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Borse 22 giugno pomeriggio: il rialzo dei tassi manda in rosso i listini e a Milano le banche non fanno più argine

Prima la Fed e oggi soprattutto le banche centrali inglesi, norvegesi e svizzere spiazzano i mercati – Tim e le banche tra i titoli peggio a Piazza Affari

Borse 22 giugno pomeriggio: il rialzo dei tassi manda in rosso i listini e a Milano le banche non fanno più argine

Le borse europee chiudono in ribasso la seduta odierna, dopo una tempesta di rialzi dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali, a partire dalla Bank of England che ha stupito il mercato con un incremento dello 0,5%, contro attese di +0,25%. Inoltre Jerome Powell a Washington sta parlando esplicitamente di altri due possibili rialzi nel 2023. Ad aprire un ombrellino in difesa dell’azionario comunque, nel pomeriggio, è stata proprio Wall Street che, dopo una partenza stonata, ha preso la via degli acquisti almeno sul Nasdaq (+0,7%).

Piazza Affari archivia la giornata lontano dai minimi (era arrivata a perdere il 2%) con un ribasso dello 0,72%, a 27.410 punti base. Va a picco però Telecom, -2,85%, al termine di scambi sulle montagne russe e nel giorno in cui il cda doveva valutare le offerte per la rete fissa, con i rumor che vedono favorito il fondo Usa, Kkr. 

In particolare ha creato varie fibrillazioni un articolo del Financial Times nel quale si sostiene che Vivendi, che ha il 23,75% di Tim, cui va aggiunto il 17% dei diritti di voto, “prevede di contrastare la proposta”.

La seduta è deludente per Parigi -0,79% e Londra -0,74%, un po ‘meno per Francoforte -0,22%. Tra i settori più colpiti ci sono le banche, l’auto e l’oil, quest’ultimo a seguito dell’andamento fortemente negativo del greggio.

Banche centrali all’attacco

Al grido di “lotta all’inflazione” le banche centrali sono dunque partite oggi all’attacco in Gran Bretagna, Norvegia, Svizzera e Turchia. 

La BoE ha portato il tasso di riferimento al 5%, livello massimo dal 2008.

L’istituto centrale norvegese al 3,75%, con un incremento di 50 punti base; quello elvetico all’1,75% con un aumento di 0,25%, nonostante il rallentamento dell’inflazione svizzera, che è attualmente la più bassa tra le economie del G10 (2,2%). 

La Turchia ha invertito la politica attuata fin qui e ha portato i tassi al 15% dall’8,5% precedente, con un intervento ritenuto però ancora insufficiente dal mercato.

Nella mattina statunitense intanto Powell ha detto che la Fed a giugno, ha fatto una pausa per riflettere, ma probabilmente quest’anno ci vorranno altri due rialzi. Ieri il governatore americano aveva rimarcato che l’inflazione è ancora troppo alta e c’è ancora da fare, anche se il ritmo delle strette potrà essere meno sincopato di quanto è stato finora. 

Sul tema tassi sono echeggiate infine oggi a un convegno anche le parole dell’ex presidente della Bce Mario Draghi, che ha promosso pienamente il lavoro dei ex colleghi. “Le banche centrali devono fare quello che stanno facendo – ha detto – e agire sui tassi di interesse per ridurre l’inflazione. Il target del 2%? Non va cambiato, sarebbe una perdita di credibilità per la Bce. Quando io ne ero il presidente e l’inflazione viaggiava tra lo 0 e l’1% mi è stato chiesto più volte di ridurre il target di inflazione e interrompere così la riduzione dei tassi. Ma non si può cambiare un target solo perché non si è capaci di raggiungerlo”.

Si rafforza il dollaro, cala la lira turca. Tonfo del petrolio

Nel mercato dei cambi non si vedono rivoluzioni. Il dollaro si rafforza in scia alle parole di Powell e anche la corona norvegese prende il volo sulle decisioni della banca centrale. La sterlina invece appare volatile, ma i movimenti risultano abbastanza contenuti, mentre l’euro tratta sotto 1,1 contro dollaro, dopo aver brevemente superato quella soglia. Scende il franco svizzero, che però si è apprezzato del 2% circa negli ultimi tre mesi.

I costi più pesanti sono per la lira turca, che perde oltre il 3% contro il biglietto verde.

Le strette monetarie d’altra parte allarmano il petrolio, che teme un conseguente rallentamento economico globale. Tanto più che Il superindice dell’economia statunitense (LEI), redatto dal gruppo di ricerca privato Conference Board, è sceso a maggio per il quattordicesimo mese consecutivo, -0,7% a 106,7 punti (in linea con le attese) dopo il -0,6% di aprile. Nei sei mesi tra novembre 2022 e maggio 2023, è stato registrato un ribasso del 4,3%, dopo il -3,8% dei sei mesi precedenti. Inoltre scendono più del previsto le scorte settimanali Usa.

In questo contesto i future di agosto di Wti e Brent perdono circa il 4% e trattano rispettivamente a 65,5 dollari al barile e 74,2 dollari al barile.

Piazza Affari, brilla Iveco, benino Pirelli

In Piazza Affari gli alti e bassi più consistenti vanno da Iveco +2,67% a Telecom -2,85%, su cui resta altissima l’attenzione per capire quale sarà il futuro della rete. È positivo invece oggi l’altro titolo caldo del listino, Pirelli & C, +0,38%, dopo la recente debolezza con il Golden power, gli annunciati cambi ai vertici e il possibile flirt con Brembo. Quest’ultimo titolo perde il 2,51% dopo il tonfo di ieri a seguito della notizia del trasferimento della sede legale in Olanda.   

La lista dei maggiori rialzi del giorno sul Ftse Mib è breve e comprende, oltre a Iveco e Pirelli, A2a +1,42%, Leonardo +0,33%, Inwit +0,09%, Stm -0,36.

Tra i maggiori ribassi le banche: Mediobanca -1,98%, Mps -1,99%, Unicredit -1,44%.

Spread stabile, ma i tassi salgono

Sul secondario il differenziale di rendimento tra Btp decennale e Bund di pari è relativamente stabile, ma in un contesto di tassi in salita. Lo spread chiude a 156 punti base (+0,74%), ma i rendimenti crescono per il Btp al 4,04% e per il Bund al 2,48%.

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