa per il calciomercato, che allora era il mitico Hotel Gallia di Milano, proprio davanti alla Stazione Centrale. Poi sono venuti anche l’Hilton e l’AtaHotel, ma senza lo stesso fascino.

Sarebbe bello pensare che le trattative siano ancora condotte alla vecchia maniera, ma non è cosi da qualche anno. Sarebbe bello avere ancora fra noi figure del calibro dell’Avvocato, uomini di classe e di affari, ma amanti del calcio allo stesso tempo. Pensate che buffo sarebbe vedere oggi Gianni Agnelli trovarsi costretto a trattare con Mino Raiola, il re degli agenti. Due personalità troppo distanti, simboli di due epoche. 

Oramai il calciomercato è un fenomeno prettamente mediatico, che non fa altro che rovinare i piani estivi degli staff tecnici delle squadre, scombussolando piani e schemi tattici. Pensiamo ad esempio all’Atalanta di Gasperini, rivelazione del campionato appena trascorso, che si appresta ad esordire in Europa League. Nel giro di un mese Kessie e Conti, due protagonisti della cavalcata dei nerazzurri, sono andati al Milan, senza dimenticare Gagliardini trasferitosi in inverno all’Inter, e molto probabilmente l’esterno Spinazzola, rientrato in orbita Nazionale, tornerà alla Juventus, che ne detiene il cartellino. Tre quinti del centrocampo titolare. E nuovo lavoro da fare per ricreare la giusta alchimia di un’intera squadra.

Ha ragione Marotta, bisognerebbe restringere il tempo delle trattative. Un’ipotesi? Lasciare la possibilità di acquistare e vendere giocatori dalla data dell’ultima gara di campionato fino alla data della prima giornata del campionato seguente. Il calcio è diventato ormai programmazione, ed i dirigenti devono essere in grado di concentrare il raggiungimento dei propri obiettivi in un periodo di tempo più limitato. Se dovessero stare dietro alle cosiddette “dinamiche del mercato” (tradotto: capricci di giocatori e agenti), il calciomercato dovrebbe durare tutto l’anno. 

Non ci sono più le figure che guidavano il mondo del calcio venti o trenta anni fa. Gli uomini di calcio stanno via via diminuendo. La Juventus rappresenta un esempio di quanto è stato: una famiglia al comando che affida la gestione sportiva a due persone competenti, con esperienze in squadre minori, capaci e preparate, Giuseppe Marotta e Fabio Paratici. 

Basta “occasioni last-minute”, basta “giorni del condor”. Bisogna tutelare il calcio giocato, quello vero, non quello delle dichiarazioni, dei contratti e delle clausole rescissorie. 

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